Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7945 del 21/03/2019
Cassazione civile sez. trib., 21/03/2019, (ud. 13/11/2018, dep. 21/03/2019), n.7945
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25514/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Dogane, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
Sinerga s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv. Elisa Barone, con domicilio eletto
lo studio dell’avv. Orazio Licciardello, sito in Roma, via Ceisra
Fiori, 32;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, n. 115/12/10, depositata il 22 luglio 2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 novembre 2018
dal Consigliere Paolo Catallozzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Visonà Stefano, che ha concluso chiedendo il parziale
accoglimento del ricorso;
uditi gli avv. Pasquale Pucciariello, per la ricorrente, e Orazio
Licciardello, per delega dell’avv. Elisa Barone, per la
controricorrente.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Dogane propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 22 luglio 2010, di reiezione dell’appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Sinerga s.p.a. per l’annullamento dell’avviso di pagamento con cui l’Ufficio ha contestato, relativamente agli anni 2003-2006, l’omesso versamento dell’imposta di consumo dovuta per l’utilizzazione di prodotti fiscalmente assimilati agli oli lubrificanti per la produzione di cosmetici.
2. Il giudice di appello, confermando la decisione della Commissione provinciale, dopo aver premesso la non assoggettabilità dei prodotti in esame alle accise, in ossequio alla disciplina comunitaria, ha evidenziato che tali prodotti non potevano essere assoggettati neanche all’imposta di consumo, in quanto soppressa dal D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, art. 6, conv. nella L. 27 febbraio 2002, n. 16.
3. Il ricorso è affidato ad un unico motivo.
4. Resiste con controricorso la Sinerga s.p.a., la quale deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso proposto l’Agenzia delle Dogane denuncia la violazione del D.Lgs. n. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 62, della Dir. 2003/96/CE del 27 gennaio 2003, art. 2, punto 4, lett. b), del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 3,comma 1, lett. c), conv. nella L. 22 novembre 2002, n. 265, e della L.23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 116, per aver la sentenza impugnata escluso che, a far data dal 1 gennaio 2004, l’utilizzo di oli lubricanti o, comunque, di prodotti fiscalmente a questi assimilabili, quand’anche impiegati per fini diversi dalla combustione o carburazione, fosse assoggettato all’imposta di consumo.
1.1. Il motivo è fondato.
Il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, comma 1, sottopone all’imposta di consumo gli oli lubrificanti quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione.
Con sentenza del 25 settembre 2003, Commissione/Italia, la Corte di Giustizia ha osservato che tale disposizione, in quanto consente di colpire con altra imposta indiretta prodotti che vanno esonerati dall’accisa armonizzata, dà luogo all’elusione di ogni effetto utile della Dir. 25 febbraio 1992, 92/81/CEE, art. 8, n. 1, lett. a), il quale dispone che gli oli lubrificanti possono essere assoggettati ad accisa solo se destinati ad essere utilizzati, messi in vendita o utilizzati come carburanti o combustibili.
Ha dichiarato che la Repubblica italiana, mantenendo in vigore tale disposizione, ha violato gli obblighi ad essa imposti dalla Dir. del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, art. 3, n. 2, e dalla Dir. del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, predetto art. 8, n. 1, lett. a).
Nelle more della procedura d’infrazione, l’Italia ha approvato il D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, conv., con modif., nella L. 27 febbraio 2002, n. 16, il cui art. 6 dispone l’abrogazione dell’imposta di consumo in questione e il cui successivo art. 7 ne prevede la sostituzione con un contributo di riciclaggio e di risanamento ambientale, a far data, però, dall’effettiva soppressione dell’imposta di consumo, correlata all’emanazione di un apposito regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze.
Il regolamento non è stato emanato, di guisa che la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 116, ha stabilito che “il T.U. delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 62, continua ad esplicare i suoi effetti…”.
Nel frattempo, è stata emanata la nuova Dir. 2003/96/CE che ha esplicitamente abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 2003, le previgenti direttive in materia (1992/81/CEE e 1992/82/CEE) (art. 30), escludendo espressamente dal proprio ambito di applicazione i “…prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento” nonchè gli “usi combinati dei prodotti energetici”, con l’avvertenza che “un prodotto energetico ha un uso combinato quando è utilizzato sia come combustibile per riscaldamento che per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento. L’uso dei prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici è considerato uso combinato” (art. 2, n. 4, lett. b).
Con riferimento al nuovo quadro normativo comunitario, la Corte di Giustizia, con sentenza del 5 luglio 2007, Fendt Italiana, ha affermato che gli oli lubrificanti non sono assoggettati all’accisa armonizzata e costituiscono prodotti in relazione ai quali gli Stati membri conservano la facoltà di introdurre o mantenere imposte che colpiscono tali prodotti, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse al passaggio di una frontiera.
Ha, quindi, concluso che il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, oggetto di scrutinio, nella parte in cui prevede la riscossione di un’imposta di consumo gravante sugli oli lubrificanti quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi da quelli di carburante per motori o combustibile per riscaldamento, non è contraria al diritto dell’Unione Europea.
Dalle riferite vicende che hanno interessato la disciplina della tassazione dei prodotti energetici, a livello unionale e nazionale, consegue che: il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, è tuttora vigente, in quanto il meccanismo abrogativo delineato dal D.L. n. 452 del 2001, non è divenuto operativo, perchè non è stato emanato il regolamento deputato all’istituzione del contributo di riciclaggio e risanamento ambientale, e la vigenza della norma è confermata dalla L. n. 266 del 2005, n. 266, art. 1, comma 116; l’emanazione della Dir. 2003/96/CE, che ha abrogato le precedenti Dir. 1992/81/CEE e 1992/82/CEE, ha eliso i profili di contrasto dell’art. 62 con la normativa comunitaria; l’elisione di tali profili di contrasto ha prodotto l’effetto di fa venir meno il potere/dovere dell’autorità giudiziaria di disapplicare l’art. 62, con riferimento a presupposti impositivi verificatisi in data successiva al 31 dicembre 2003 (cfr. Cass. 19 aprile 2013, n. 9561).
Il giudice di appello, nel ritenere inapplicabile la normativa nazionale – per contrarietà con la normativa unionale e per abrogazione -, anche con riferimento a presupposti impositivi verificatisi dopo il 31 dicembre 2003, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi di diritto.
2. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019