Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7944 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7944 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: SOLAINI LUCA

SENTENZA
sul ricorso 16177-2011 proposto da:
MARIOTTO ANTONELLA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA G. P. DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ROBERTO GUARINO,
PAOLO CASETTA giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 20/04/2016

- controrícorrente
nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TORINO 2;
– intimata

avverso la sentenza n. 27/2010 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/04/2016 dal Consigliere Dott. LUCA
SOLAINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 23/04/2010;

R.G. 16177/11
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di liquidazione con il quale
veniva recuperato a tassazione la maggiore imposta di registro, ipotecaria e
catastale, con irrogazione delle relative sanzioni, per effetto della revoca delle
agevolazioni per l’acquisto della prima casa, in quanto d qualificata come di lusso
da parte dell’Agenzia del Territorio, sulla scorta delle caratteristiche indicate dal
DM 2 agosto 1969.

accoglieva l’appello dell’ufficio, ritenendo non fondate le argomentazioni dei
giudici di primo grado, in merito al difetto di motivazione dell’atto impositivo,
ovvero non condivisibili le argomentazioni dell’appellata sulla genericità, ovvero
sulla novità delle questioni sollevate dall’ufficio per la prima volta in secondo
grado.
La contribuente ha, pertanto, proposto ricorso davanti a questa Corte di
Cassazione sulla base di quattro motivi, mentre resiste l’ufficio con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati
congiuntamente, attenendo ad un medesimo profilo di censura, il ricorrente
denuncia la nullità della sentenza o del procedimento con riferimento agli artt.
329 e 342 c.p.c. (nonché in riferimento agli artt. 23 comma 3, 56 e 57 del d.lgs.
n. 546/92), in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., in quanto non
avendo l’ufficio specificatamente contestato l’affermazione dei giudici di primo
grado secondo la quale l’avviso di liquidazione avrebbe dovuto essere emesso
solo previa sopralluogo nell’immobile, “tale punto doveva essere sottratto al
riesame del giudice d’appello….poiché tale statuizione, non censurata in appello,
costituiva punto decisivo della sentenza da solo sufficiente a decidere la causa, e
(pertanto), l’appello proposto risultava improcedibile”: in questa prospettiva, il
ricorrente ha censurato che i giudici d’appello, abbiano, invece, ritenuto
correttamente formulate le censure dell’ufficio avverso la sentenza di primo
grado con la semplice richiesta di riforma integrale della stessa. Inoltre,

il

ricorrente ha lamentato che con argomentazione nuova, e, quindi, in violazione
degli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 546/92, l’ufficio abbia specificato i motivi del
ritenuto carattere di lusso dell’appartamento, richiamando l’art. 6 del DM 2
agosto 1969, ma introducendo, in tal modo, una questione nuova, rispetto al
thema probandum fissato in primo grado.

motivrb 16/i1r4l
i ondatd).
In via preliminare, si rileva come, la censura proposta come vizio implicante la
nullità della sentenza o del procedimento, non appare conferente alle diverse
rationes decidendi che sorreggono autonomamente la decisione e che non

1

La sentenza impugnata in questa sede, riformando quella di primo grado,

vengono specificamente aggredite. Infatti, i giudici d’appello, avevano già preso
in considerazione tali doglianze, sollevate dal ricorrente nel corso del giudizio di
secondo grado, e con motivazione congrua e immune da vizi logici (v. pp. 4 e 5),
hanno ritenuto infondata la censura. In ogni caso, volendo affrontare il merito
della stessa, la statuizione dei giudici di prime cure sulla necessità del
sopralluogo4 non costituisce un’autonoma ratio decidendi, ma è all’evidenza un
passaggio argornentativo nel ragionamento del giudice di primo grado, per
supportare il proprio assunto sul difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione

giudicato interno e/o implicito, come sembrerebbe opinare la contribuente. In
riferimento, invece, all’eccepito ius novum, va ribadito come nessuna domanda
e/o eccezione nuova ha sollevato l’ufficio in sede d’appello, laddove ha
richiamato il punto 6 del DM 2 agosto 1969, che è un’evidente esplicazione del
tema di prova sul carattere di lusso dell’immobile, che già faceva parte
dell’oggetto della controversia sia in via di azione che in via di eccezione. In ogni
caso, risulta dalla pagink 3 della sentenza impugnata, che la contribuente,
nell’atto di compravendita t aveva reso la dichiarazione che trattavasi di abitazione
non di lusso, proprio secondo i criteri di cui al contestato DM 2 agosto 1969, che
ha poi lamentato non essere stati esplicitati dall’ufficio. Inoltre, non può non
rilevarsi, come l’odierna ricorrente, solo nel giudizio d’appello ha contestato nel
merito la carenza del carattere di lusso dell’immobile (alla cui assenza erano
correlati i benefici fiscali) introducendo, attraverso una perizia di parte, il tema
nuovo della minore metratura dell’appartamento (mq 226,73 in luogo della
superficie risultante dalle evidenze catastali e superiore ai 240 mq), mentre con
l’atto introduttivo del giudizio aveva solo contestato i vizi formali dell’avviso di
liquidazione, concernenti la motivazione dello stesso; pertanto, la questione di
merito del presente giudizio, relativa al carattere di lusso dell’appartamento, non
è più contestabile, nella presente sede, essendosi formato il giudicato interno,
per il suo mancato rilievo nell’atto introduttivo del giudizio, avverso l’avviso di
liquidazione.
Con il terzo e quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati
congiuntamente, riferendosi ad un medesimo profilo di censura, la ricorrente
denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 3 della
legge 241 del 1990, e dell’art. 7 L. 212 del 2000, perché la CTR non avrebbe
tenuto conto del difetto di motivazione dell’atto impositivo, come evidenziato
dalla ctp, in quanto la parte motiva dell’atto impositivo, si sarebbe limitata a fare
riferimento a presunte caratteristiche di lusso dell’immobile senza precisare, in
cosa le stesse sarebbero consistite.
Il motivo è infondato.

2

(questo sì, impugnato dall’ufficio), che non è suscettibile di consolidarsi in alcun

Da una parte è insegnamento di questa Corte, quello secondo cui, “In tema
d’imposta di registro, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in
rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le
relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la
conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di
accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE” (Cass.
n. 25559/2014, ma, vedi anche, in termini, 25153/2013), dall’altra è la stessa
parte contribuente, come sopra accennato, che nell’atto di compravendita ha

agosto 1969, quindi, non si comprende la doglianza di non essere in grado di
difendersi, su un articolato normativo al quale la stessa ricorrente aveva fatto
espresso riferimento, per usufruire delle agevolazioni fiscali; d’altra parte, è
corretta la motivazione della CTR, secondo la quale il motivo che ha determinato
la decadenza dai benefici fiscali, non scaturiva da un’attività di valutazione
discrezionale da parte dell’ufficio sulle caratteristiche costruttive dell’immobile di
cui non sarebbe stata edotta la contribuente, ma dalla mera “sussunzione” delle
risultanze catastali (superficie utile complessiva superiore a 240 mq), alle
previsioni del citato DM 2.8.69, così come esplicitato nell’avviso impugnato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna la contribuente a pagare all’Agenzia delle Entrate, in persona del
Direttore in carica, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nella somma
di C 2.800,00, oltre spese prenotate a debito
Così deciso il Roma, alla camera di consiglio del 7.4.2016

dichiarato che l’abitazione non è di lusso, secondo i parametri di cui al Dm 2

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