Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7954 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. I, 31/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 31/03/2010), n.7954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso l’avvocato COZZI ARIELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato BALDASSINI ROCCO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presse l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

26/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. RAGONESI Vittorio;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.

SCHIAVON Giovanni che chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di

consiglio, respinga il ricorso per manifesta infondatezza, ai sensi

dell’art. 375 c.p.c., con ogni conseguenza di legge.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte osserva quanto segue.

E.A. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi avverso il provvedimento della Corte d’appello di Perugia depositato il 29.1.06 con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato ex L. n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 6300,00 in suo favore per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi in quattro innanzi al tribunale di Cassino, alla Corte d’appello di Roma, alla Corte di Cassazione e nuovamente innanzi alla Corte d’appello di Roma in sede di rinvio, iniziato l’11 aprile 1979 e pendente alla data del 3.2.05 innanzi la Corte d’appello di Roma in sede di rinvio.

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta in primo luogo la erronea determinazione del periodo di eccessiva durata del processo perche’:

a) lo stesso e’ stato calcolato solo per il periodo eccedente la durata ritenuta normale e non per l’intera durata del processo;

b) sono stati addebitati al comportamento di esso ricorrente alcuni periodi di durata del processo;

c) la causa e’ stata erroneamente ritenuta complessa. In secondo luogo lamenta l’insufficiente liquidazione dell’equo indennizzo.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente proponendo censure sostanzialmente sovrapponigli.

Si rivela in primo luogo infondata la censura sub a).

Questa Corte ha a piu’ riprese affermato che la L. n. 89 del 2001, art. 2, espressamente stabilisce che il danno debba essere liquidato per il solo periodo eccedente la durata ragionevole.

Si rivelano invece fondate le censure sub b) e sub c). Quanto alla prima, puo’ infatti detrarsi dalla durata del processo solo quel periodo imputabile ad un comportamento ostruzionistico o dilatorio della parte che venga peraltro adeguatamente motivato dal decreto.

Nel caso di specie la Corte d’appello ha sottratto alcuni periodi in base ai rinvii richiesti dalla parte senza peraltro specificare le ragioni di detti rinvii. E’ infatti evidente che un rinvio richiesto per l’esame della CTU o della documentazione prodotta dalla controparte e’ giustificato dalle esigenze processuali di difesa e non puo’ considerarsi dilatorio. Quanto alla seconda la Corte d’appello si e’ discostata dai parametri di durata stabiliti dalla CEDU in anni tre per il primo grado, due per il secondo ed uno per il terzo sulla base di una generica ed insufficiente motivazione deducendo la complessita’ del caso su non precisati accertamenti peritali.

Altresi’ fondata e’ la censura relativa alla determinazione dell’equo indennizzo.

La Corte d’appello, nel liquidare la somma di Euro seimila/00 e trecento/00 per quindici anni e due mesi di ritardo, si e’ discostata eccessivamente ed immotivatamente dai parametri Cedu che, come e’ noto, prevedono una liquidazione oscillante tra i mille/00 ed i millecinquecento/00 Euro per anno ritardo.

Pertanto il ricorso va accolto per quanto di ragione con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, sussistendo i presupposti di cui all’art 384 c.p.c. la causa puo’ essere decisa nel merito con la condanna della PDCM al pagamento dell’equo indennizzo liquidato in Euro 18000,00 in favore del ricorrente sulla base di un ritardo (sulla durata complessiva di 25 anni) di anni diciotto e di una liquidazione di Euro mille/00 per anno, oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonche’ al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo da distrarsi in favore del difensore antistatario nel presente giudizio e nella fase di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 18000,00 in favore del ricorrente oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonche’ al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per l’intero in Euro 1000,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, nonche’ al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in complessivi Euro 1550,00 di cui Euro 800,00 per onorari ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.

Spese tutte distratte in favore dell’avv.to Baldassini antistatario.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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