Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7943 del 06/04/2011

Cassazione civile sez. II, 06/04/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 06/04/2011), n.7943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1917/2009 proposto da:

R.C., M.D. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, LARGO BRINDISI 18, presso lo studio

dell’avvocato FUBELLI Alessandro, che li rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), in persona del suo

amministratore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso lo studio dell’avvocato PETRETTI Alessio, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato COPPOLA NUNZIA, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 973/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

31/10/07, depositata il 04/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Fubelli Alessadro, difensore dei ricorrenti che si

riporta ai motivi scritti;

è presene il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La sentenza impugnata, resa il 4 dicembre 2007 dalla Corte d’appello di Brescia, riferisce che il 5 aprile 2002 (data che emerge anche dal ricorso, pag. 2 ultimo rigo) l’odierno controricorrente condominio (OMISSIS) celebrava un’assemblea inserendo nel bilancio una voce denominata “spese personali” a carico dei coniugi M. – R.;

che costoro impugnavano la Delib. con atto di citazione notificato il 22 maggio 2002; che il Tribunale di Bergamo nel 2004 dichiarava inammissibile l’impugnazione perchè tardivamente proposta.

La Corte d’appello di Brescia respingeva il gravame sulla base di due motivazioni: A) la questione oggetto di opposizione alla delibera condominiale era da qualificare come ipotesi di annullabilità e non di nullità al lume di Sez. Un. 4806 del 2005. Da ciò conseguiva che la impugnazione proposta oltre i trenta giorni dalla comunicazione era irrimediabilmente tardiva.

B) Le spese oggetto della voce contestata si riferivano a “spese comuni”, relative alle passate gestioni, rimaste non pagate e che gli stessi opponenti, tramite un loro legale, si erano offerti di pagare in rate mensili.

I signori M. e R. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato 3/8 gennaio 2009; Il condominio (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio. Parte ricorrente ha tardivamente depositato memoria il 29 novembre 2010, oltre il termine massimo di cinque giorni prima dell’adunanza (tenutasi il 3 dicembre), previsto dall’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo di ricorso, i coniugi M. – R. denunciano “motivazione insufficiente o contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art. 340, n. 5 (recte art. 360 c.p.c.), – art. 1136 c.c., comma 4 e art. 66 disp att. c.c.”.

La doglianza, sebbene nella riportata rubrica si riferisca a un vizio di motivazione, si risolve in una censura per violazione di norme sostanziali e processuali, ponendo una questione riconducibile all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 4. Di ciò è conferma la omessa chiara indicazione del fatto controverso, richiesta dall’art. 366 bis c.p.c., in relazione alla denuncia di vizi di motivazione (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08; 16528/08) e, per converso, la formulazione nel ricorso del quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità in riferimento alle censure ex art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4.

Con il quesito si chiede infatti alla Corte di considerare tempestivo il ricorso avverso la delibera condominiale del 2002, anche se proposto oltre i trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c., valutandolo alla stregua della giurisprudenza “unanime e costante” che a quel tempo faceva ritenere nulla l’assemblea condominiale in caso di mancata convocazione dei condomini opponenti, giurisprudenza mutata “alla fine del 2005” dalle Sezioni Unite.

Il ricorso è manifestamente privo di fondamento.

Come ha rilevato la relazione preliminare, nel 2002 la questione relativa alla nullità o annullabilità delle delibere condominiali, e al conseguente termine per impugnarle, in caso di mancata comunicazione, anche ad uno solo dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale non era risolta in modo “unanime e costante dalla giurisprudenza di legittimità. A fronte di un orientamento prevalente nel senso indicato da parte ricorrente, si ponevano importanti enunciati di segno opposto, tra i quali mette conto ricordare Cass. 31 del 2000, 1292 del 2000, 13013 del 2000, 8676/01 e, successivamente, 17612 del 2002, 11739/03, 1653/04 e 8493/04.

La decisione dei giudici di merito che si sono occupati della odierna vicenda e quella delle Sezioni Unite n. 4806 del 7 marzo 2005 non sono giunte quindi inaspettate. Le Sezioni Unite in sede di composizione di un contrasto hanno anzi abbracciato, come sovente succede, l’orientamento che era emerso più di recente.

Questa ricostruzione è resa necessaria per evidenziare: A) la erroneità della premessa da cui muove il motivo di ricorso, cioè la imprevedibilità, nel 2002, dell’orientamento giurisprudenziale;

detto orientamento era invece doverosamente da considerare possibile e avrebbe dovuto prudentemente indurre gli opponenti a ricorrere entro 30 giorni dalla conoscenza della delibera. B) la non applicabilità all’odierna fattispecie del principio di diritto sancito da questa stessa Sezione nell’ordinanza 14627/10 (e nelle molte identiche coeve, rese alla stessa udienza), secondo cui: “Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell’art. 184 bis cod. proc. civ., “ratione temporis” applicabile, anche in assenza di un’istanza di parte, se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio d’inammissibilità od improcedibilità dell’impugnazione dovuto alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base dell’orientamento sopravvenuto alla proposizione del ricorso”.

In quella ipotesi estrema, infatti, si ebbe a considerare che le Sezioni Unite avevano imprevedibilmente capovolto un orientamento consolidato che rendeva impugnabili in sede penale e non in sede civile taluni provvedimenti.

Ne discende il rigetto del primo motivo di ricorso, statuizione che comporta l’assorbimento della seconda censura, che non può essere esaminata.

Essa infatti denuncia vizio di motivazione circa “un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art. 360, n. 5, artt. 1123 e 1135 c.c.”. In particolare i condomini contestano che sia stato ritenuto provato un credito condominiale, che verrebbe pagato una seconda volta, giacchè sarebbe stato pagato una prima volta per mezzo della Soc. coop Ed S. Giuseppe, dovendosi ritenere che “l’assemblea condominiale non era competente a deliberare non trattandosi di beni comuni: bene a conoscenza che i M. non erano debitori, avendo intascato la somma percepita dalla Cooperativa a pareggio”.

In tal modo è contestata la legittimità della delibera, ma la inammissibilità della impugnazione della delibera stessa sottrae alla materia del contendere lo stabilire se essa fosse o meno legittima.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 800,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA