Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7948 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 22/03/2021), n.7948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24821/2014 R.G. proposto da:

C.G.V., elettivamente domiciliato in Roma alla

via Mazzini n. 9, presso l’avv. Livia Salvini, che lo rappresenta e

difende insieme con gli avv.ti Elenio Bidoggia e Giovanna Oddo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1154/2014 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, pronunciata in data 14 novembre 2013,

depositata in data 5 marzo 2014 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/12/2020

dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

C.G.V. ricorre con un unico articolato motivo contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 1154/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata in data 14 novembre 2013, depositata in data 5 marzo 2014 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione del diniego tacito dell’istanza di rimborso per la mancata applicazione dell’aliquota agevolata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19, comma 4 bis, su somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro avvenuta in data 31 luglio 2006;

con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che “con riferimento ai caso in esame, non si ravvede l’esistenza di un accordo generalizzato ed esteso ad una pluralità di dipendenti, nè l’esistenza certa di un piano di ristrutturazione su larga scala. L’accordo conciliativo in sede sindacale stipulato il 15 giugno 2006 accenna, alla lett. B, alla realizzazione di una complessa riorganizzazione del Gruppo Vodafone che potrà riflettersi sulla futura permanenza della figura ricoperta dal Dirigente C.. Il tutto è in via ipotetica e riferita alla sola carica dirigenziale rivestita dal C.. Non vi è prova, quindi, che vi sia stato un piano di esodo previsto e disciplinato in un atto o in un accordo che abbia data certa anteriore al 4 luglio 2006, e che contenga l’indicazione di un termine per le adesioni dei lavoratori interessati”;

a seguito del ricorso, l’Agenzia resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 16 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19, comma 4-bis, nella formulazione in vigore dal 1/1/2004, nonchè del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo il ricorrente, il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto che, ai fini dell’applicazione della normativa agevolativa, fosse necessario che il datore di lavoro avesse offerto ad una pluralità di dipendenti condizioni speciali per l’uscita anticipata dall’azienda con la fissazione di un termine per l’adesione dei lavoratori interessati;

il motivo è fondato e va accolto;

preliminarmente va rilevato che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4 bis, nella formulazione vigente ratione temporis, prevedeva che “per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, di cui all’art. 16, comma 1, lett. a), l’imposta si applica con l’aliquota pari alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità e somme indicate all’art. 16, comma 1, richiamata lett. a”;

invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 23165 del 2016; Cass. n. 20424 del 2017), la L. n. 248 del 2006, nel convertire il D.L. n. 223 del 2006, ha mantenuto l’applicazione del beneficio fiscale chiesto dal contribuente e previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, abrogato art. 19, comma 4-bis1 solo con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro, che, pur se cessati dopo il 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del citato D.L. n. 223 del 2006 convertito con la L. n. 248 del 2006, avessero formato oggetto di atti od accordi aventi data certa anteriore alla data da ultimo citata (così, da ultimo, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12838 del 14/05/2019, in fattispecie analoga);

è stato ulteriormente precisato che il D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 19 (già art. 17), comma 4-bis, (che, nonostante l’abrogazione, è reso ultrattivo dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 23, convertito con modificazioni in L. 4 agosto 2006, n. 248) è applicabile a tutti i lavoratori i quali abbiano superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti minimi per l’età pensionabile, in considerazione dell’obiettivo del legislatore di razionalizzare le risorse aziendali e creare nuove opportunità di lavoro e che ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani ed incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari (Sez. 5, Sentenza n. 31774 del 05/12/2019; Sez. 6 – 5, Sentenza n. 19626 del 17/09/2014; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 9049 del 02/05/2005);

nella fattispecie in esame, il giudice di appello, pur dando atto che, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006 (nella specie l’accordo era del 15 giugno 2006), era intercorso un accordo tra datore di lavoro e dipendente per la risoluzione del rapporto di lavoro in data 31 luglio 2006 e la corresponsione dell’incentivo all’esodo, ha tuttavia ritenuto insussistente l’ipotesi di ultrattività della norma agevolativa (temporalmente limitata, di natura eccezionale e soggetta a stretta interpretazione) di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4 bis, perchè non vi era prova di un piano di esodo generalizzato, previsto e disciplinato in un atto o in un accordo che avesse data certa anteriore al 4 luglio 2006 e che contenesse l’indicazione di un termine per le adesioni dei lavoratori interessati;

la C.t.r., nel richiedere requisiti che non erano previsti dalla normativa in esame (quali, il carattere generalizzato dell’accordo e la necessità che fosse rivolto all’adesione di una pluralità di lavoratori), è incorsa nella denunziata violazione di legge;

invece, il giudice avrebbe dovuto verificare la definitività dell’accordo del 15 giugno 2006 e se, nella specie, la sottoscrizione da parte del dipendente del verbale di conciliazione, in data anteriore al 4 luglio 2006, di accettazione della risoluzione volontaria del rapporto di lavoro, prevista il successivo 31 luglio 2006, rendesse superflua la previsione di un successivo termine di adesione;

in conclusione, il ricorso va accolto, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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