Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7957 del 28/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/03/2017, (ud. 10/03/2017, dep.28/03/2017),  n. 7957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.B., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

in calce al ricorso, dagli Avvocati Liliana Cirocco e Luigi Matteo,

con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via Fabio

Massimo, n. 45;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1024 in data

19 luglio 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 marzo 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Bologna, con sentenza in data 7 aprile 2006, ha condannato gli Avv. S.B., G.A. e B.A. al risarcimento dei danni, determinati in Euro 15.000, patiti da C.A. in conseguenza dell’operato negligente dei professionisti nell’ambito di una controversia da questo instaurata contro il condominio di via (OMISSIS), di cui era stato amministratore, e i suoi 213 condomini;

che la Corte d’appello di Bologna, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 19 luglio 2012, ha respinto il gravame dell’Avv. S., rilevando che le scelte professionali erano riferibili ed attribuibili anche all’appellante in virtù del conferimento della procura da parte del C., a nulla rilevando l’affermazione fatta dal S. secondo cui egli aveva operato esclusivamente per conto dell’Avv. B. senza alcun margine di valutazione e quindi di autonomia;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il S. ha proposto ricorso, con atto notificato il 7 febbraio 2013, sulla base di un motivo;

che l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Considerato che con l’unico mezzo (omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio; violazione e falsa applicazione dell’art. 1703 c.c. e artt. 82 e 83 c.p.c.) il ricorrente deduce l’inesistenza di un incarico professionale del C. all’Avv. S., pur in presenza di una procura formalmente conferitagli;

che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe verificata una scissione tra contratto di patrocinio e procura alle liti, in tal senso deponendo le acquisizioni processuali, dalla quali emergerebbe non solo che l’Avv. B. aveva escluso il conferimento di incarico ai colleghi comparenti nella procura, ma anche che lo stesso C. aveva affermato nella citazione introduttiva dell’azione di responsabilità, e anche nei successivi atti, di aver conferito l’incarico all’Avv. B. e di essere consapevole che, per conto di questo, l’azione sarebbe stata patrocinata formalmente dall’Avv. S. e dall’Avv. G.;

che, prosegue il ricorrente, queste ammissioni del C. costituirebbero prova della scissione tra il rapporto contrattuale cliente-professionista prescelto (l’Avv. B.) e il mandato ad litem sottoscritto a favore di professionisti scelti dall’avvocato incaricato (sempre l’Avv. B.);

che il motivo è infondato;

che la Corte di Bologna – con motivazione congrua ed esente da vizi logici e da mende giuridiche – ha sottolineato il valore formale derivante dalla procura anche agli Avv. S. e G., tenuti quindi alla attività di difesa e di tutela del cliente, rilevando che ragioni di deontologia professionale avrebbero imposto, quanto meno, un controllo ed una verifica sulla conduzione del procedimento, considerato che le scelte defensionali erano comunque riferibili al S. in virtù proprio del conferimento della procura da parte del C.;

che la Corte d’appello ha altresì preso in considerazione le allegazioni difensive dell’Avv. B. circa la sostanziale estraneità dei suoi colleghi allo studio e alla valutazione della controversia, ed ha affermato che la circostanza non può valere a superare e ad eliminare il dato derivante dall’essere stato l’Avv. S. investito formalmente dell’incarico professionale attraverso il rilascio della relativa procura;

che – infine – la Corte distrettuale ha precisato che l’appellante S. non ha impugnato la decisione di primo grado quanto al merito delle scelte difensive adottate nel caso in esame e ritenute dal Tribunale non rispettose del criterio di diligenza professionale medio ex artt. 1176 e 2236 c.c.;

che, così decidendo, la Corte d’appello ha correttamente riconosciuto che dal formale conferimento della procura alle liti all’Avv. S. derivava, in capo al medesimo avvocato, il dovere, nel concreto esercizio della rappresentanza processuale della parte, di condurre il procedimento e di svolgere l’incarico difensivo con diligenza professionale;

che nel ragionamento del giudice del merito – che ha escluso che nella specie sia configurabile una sostanziale estraneità dell’Avv. S. al rapporto di mandato professionale, fonte dei doveri di diligenza violati – non è rinvenibile traccia evidente dell’omesso, insufficiente o contraddittorio esame di punti decisivi della controversia;

che le censure prospettate si risolvono – al di là della formale prospettazione – nella richiesta di un rinnovato esame del merito della vicenda: il che fuoriesce dai compiti del giudice di legittimità, al quale compete esclusivamente la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dalla Corte d’appello, cui spetta il compito non solo di individuare le fonti del proprio convincimento, ma anche di valutare le prove;

che il ricorso è rigettato;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

rigetta il ricorso;

dichiara – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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