Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7952 del 21/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/03/2019, (ud. 13/11/2018, dep. 21/03/2019), n.7952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 4165 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

T.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Giuseppe Cacciato e dall’avv.to

Francesca Trio, elettivamente domiciliata presso lo studio

Trivoli&Associati, in Roma, Via Marocco n. 18;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 81/12/12, depositata in data 19 giugno

2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 novembre 2018 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Visonà Stefano che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi per il contribuente l’avv.to Alfredo Riccardi per delega

dell’Avv.to Giuseppe Cacciato e per l’Agenzia delle entrate l’avv.to

dello Stato P. Pucciariello.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 81/12/12 depositata il 19 giugno 2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, riformava integralmente la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 353/15/10 che, su ricorso del contribuente T.G., titolare dell’omonima attività commerciale di prodotti informatici, cessata il 31 maggio 2005, aveva annullato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui l’Amministrazione finanziaria, a seguito delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto da funzionari dell’Agenzia delle dogane, da cui era emerso che le operazioni di importazione intracomunitaria di materiale informatico, effettuate formalmente dalla ditta Jmc Computers di J.M., erano in realtà riconducibili tutte al T., determinava induttivamente il reddito di impresa ai fini IRPEF di Euro 77.973,60, un valore della produzione ai fini IRAP di Euro 7.731,00 e maggiori ricavi non dichiarati ai fini IVA di Euro 88.136,00 conseguiti con riferimento all’anno di imposta 2004.

2. Il giudice di appello, rilevata preliminarmente la tempestività della notifica dell’avviso di accertamento in quanto il plico, inviato a mezzo posta, era stato consegnato per la spedizione all’Ufficio postale il 31/12/2009 (come da timbro apposto sulla ricevuta dall’Ufficio postale di Milano (OMISSIS)), riteneva fondata la presunzione di cessione della merce, non avendo il contribuente dichiarato rimanenze di magazzino della merce che dai modelli Intra trasmessi dai fornitori comunitari risultava essere stata acquistata.

3. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione il contribuente sulla base di cinque motivi, cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di censura, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente lamenta: 1) l’omessa pronuncia della CTR sull’eccezione, sollevata dal contribuente nell’atto di controdeduzioni in sede di gravame, di inammissibilità ex artt. 327 e 330 c.p.c., dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate per tardività della notifica, effettuata a mezzo posta, in quanto inidonea a dimostrare la tempestività della stessa la distinta delle raccomandate consegnate dall’Amministrazione all’Ufficio Postale per la notifica, recante l’apposizione in calce alla stessa del timbro dell’ufficio; 2) il mancato rilievo d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello in quanto notificato fuori termine.

In particolare, ad avviso del ricorrente, l’atto di appello sarebbe stato tardivamente notificato al contribuente in data 25/5/11 (data di consegna del plico) e spedito in data 24/5/11 (data di accettazione dal centro postale di Milano (OMISSIS), secondo il sistema informatico delle poste), come risultava dai monitoraggi prodotti unitamente alle controdeduzioni in sede di gravame, essendo stata la sentenza della CTP di Milano n. 353/15/10 depositata in data 22/11/2010, con scadenza, in data 23/05/11, del termine per impugnare, ex art. 327 c.p.c., comma 1; a fronte della contestata tardività della notifica dell’appello, l’Agenzia non avrebbe prodotto idonea documentazione probatoria a contrario, non potendo, come dedotto nelle controdeduzioni in sede di gravame, assumere tale valenza l’elenco dei pieghi “da spedire il 20 maggio 2011″- allegato dall’Ufficio al fascicolo di secondo grado – recante in basso il timbro della posta (OMISSIS) di Milano (OMISSIS); ciò stante: 1) l’incompletezza” del detto atto, in mancanza della sottoscrizione del dipendente dell’Ufficio postale che abbia ricevuto la consegna; 2) il contrasto con il mezzo di prova utilizzato anche dall’Ufficio in primo grado, qual era la stampa del monitoraggio della spedizione delle raccomandate in questione dal sito (OMISSIS) dalla quale risultava l’accettazione del plico da parte del Centro Postale di Milano solo in data 24 maggio 2011; 3) l’inaccessibilità del documento prodotto dall’Agenzia non visionabile dal contribuente; 4) il contrasto con il quadro normativo di cui all’art. 149 c.p.c., comma 3, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002.

Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

Quanto al primo profilo dell’assunta omessa pronuncia, è noto che “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. n. 16788 del 2006; conf. 9545 del 2001, n. 20311 del 2011, n. 3417 del 2015, n. 1360 del 2016). Nella specie, il rilievo che la CTR abbia esaminato le questioni di merito del ricorso, che costituiscono un posterius logico rispetto alla questione dell’ammissibilità dell’appello, rende evidente che ha ritenuto di non condividere l’eccezione sollevata dal contribuente, la cui domanda, quindi, deve ritenersi essere stata implicitamente rigettata.

Quanto al secondo profilo concernente l’assunto mancato rilievo d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello per tardività della notifica, va fatta applicazione del condivisibile principio di diritto di questa Corte secondo cui: “Nel processo tributario, per la notificazione a mezzo posta dell’appello secondo le modalità fissate dall’art. 20, comma 2, richiamato dal D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, la data di presentazione delle raccomandate, consegnate all’ufficio postale, risultante dal timbro apposto sulla distinta-elenco predisposta dall’Avvocatura Generale dello Stato (e allegata agli atti) è certa e validamente attestata, risultando da atto equipollente a quelli pure contenenti lo stesso timbro, sia che questo sia stato apposto sul piego postale, sia che lo sia stato sulla busta della raccomandata, secondo una prassi adottata dagli uffici postali, di notoria conoscenza, e riconducibile ad una nozione costituzionalmente adeguata delle dette disposizioni, anche in rispondenza della nozione ristretta delle inammissibilità processuali, posta a cardine interpretativo del processo tributario dalla Corte costituzionale (sentenze n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002)” (Cass. Sez. 5, sentenza n. 7312 del 29/03/2006; Cass. sez. 5, sentenza n. 14034 del 17/06/09; nello stesso senso, Cass. sez. 6 – 5, ordinanza n. 24568 del 18/11/2014).

Nella specie, nello stesso ricorso per cassazione, il contribuente attesta l’avvenuto deposito da parte dell’Agenzia, allegato al fascicolo di secondo grado, “dell’elenco dei pieghi da spedire il 20 maggio 2011” – riprodotto in ricorso – che annovera il codice a barre identificativo della raccomandata spedita al contribuente contenente l’appello e che reca il timbro della Posta (OMISSIS) di Milano (OMISSIS) del “20-5.11.10”.

Stante la incontestata presenza in calce “all’elenco dei pieghi” del timbro delle Poste risulta irrilevante la dedotta mancata sottoscrizione dell’addetto dell’Ufficio postale che abbia ricevuto la consegna.

Quanto alla eccepita non chiarezza della data del timbro posta (nella specie “20-5.11.10”) dall’esame diretto degli atti, consentito a questa Corte in ragione dell’error in procedendo denunziato, alcuna incertezza si ritiene, al riguardo, configurabile.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, per non avere la CTR rilevato l’eccepita illegittimità dell’avviso di accertamento in questione per intervenuta decadenza ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, essendo stato quest’ultimo notificato solo in data 2 gennaio 2010, oltre il termine ultimo del 31 dicembre 2009, quale quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione (2005 per l’anno d’imposta 2004).

Ad avviso della ricorrente, come già dedotto nel ricorso in primo grado, la notifica dell’avviso di accertamento sarebbe avvenuta tardivamente in data 2 gennaio 2010, come risultava dal sistema informatico delle poste (2 gennaio 2010 quale data di accettazione del plico dal centro postale di MI (OMISSIS) e 4 gennaio 2010, quale data di consegna dal portalettere del centro postale di (OMISSIS)), dai timbri apposti sulla busta e sulla ricevuta di ritorno. A fronte della contestata tardività della notifica dell’avviso di ricevimento, l’Agenzia non avrebbe prodotto idonea documentazione probatoria a contrario, non potendo, come dedotto nelle controdeduzioni in sede di gravame, assumere tale valenza “l’elenco dei pieghi raccomandati consegnati all’Agenzia postale Milano (OMISSIS) in data 31.12.2009” – allegato dall’Ufficio al fascicolo di secondo grado recante in basso il timbro della posta (OMISSIS) di Milano (OMISSIS); ciò stante: 1) la contraddittorietà, prevedendo l’intestazione del documento “elenco dei pieghi raccomandati consegnati all’Agenzia Postale di Milano 36” cioè quella sita in Via Ortica n. 19, mentre in calce recava il timbro di “Milano (OMISSIS)”; 2) l’incompletezza” del detto atto, in mancanza della sottoscrizione del dipendente dell’Ufficio postale che abbia ricevuto la consegna; 3) il contrasto con il mezzo di prova utilizzato anche dall’Ufficio in primo grado, qual era la stampa del monitoraggio della spedizione della raccomandata in questione dal sito (OMISSIS) dalla quale risultava l’accettazione del plico da parte del Centro Postale di MI (OMISSIS) in data 2 gennaio 2010 e la consegna dello stesso in data 4 gennaio 2010 dal portalettere del centro postale di (OMISSIS); 4) l’inaccessibilità del documento prodotto dall’Agenzia non visionabile dal contribuente; 5) il contrasto con il quadro normativo di cui all’art. 149 c.p.c., comma 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002.

D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, comma 1, vigente temporis, “Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”.

Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, u.c., vigente temporis “Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.

Questa Corte ha, al riguardo, affermato il seguente principio di diritto: “In tema di avviso di accertamento notificato a mezzo posta, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza che grava sull’Amministrazione finanziaria, occorre avere riguardo alla data di spedizione dell’atto e non a quella della ricezione dello stesso da parte del contribuente, atteso che il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il notificato si applica in tutti i casi in cui debba valutarsi l’osservanza di un termine da parte del notificante e, quindi, anche con riferimento agli atti d’imposizione tributaria ” (Cass. n. 22320 del 2014).

Ne consegue, in tema di prova della tempestività della notifica dell’atto impositivo a mezzo servizio postale, l’enunciazione del seguente principio di diritto: “Ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere impositivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, per la notificazione, a mezzo posta, dell’avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, la data di presentazione delle raccomandate, consegnate all’ufficio postale, risultante dal timbro apposto sulla distinta-elenco predisposta dall’Avvocatura Generale dello Stato (e allegata agli atti) è certa e validamente attestata, risultando da atto equipollente a quelli pure contenenti lo stesso timbro, sia che questo sia stato apposto sul piego postale, sia che lo sia stato sulla busta della raccomandata, secondo una prassi adottata dagli uffici postali, di notoria conoscenza, e riconducibile ad una nozione costituzionalmente adeguata delle dette disposizioni”.

Nella specie la CTR ha fatto buon governo del suddetto principio, nel ritenere tempestiva la notifica dell’avviso di accertamento, stante l’accertata consegna del plico contenente l’avviso di accertamento in data 31 dicembre 2009 come da timbro di ricevuta dell’Ufficio postale di Milano (OMISSIS), sull’elenco dei pieghi raccomandati consegnati all’Agenzia Postale di Milano (OMISSIS) – allegato dall’Ufficio al fascicolo di secondo grado e riprodotto in ricorso.

Da qui anche l’irrilevanza della dedotta mancata sottoscrizione dell’addetto dell’Ufficio postale che abbia ricevuto la consegna e dell’assunta contraddittorietà tra l’intestazione del documento e il timbro su di esso riportato.

Quanto alla eccepita incomprensibilità della data all’interno del timbro, dall’esame diretto degli atti, si evince con chiarezza l’accertata consegna del plico contenente l’avviso di accertamento in data 31 dicembre 2009 come da timbro di ricevuta dell’Ufficio postale di Milano (OMISSIS), sull’elenco dei pieghi raccomandati consegnati all’Agenzia Postale di Milano (OMISSIS).

3. Il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione da parte dei giudici di appello del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, per avere ritenuto ammissibile – a riprova della tempestività, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, comma 1, della notifica dell’avviso di accertamento – la produzione in sede di appello di un documento nella specie “l’elenco dei pieghi raccomandati consegnati all’Agenzia Postale di Milano (OMISSIS)” ed, in particolare, “la lista delle raccomandate con avviso di ricevimento consegnate il giorno 31.12.2009” – che l’Amministrazione finanziaria aveva volontariamente omesso di produrre in primo grado, avendone la disponibilità sin dall’inizio del processo, è infondata alla stregua della piana lettera del citato art. 58 che, alla stregua del consolidato orientamento di legittimità (rinvenibile già in Cass. n. 9604 del 2000), consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Cass., n. 27774 del 2017, Cass. n. 22776 del 2015).

4. Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente lamenta che il giudice di appello aveva omesso di valutare le note di credito emesse nei suoi confronti da una delle società da cui aveva effettuato acquisti intracomunitari.

4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza avendo il ricorrente omesso di trascrivere sia la parte del ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla commissione tributaria provinciale in cui aveva dedotto la questione, sia le parti rilevanti delle controdeduzioni in appello in cui l’aveva riproposta ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, ed aveva prodotto le predette note di credito, essendo all’uopo del tutto insufficiente la mera indicazione fatta per riassunto nel mezzo di impugnazione qui vagliato.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione da parte della CTR del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nonchè del D.L. n. 331 del 1993, artt. 38 e 47, convertito dalla L. n. 427 del 1993, per non aver rilevato l’illegittima determinazione dell’Iva relativa agli acquisti intracomunitari da parte dell’amministrazione finanziaria, che non avrebbe tenuto conto dell’obbligo di emettere autofattura per gli acquisti intracomunitari con effetto di azzeramento dell’imposta dovuta.

5.1. Anche questo motivo non si sottrae al rilievo di inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza, avendo il ricorrente trascurato del tutto di riprodurre nel ricorso la parte essenziale delle controdeduzioni depositate nel giudizio di appello in cui aveva riproposto, in ossequio alla regola posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, la doglianza prospettata nel ricorso introduttivo.

6. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna T.G. al pagamento, in favore della Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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