Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7955 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 22/03/2021), n.7955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12718/2017 R.G. proposto da:

Associazione Mamma Lucia Ente Morale, in personale dei legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale

Regina Margherita n. 262, presso lo studio dell’avv. Luigi Marsico,

rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra Stasi, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1226/2017 della Commissione tributaria

regionale della Puglia, depositata in data 10 aprile 2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 gennaio

2021 dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale della Puglia in Foggia, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l’impugnazione proposta dall’Associazione Mamma Lucia Ente Morale avverso gli avvisi n. (OMISSIS) e (OMISSIS), relativi ad accertamento di reddito d’impresa rispettivamente per gli anni di imposta 2009 e 2010.

2. La CTR ha rilevato che, sul tema della tempestività della notifica dell’avviso di accertamento relativo all’annualità 2009, il raddoppio dei termini per la contestazione fiscale doveva, nella specie, ritenersi operante, posto che il suo presupposto si rinviene nella sola astratta configurabilità di un reato fiscale, a prescindere, poi, dall’esito del relativo procedimento penale, atteso che la previsione della necessaria sussistenza di una denuncia penale è stata normativamente introdotta dopo la notificazione degli avvisi e non ha portata retroattiva. Nel merito, la CTR ha negato che l’associazione potesse avvalersi dell’esenzione fiscale prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, atteso che per i rapporti con le autorità ecclesiastiche e, visto lo status dei suoi partecipanti, non poteva definirsi nè un’associazione religiosa, nè un’associazione avente finalità assistenziali, culturali o di promozione sociale. A tal proposito, la CTR ha evidenziato che l’associazione non aveva mai indicato nelle proprie dichiarazioni al fisco in quale categoria esentata ritenesse si riconoscersi, laddove l’accertamento tributario compiuto aveva evidenziato l’esistenza di oltre 11 milioni di Euro giacenti su conti correnti, la proprietà di “importanti” beni immobili, l’assenza nello statuto di previsioni di divieto di distribuzione di utili tra gli associati e l’esistenza di un numero di associati di tale consistenza da rendere difficile ipotizzare un’effettiva attività assistenziale nei confronti di ciascuno di essi, di cui peraltro l’associazione medesima non aveva fornito prova alcuna. Tanto determinava l’accoglimento dell’appello dell’Ufficio, con la reiezione delle originarie impugnazioni e la limitazione delle sanzioni a quanto previsto dal D.Lgs. n. 158 del 2015.

3. Per la cassazione della citata sentenza, l’Associazione Mamma Lucia Ente Morale ha proposto ricorso affidato a diciannove motivi; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

4. Con provvedimento del 2 marzo 2020 è stata disposta la fissazione dell’udienza, in accoglimento di un’istanza di prelievo presentata dalla ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a. Il ricorso lamenta:

1. Primo motivo: “Motivazione omessa su questione essenziale – violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla questione essenziale dell’individuazione degli elementi da cui poter dedurre la natura commerciale dell’attività svolta dall’associazione.

2. Secondo motivo: “Ulteriore motivazione omessa violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla questione essenziale dell’individuazione degli elementi di prova idonei a giustificare la conclusione secondo cui l’associazione svolgeva un’attività commerciale.

3. Terzo motivo: “Violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo che la CTR avrebbe erroneamente posto a carico dell’associazione l’onere di provare lo svolgimento di attività diversa da quella commerciale, posto che l’onere di provare la natura commerciale dell’attività ricadeva sull’Agenzia delle Entrate, secondo i principi generali.

4. Quarto motivo: “Falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 148, commi 3 e 8, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, commi 6 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver ritenuto che l’associazione dovesse rispettare i requisiti previsti dalla normativa denunciata come falsamente applicata, laddove mai essa aveva chiesto di essere considerata un’associazione religiosa stipulante accordi con lo Stato italiano e, pertanto, mai poteva considerarsi sottoposta alla relativa normativa.

5. Quinto motivo: “Violazione D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 e art. 148, comma 1, – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver omesso di rilevare che le entrate rilevate dall’Agenzia delle Entrate e definite “commerciali” provenivano in effetti da donazioni, offerte volontarie, quote associative e interessi sui depositi bancari e postali, come tali, evidentemente, estranei alla qualifica a essi attribuita.

6. Sesto motivo: “Motivazione meramente apparente violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo l’irrilevanza, ai fini del decidere, della questione circa l’indicazione della tipologia di ente associativo nel modello EAS presentato nell’anno 2009.

7. Settimo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.L. N. 85 del 2008, art. 30, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo che la pronuncia impugnata avrebbe erroneamente interpretato l’indicazione contenuta nel modello EAS compilato dall’Associazione, posto che il codice 13 (altri enti) è quello corretto per indicare l’ente ricorrente e, in ogni caso, per non aver rilevato che un eventuale errore nella compilazione del suddetto modulo non poteva mai comportare l’assoggettamento a tassazione come ente commerciale.

8. Ottavo motivo: “Omesso esame di fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5”, deducendo che la pronuncia impugnata avrebbe omesso di valutare il fatto, decisivo per il giudizio, che i pellegrini, ascoltati dalla Guardia di Finanza durante l’ispezione, non solo non avevano confermato la natura commerciale dell’Associazione ma, al contrario, avevano riferito dell’assoluta gratuità delle prestazioni ricevute dall’ente di appartenenza.

9. Nono motivo: “Per il solo anno 2009 ed ai soli fini Irap – intervenuta decadenza – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver ritenuto che il raddoppio dei termini per la contestazione operasse anche in riferimento all’Irap che, invece, è imposta estranea a qualsivoglia rilievo penale.

10. Decimo motivo: “Per il solo anno 2009 ed ai soli fini Ires – intervenuta decadenza – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver ritenuto astrattamente configurabile il reato di omessa pronuncia dei redditi nel caso di specie ove, al contrario di quanto ipotizzato, la dichiarazione era stata tempestivamente presentata, sebbene su un modello ritenuto dai verificatori non conforme, senza, dunque, che alcun reato fosse ipotizzabile.

11. Undicesimo motivo: “Ai fini Ires ed Iva – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 57, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver ritenuto astrattamente configurabile il reato di omessa pronuncia dei redditi, senza avvedersi che, in ipotesi, l’autore del medesimo era la persona fisica rappresentante legale dell’ente, ma non l’ente medesimo.

12. Dodicesimo motivo: “Ai fini Ires ed Iva – ulteriore violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 57, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver omesso di considerare che il periodo di imposta in cui la violazione sarebbe stata commessa si indentificava nell’anno 2010 e, quindi, era inapplicabile all’anno di imposta 2009.

13. Tredicesimo motivo: “Omessa pronuncia – violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo l’omessa pronuncia sulla questione della doppia imposizione sui proventi derivanti dagli interessi attivi sui depositi bancari e postali, notoriamente già tassati alla fonte, e invece oggetto di nuova ripresa negli avvisi impugnati.

14. Quattordicesimo motivo: “In via gradata rispetto al motivo precedente – Motivazione omessa in relazione a specifico motivo – violazione D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360, n. 4”, deducendo che, qualora si ritenesse implicita la pronuncia sulla questione dedotta con il tredicesimo motivo, la CTR avrebbe comunque omesso di pronunciarsi sulla domanda con cui l’Associazione chiedeva di dar conto delle ragioni del mancato rilievo della doppia tassazione, con conseguente scomputo della ritenuta alla fonte dal totale della somma richiesta a tale titolo.

15. Quindicesimo motivo: “Ai fini Ires – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, commi 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della pronuncia impugnata per aver omesso di considerare che, in conseguenza di quanto lamentato nei motivi tredicesimo e quattordicesimo, l’Agenzia delle Entrate aveva errato nell’individuazione della maggiore imposta Ires, omettendo di scomputare la quota di ritenuta alla fonte.

16. Sedicesimo motivo: “Omessa pronuncia – violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo l’omessa pronuncia sulla questione della doppia imposizione sui proventi derivanti dagli interessi attivi sui depositi bancari e postali, riproposta in via condizionata dall’Associazione con le controdeduzioni depositate in fase di appello in data 22 novembre 2016.

17. Diciassettesimo motivo: “In via gradata rispetto al motivo precedente – Omessa motivazione su specifica domanda riproposta in via condizionata – violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360, n. 4”, deducendo che, qualora si ritenesse implicita la pronuncia sulla questione dedotta con il sedicesimo motivo, la CTR avrebbe comunque omesso di pronunciarsi sulla questione della tassabilità a fini Irap anche degli interessi bancari e postali.

18. Diciottesimo motivo: “Non imponibilità degli interessi attivi ai fini Irap – Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360, n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver confermato la tassabilità a fini Irap degli interessi attivi bancari e postali.

19. Diciannovesimo motivo: “Pronuncia ultrapetita violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, deducendo che la CTR avrebbe liquidato le spese del grado di appello in misura maggiore di quella richiesta dall’Agenzia delle Entrate con la propria notula, pronunciando quindi al di là della domanda formulata dall’odierna controricorrente.

b. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’infondatezza dell’impugnazione avversa, di cui chiede il rigetto.

c. Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.

1) Il primo motivo (Motivazione omessa su questione essenziale violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4 – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) è inammissibile. La censura, infatti, pur formalmente denunciando la mancanza di motivazione della sentenza impugnata, in effetti ne contesta il contenuto, lamentando l’omessa spiegazione delle ragioni della ritenuta natura commerciale dell’attività esercitata; come tale essa non è sussumibile nel canone dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, riservato ai casi in cui la motivazione manchi del tutto o non sia riconoscibile come tale, circostanze estranee al caso di specie.

2) Il secondo motivo (Ulteriore motivazione omessa – violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), è inammissibile per le stesse ragioni indicate a proposito del primo motivo, atteso che, una volta verificato che la CTR ha espresso comunque una motivazione richiamando fonti di prova acquisite in atti, non sussiste alcun vizio di omessa motivazione.

3) Il terzo motivo (Violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è infondato, atteso che ove, come nella fattispecie, la contestazione abbia oggetto la natura dell’attività dell’ente, e più precisamente si contesti la ricorrenza dei presupposti esonerativi dalla tassazione ordinaria previsti dal D.Lgs. n. 917 del 1986, art. 148, l’onere della prova della sussistenza dei ridetti presupposti ricade sul contribuente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11048 del 09/05/2018; id. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 796 del 15/01/2018; id. Sez. 5, Sentenza n. 16032 del 29/07/2005).

4) Il quarto motivo (Falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 148, commi 3 e 8, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, commi 6 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), è inammissibile poichè, pur formalmente deducendo una falsa applicazione della normativa denunciata come lesa, tende in effetti a far compiere a questa Corte una non consentita rivalutazione del materiale probatorio acquisito agli atti. Infatti, la censura contesta l’erroneità della motivazione resa dalla sentenza impugnata nella parte in cui ha evidenziato le fonti di prova ritenute idonee a dimostrare che la ricorrente non rientra tra i soggetti aventi diritto all’agevolazione fiscale di cui al citato art. 148. Richiamato il sopra evidenziato riparto dell’onere della prova in materia, va evidenziato che la CTR ha spiegato da quali elementi probatori ricavasse il convincimento che l’associazione ricorrente svolgeva attività non tutelata, dovendo in proposito rammentarsi che, ai fini dell’agevolazione, l’ente non può limitarsi a sostenere che persegua i fini previsti della normativa agevolativa, ma deve dimostrare, in concreto, che l’attività esercitata non abbia carattere commerciale. E, nella specie, la rilevata assenza nello statuto dell’ente di alcun divieto di distribuzione di utili o avanzi di gestione, l’accertata sproporzione tra il totale del denaro accumulato sui conti correnti intestati alla ricorrente rispetto alle finalità dell’ente e l’assenza di dimostrazione delle attività di assistenza nei confronti dei propri associati sono tutti elementi che questa Corte ha ritenuto sintomatici dell’impossibilità di avvalersi del regime agevolativo dell’art. 148 Tuir (Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 26/09/2018).

5) Il quinto motivo (Violazione D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 e art. 148, comma 1, – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è inammissibile per le medesime ragioni enunciate a proposito del quarto motivo. La censura tende a far compiere a questa Corte un nuovo esame delle prove, segnatamente in tema di qualificazione delle presunte “donazioni” ricevute dagli associati.

6) Il sesto motivo (Motivazione meramente apparente – violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) è inammissibile, in quanto pretende di qualificare come “apparente” ciò che, in effetti, è una parte della motivazione perfettamente intellegibile come tale, tanto che la stessa censura sostiene l’irrilevanza dell’indicazione della tipologia di ente associativo nel modello EAS presentato nell’anno 2009, che logicamente presuppone che la CTR abbia esplicitato la motivazione sul punto.

7) Il settimo motivo (violazione e falsa applicazione del D.L. n. 185 del 2008, art. 30, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), è inammissibile perchè pretende da questa Corte una valutazione circa la rilevanza di una prova (codice EAS in dichiarazione) che, evidentemente, è questione riservata al giudice di merito, cui esclusivamente spetta tale compito, peraltro ulteriormente pretendendo da questa Corte in subordine l’accertamento circa la correttezza o meno della citata indicazione, che è ulteriormente una questione di merito non deducibile in questa sede sotto il paramento della violazione o falsa applicazione di legge.

8) L’ottavo motivo (Omesso esame di fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5) è inammissibile. Alla presente controversia, risultando la sentenza impugnata depositata in data 10 aprile 2017, si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella formulazione introdotta a seguito dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134. Ciò comporta che il vizio di motivazione è denunciabile in cassazione, ai sensi del citato articolo, solo per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). L’irrilevanza delle risultanze processuali ai fini dell’applicazione del sindacato sulla motivazione è stata ulteriormente precisata nel senso che il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame di un fatto storico – da intendere quale specifico accadimento in senso storico-naturalistico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018), principale o secondario, rilevante ai fini del decidere e oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018), nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive. Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018). Nella specie, anche tenendo conto di quanto dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis1 c.p.c., si invoca pur sempre da questa Corte una rivisitazione del contenuto di una prova (le “interviste” ai pellegrini effettuate dalla Guardia di Finanza), su cui la CTR si è espressa (cfr. pag. 6 della sentenza); ciò che, alla luce dei citati principi, non è ammissibile.

9) Il nono motivo (per il solo anno 2009 ed ai soli fini Irap intervenuta decadenza – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), è fondato. Il c.d. “raddoppio dei termini” per la contestazione, previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nel testo all’epoca vigente, non può trovare applicazione anche per I’IRAP, poichè le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 10483 del 03/05/2018; id., Ordinanza n. 4742 del 24/02/2020).

10) Il decimo motivo (Per il solo anno 2009 ed ai soli fini Ires intervenuta decadenza – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), è inammissibile perchè, pur formalmente contestando il presupposto del raddoppio dei termini in tema di Ires, in effetti tende a far compiere a questa Corte un nuovo accertamento di merito, segnatamente in tema di sussistenza o meno degli elementi per l’astratta configurabilità del reato di omessa dichiarazione fiscale, che è attività riservata al giudice del merito, che nella specie ha espressamente motivato sul punto (pag. 5).

11) L’undicesimo motivo (ai fini Ires ed Iva – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 57, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), è inammissibile perchè, pur formalmente contestando il presupposto del raddoppio dei termini in tema di Ires, in effetti tende a far compiere a questa Corte un nuovo accertamento di merito, segnatamente in tema di riferibilità o meno all’ente del reato astrattamente configurabile.

12) Il dodicesimo motivo (ai fini Ires ed Iva – ulteriore violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 57, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) è inammissibile perchè, pur formalmente contestando l’interpretazione del criterio temporale cui fare riferimento per determinare il periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione, tende a far compiere a questa Corte un nuovo accertamento di merito, segnatamente in tema di accertamento sulla base degli atti dell’effettivo periodo di imposta in cui sarebbe stato commesso la violazione fiscale.

13) I motivi tredicesimo (Omessa pronuncia – violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).

14) quattordicesimo (In via gradata rispetto al motivo precedente Motivazione omessa in relazione a specifico motivo – violazione D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 n. 4).

15) quindicesimo (Ai fini Ires – violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, commi 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).

16) sedicesimo (Omessa pronuncia – violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).

17) diciassettesimo (In via gradata rispetto al motivo precedente Omessa motivazione su specifica domanda riproposta in via condizionata – violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, in relazione all’art. 360 n. 4) e.

18) diciottesimo (Non imponibilità degli interessi attivi ai fini Irap Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360, n. 3), sono inammissibili.

Come correttamente eccepisce l’Agenzia delle Entrate sul punto, essi vanno giudicati inammissibili in quanto nuovi. La questione della “doppia imposizione” sui proventi derivanti all’associazione dai depositi bancari e postali a essa intestati non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, che si limita a riferire dell’esistenza di conti correnti e della rilevante somma su di essi annotata. In ossequio al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, desumibile dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la ricorrente avrebbe dovuto, prima di entrare nel merito delle singole argomentazioni, indicare a questa Corte come, dove e quando la questione relativa sia stata proposta e coltivata nei giudizi di merito. L’omissione di tale adempimento fa ritenere nuova la questione e, per conseguenza, inammissibile la sua deduzione in tutti i motivi richiamati.

19) Il diciannovesimo motivo (Pronuncia ultrapetita – violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), relativo alla liquidazione delle spese del grado di appello in misura maggiore di quella richiesta dall’Agenzia resta assorbito, posto che il giudice del rinvio dovrà rinnovare il relativo giudizio sul punto.

d) La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto e le parti rinviate innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in Foggia, che provvederà anche a regolare le spese del presente grado di giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i motivi primo, secondo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo e diciottesimo; dichiara infondato il terzo motivo; accoglie il nono motivo; dichiara assorbito il diciannovesimo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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