Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7942 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 22/03/2021), n.7942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13920-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CI/EL DI C.D., A. E W. G.F. S.n.C. IN

LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

MARIA GRAZIA BATTAGLIA, rappresentata e difesa dall’Avvocato ADRIANA

SCELFO giusta procura speciale estesa in calce alla memoria di

costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 148/31/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 26.11.2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 4/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 153/6/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Torino, in accoglimento del ricorso proposto dalla società indicata in epigrafe avverso avviso di liquidazione di imposta di registro 2009 relativo ad atto di cessione di azienda con rettifica del valore dell’avviamento;

la contribuente resiste con controricorso ed ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo mezzo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 43 e 51, D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4) in quanto la sentenza impugnata avrebbe erroneamente respinto l’appello sul presupposto che l’Ufficio non avesse dimostrato il maggiore valore dell’avviamento, essendosi avvalso di criteri fissati dall’art. 43 cit., non più in vigore;

1.2. con il secondo mezzo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) e nullità della sentenza per motivazione apparente avendo la CTR affermato che l’Ufficio non avesse fornito alcuna prova della maggiore pretesa impositiva, non fornendo alcun elemento di fatto circa la rideterminazione del valore dell’avviamento, e si lamenta che non sarebbero state valutate le “peculiarità aziendali” in termini di reddito, ricavi, utile ed indici di redditività che l’Ufficio aveva espressamente menzionato nell’atto impugnato:

1.3. le doglianze sono fondate;

1.4. come condivisibilmente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 7750/2019), in tema di imposta di registro, ai fini della determinazione del valore dell’avviamento dell’azienda, i criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996 possono essere utilizzati nonostante l’abrogazione di tale decreto da parte del D.Lgs. n. 218 del 1997, atteso che lo stesso non ha previsto un metodo alternativo di determinazione di tale valore, ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore dell’avviamento aziendale rispetto a quello accertato;

1.5. sebbene il disposto del D.P.R. n. 460 cit., art. 2, comma 4, non sia più in vigore, come evidenziato nella pronuncia di questa Corte dianzi citata, l’Amministrazione finanziaria, con la comunicazione n. 52 del 25 luglio 2003, ha ritenuto che anche il contribuente possa determinare il valore di avviamento secondo il metodo di calcolo previsto nel succitato D.P.R. n. 460 del 1996, e, del resto, i criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2 determinano valori minimali di avviamento, in funzione dell’accertamento con adesione, sicchè la loro applicazione integra un indizio a favore dell’Amministrazione (cfr. Cass. n. 9098/2017), tanto che questa può impiegare un criterio diverso solo dando conto della maggiore affidabilità specifica (cfr. Cass. n. 4931/2012);

1.6. poste tali premesse, non è contestato che, in data 3.8.2009, con rogito notarile, la società contribuente cedette un ramo della propria azienda, dichiarando in atto le parti un valore di Euro 147.980,00 che veniva elevato, in sede di giudizio di congruità, ad Euro 370.980,00, di cui Euro 296.000,00 per avviamento;

1.7. la CTR, accogliendo la tesi della contribuente, ha dunque rilevato la totale assenza di idonei elementi probatori, se si esclude il metodo di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, artt. 2 e 4 comunque inidoneo a giustificare la ripresa dell’Ufficio, in quanto abrogato;

1.8. le affermazioni non sono condivisibili, atteso che, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, a cui si intende dare continuità, il contribuente non può limitarsi alla semplice opposizione all’utilizzo di una metodologia di calcolo, senza dimostrare l’incoerenza del metodo utilizzato, contestando la valutazione degli elementi di fatto che sono alla base dei criteri utilizzati (cfr. Cass. n. 613/2005);

1.9. è infatti onere del contribuente, che contesti l’accertamento, in base ad allegazioni puntuali e specifiche, che tengano conto dei fattori economici dell’azienda, dimostrare le ragioni della divergenza dei propri dati da quelli medi indicati dall’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 17787/2017 in motiv.);

1.10. nella specie, la CTR non ha, tuttavia, in alcun modo valutato gli elementi addotti dalla contribuente al fine di dimostrare l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’Ufficio e l’incoerenza del calcolo effettuato dall’Ufficio, essendosi limitati, i Giudici di merito, a ritenere illegittima l’applicazione della metodologia utilizzata, sostenendo che fosse non idonea perchè abrogata;

2. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, che pronuncerà uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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