Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7942 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7942 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso 28943-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

PTV PROGRAMMAZIONI TELEVISIVE SPA in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA CLAUDIO MONTEVERDI 20, presso
lo studio dell’avvocato GIULIO LAIS, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato EUGENIO

Data pubblicazione: 20/04/2016

DONDERO giusta delega in calce;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 67/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 19/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MARIA TERESA ZOSO;
udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che si
riporta agli atti;
udito per il controricorrente l’Avvocato LAIS che si
riporta agli scritti e deposita una cartolina di
avvenuta notifica;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 07/04/2016 dal Consigliere Dott. LIANA

R.G. 28943/2010
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. L’agenzia delle entrate ricorre avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Torino che, accogliendo l’appello proposto dalla società P.T.V. Programmazioni
Televisive S.p.A., ha ritenuto che questa, in quanto società svolgente attività di telediffusione,
non fosse soggetta al pagamento del canone televisivo, e ciò in applicazione del regio decreto
legge numero 246 del 21 febbraio 1938, che esonera espressamente dal pagamento gli enti
che corrispondono il contributo fisso per la radiofonia.

affidata ad un solo motivo. Resiste con controricorso la società P.T.V. Programmazioni
Televisive S.p.A..
3. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi
dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 1 e 18 del regio
decreto legge 246/1938, all’articolo 1 del decreto legislativo 821/1948, agli articoli 1 e 7 del
regio decreto legge 23 ottobre 1925 numero 1917, all’articolo 22 della legge 223/1990 e alla
tariffa 18 allegata d.p.r. 641/1972 nonché all’articolo 16, comma 1 lett. d della legge 488/99 e
successive modificazioni. Sostiene la ricorrente che ha errato la CTR nel ritenere che la
contribuente fosse esonerata dal pagamento del canone televisivo per il fatto di svolgere
l’attività di telediffusione e ciò in quanto l’articolo 18 del regio decreto legge 246/1938, il quale
prevedeva l’esenzione dal pagamento del canone d’abbonamento radiotelevisivo a favore di
alcuni soggetti che già corrispondevano il contributo fisso obbligatorio per la radiofonia, era
stato abrogato dall’articolo 1 del decreto legislativo numero 821/1948, che aveva abolito i
contributi fissi annui di abbonamento obbligatorio per le radioaudizioni circolari previste dal
regio decreto legge 17 novembre 1927 numero 2207, stabilendo che quegli stessi soggetti, già
tenuti al pagamento del contributo fisso, qualora avessero fruito delle radioaudizioni circolari
sarebbero stati tenuti al pagamento del canone di abbonamento previsto dal regio decreto
legge 236/1938. A nulla rilevava, poi, il fatto che le imprese che esercitavano l’attività di
riparazione o commercializzazione di apparecchiature di ricezione radiotelevisiva fossero
esonerati dal pagamento del canone in forza dell’articolo 9, comma 14, della legge 448/2001,
trattandosi di norma derogatoria in materia tributaria e, in quanto tale, di stretta
interpretazione.
4. Osserva la corte che il ricorso è fondato. Invero l’articolo 1 del regio decreto-legge 21
febbraio 1938 numero 246 prevede che chiunque detenga uno o più apparecchi atti od
adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di
abbonamento e la Suprema Corte ha chiarito che l’obbligo di pagamento del canone
di abbonamento al servizio radiotelevisivo pubblico discende dalla mera detenzione – ancorché
in zona non coperta dal servizio stesso, per mancanza di idoneo ripetitore – di un apparecchio
che si caratterizzi per attitudine o adattabilità alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o
televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata ( Cass. n. 9486 del 13/09/1993 ).
1

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate

L’articolo 18 del regio decreto legge 21 febbraio 1938 numero 246 prevedeva l’esenzione
dal pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni circolari per gli enti che, giusta
le norme in allora vigenti, corrispondevano il contributo fisso obbligatorio per la radiofonia.
L’articolo 1 del decreto legislativo 3 maggio 1948 numero 821 ha, poi, abolito i contributi annui
fissi di abbonamento obbligatorio alle radioaudizioni circolari. La CTR, ritenendo fondata la tesi
della contribuente, ha affermato che la norma di cui all’articolo 18 del regio decreto-legge 21
febbraio 1938 numero 246 è stata abrogata solo in parte dal decreto legislativo 3 maggio 1948
numero 821 perché l’articolo 1 di tale decreto ha abolito solamente i contributi annui fissi

quali doveva ritenersi compresa la tassa di concessione governativa prevista dall’articolo 22
della legge 223/1990, cui era tenuta la contribuente quale soggetto titolare di concessione
radiotelevisiva in ambito locale. La CTR è incorsa in errore in quanto la norma di cui all’articolo
1 del decreto legislativo 821/1948 ha previsto l’abolizione del contributo fisso obbligatorio in
allora previsto senza che si possa fondatamente ritenere che l’esenzione fosse limitata al
contributo per la radioaudizione con esclusione di quello per la radiofonia. E ciò in quanto i due
termini ( radiofonia e radioaudizione ) sono sovrapponibili. Basti considerare che la radiofonia è
la trasmissione e ricezione a distanza di contenuti sonori per mezzo di onde radio e che la
radiofonia fu distinta in radiotelefonia, intesa quale comunicazione sonora limitata tra due o più
stazioni, e in radioaudizione (o radiodiffusione) circolare, intesa quale diffusione di contenuti
sonori destinati al pubblico.
Va considerato, inoltre, che la tassa di concessione governativa, al cui pagamento è
tenuta la contribuente quale titolare di concessione radiotelevisiva, è stata istituita
successivamente in forza dell’articolo 22 della legge 223/1990 ed ha natura affatto diversa dai
contributi fissi obbligatori per la radiofonia previsti, essenzialmente, dal regio decreto legge 17
novembre 1927 n. 2207.
Ne deriva che l’esenzione dal pagamento del canone prevista dall’articolo 18 del regio
decreto-legge numero 246 del 21 febbraio 1938 non riguarda l’emittente televisiva.
Infine non vale ad escludere la debenza del canone da parte della contribuente la
previsione dell’articolo 9, comma 14, della legge 448/2001 in favore delle imprese che
esercitano l’attività di riparazione o commercializzazione di apparecchiature di ricezione
radiotelevisiva, trattandosi di norma agevolativa di stretta interpretazione.
Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2,
cod. proc. civ., e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese dei giudizi di
merito si compensano in considerazione dei discordi precedenti mentre le spese di questo
giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

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stabiliti per le radioaudizioni e non, invece, i contributi fissi obbligatori per la radiofonia, tra i

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza d’appello e, decidendo
nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali
relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le
spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 600,00, oltre alle
spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016.

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