Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7941 del 28/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.28/03/2017),  n. 7941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1441-2013 proposto da:

FUTURA SPA, (OMISSIS), ROTOTEC SPA, (OMISSIS), PEBO SPA (OMISSIS),

ITALIANA CORRUGATI SPA (OMISSIS), SAMI PLASTIC SPA (OMISSIS),

CENTRALTUBI SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

FULCIERI PAULUCCI DE’ CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato

PIERO SANDULLI, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MANCONE INVESTMENT SRL (già MANCONE IMMOBILIARE SRL), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 235, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO, rappresentata e difesa dagli

avvocati VINCENZO MACCHIA, GIUSEPPE D’AMICO;

– controricorrenti –

e contro

CAMPANIA RESINE SPA

– intimata –

avverso la sentenza n. 2907/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

uditi gli Avvocati Roiate, per delega dell’Avvocato Sandulli, e

Ruggiero, per delega dell’Avvocato D’Amico;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmela, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA propongono ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, avverso la sentenza n. 2907/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/08/2012, che aveva rigettato il gravame formulato in via principale dalle stesse ricorrenti nei confronti della sentenza resa il 16/09/2009 dal Tribunale di Napoli, il quale aveva accolto la domanda avanzata con citazione del 4/2/2008 dalla CAMPANIA RESINE SPA, in proprio e quale procuratrice della MANCONE IMMOBILIARE SRL, dichiarando risolto il contratto di permuta del (OMISSIS) per il mancato rispetto del termine di consegna imputabile alle convenute. Il Tribunale aveva, peraltro, negato la legittimazione ad agire in risoluzione della MANCONE IMMOBILIARE SRL, in quanto non parte del contratto di permuta, mentre la Corte d’Appello, in forza della sopravvenuta scrittura di cessione dei crediti del (OMISSIS), riconosceva la legittimazione attiva della MANCONE IMMOBILIARI, giacchè ormai titolare delle posizioni giuridiche della CAMPANIA RESINE SPA.

Il contratto di permuta del (OMISSIS) vedeva FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA quali cedenti della piena proprietà di una superficie immobiliare di 10.250 mq. sita in (OMISSIS), alla località (OMISSIS), area di cui si rendeva cessionaria la CAMPANIA RESINE SPA, la quale a sua volta trasferiva a FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA (già titolari del 50% delle azioni del capitale di CAMPANIA RESINE SPA) le residue 750,000 azioni, ovvero il restante 50% del proprio capitale sociale. Il Tribunale di Napoli, rilevato come fossero trascorsi quattro anni dalla data di esecuzione stabilita nella permuta, prevedeva, quale effetto della risoluzione contrattuale, l’obbligo della CAMPANIA RESINE SPA di restituire il complesso immobiliare, mentre precisava che l’ulteriore effetto restitutorio delle 750,000 azioni alla società convenute sarebbe stato da richiedere in altro giudizio. La Corte d’appello di Napoli, poi, negava l’improcedibilità della domanda di risoluzione proposta da FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA dopo aver agito per l’adempimento dello stesso contratto di permuta. Gli stessi giudici d’appello confermavano l’infondatezza, sostenuta dal Tribunale, dell’eccepito inadempimento di CAMPANIA RESINE SPA, giacchè basato su obblighi di garanzia verso terzi assunti da quest’ultima nel preliminare di cessione delle azioni del (OMISSIS), ma non confermati nella permuta del (OMISSIS) oggetto di lite. Veniva quindi ribadita dalla Corte di Napoli la ravvisabilità del grave inadempimento di FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA, per non aver queste consegnato il complesso immobiliare permutato a distanza di circa quattro anni dal contratto. Inammissibile, perchè nuova, era ritenuta dalla Corte d’Appello la dedotta violazione del diritto di prelazione ex art. 6 dello statuto di CAMPANIA RESINE SPA, esposta soltanto nella comparsa conclusionale. Resiste con controricorso la MANCONE INVESTMENT SRL (già MANCONE IMMOBILIARE SRL), mentre l’altra intimata CAMPANIA RESINE SPA non ha svolto attività difensiva. Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va disattesa l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per essere stata la procura speciale conferita dalle ricorrenti all’avvocato Graziani con atto separato. Come spiegato già da Cass. Sez. U, 18/09/2002, n. 13666, e poi costantemente ribadito da questa Corte, il requisito, posto dall’art. 83 c.p.c., comma 3 (nel testo modificato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, art. 1), della materiale congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura sia stata rilasciata, e l’atto cui essa accede, non si sostanzia nella necessità di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi. Nella specie, la procura per il ricorso per cassazione è stata validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c.p.c., anche se apposta su di un foglio separato, vista la sua apposizione topografica e considerata l’intima connessione con l’atto cui accede, giacchè materialmente unita in calce al ricorso e contenente espresso riferimento alla sentenza impugnata e al giudizio da promuovere (Cass. Sez. 1, 19/12/2008, n. 29785).

1. Il primo motivo di ricorso di FUTURA SPA, ROTOTEC SPA, PEBO SPA, ITALIANA CORRUGATI SPA, SAMI PLASTIC SPA e CENTRALTUBI SPA denuncia la nullità del procedimento d’appello per violazione degli artt. 83, 125 e 182 c.p.c., essendo illeggibili le sottoscrizioni dei rappresentanti legali di CAMPANIA RESINE SPA e di MANCONE IMMOBILIARE SRL apposte nella procura conferita ai difensori a margine della comparsa di costituzione in appello, e mancando altresì la certificazione dell’autografia.

Questo primo motivo è del tutto infondato.

Basta osservare che, ove pure sussistessero i denunciati vizi della costituzione delle appellate CAMPANIA RESINE SPA e MANCONE IMMOBILIARE SRL dinanzi alla Corte di merito, essi avrebbero comportato al più la necessità di considerare tale costituzione “tamquam non esset”, perchè avvenuta a mezzo di procuratore privo di legittimazione processuale alla rappresentanza della parte, con conseguente dichiarazione di contumacia delle medesime appellate, ma non avrebbero avuto come effetto la nullità del procedimento di appello e della sentenza che ne segna la conclusione, come auspicato nel primo motivo di ricorso (Cass. Sez. 3, 25/06/1985, n. 3825; Cass. Sez. 3, 07/07/1964, n. 1756).

Neppure comunque risultano tali vizi della costituzione delle appellate.

Secondo costante orientamento di questa Corte, l’illeggibilità della firma di chi conferisca procura alle liti per conto di una società, apposta in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese (Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4810) Nella specie, le ricorrenti non deducono a sostegno della loro censura la non desumibilità del nome dei rappresentanti societari della controparte neppure dei documenti di causa o dalle risultanze del registro delle imprese, nomi, peraltro, dalle stesse ricorrenti individuati nella vocatio in ius della citazione d’appello. D’altro canto, l’illeggibilità della firma del conferente il mandato alle liti, come la mancata specificazione della sua carica sociale, dà luogo ad una nullità relativa, in quanto tale sanabile, dovendo, perciò, essere opposta dalla controparte con la sua prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., in modo da onerare la parte d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile (Cass. Sez. U, 07/11/2013, n. 25036). Altrettanto consolidata è l’interpretazione di questa Corte secondo cui la mancata certificazione, da parte del difensore, dell’autografia della firma della parte apposta sulla procura alle liti (nella specie, a margine della comparsa di costituzione), costituisce mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura stessa, perchè tale nullità non è comminata dalla legge, nè detta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato (Cass. Sez. L, 23/03/2005, n. 6225).

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., comma 2, quanto alla dedotta improcedibilità dell’azione, negata dalla Corte d’Appello, nonostante Campania Resine S.p.a. avesse promosso una prima causa con citazione del 16 marzo 2006 nei confronti delle attuali ricorrenti, chiedendo l’adempimento coattivo delle obbligazioni scaturenti dal contratto di permuta del (OMISSIS), e poi iniziato il presente distinto giudizio con citazione del 4 febbraio 2008 domandando la risoluzione del medesimo contratto, senza aver preventivamente rinunciato al primo.

Anche questa censura è del tutto priva di fondamento.

La disposizione dell’art. 1453 c.c., comma 2, – secondo la quale, nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può, dopo aver chiesto l’adempimento coattivo del contratto, chiederne, nello stesso giudizio, la risoluzione – fissa un principio di contenuto processuale, in virtù del quale sono derogate le norme che vietano la mutatio libelli nel corso del processo, sicchè la parte che ha chiesto la condanna dell’altra all’adempimento può sostituire a tale domanda quella di risoluzione per tutto il corso del giudizio (Cass. Sez. 2, 23/01/2012, n. 870). Se questa norma del Codice Civile consente, quindi, di sostituire alla domanda di esecuzione quella di risoluzione, che può essere proposta in luogo dell’altra nel corso dello stesso giudizio, tanto più non è censurabile la proposizione, come avvenuta nel caso in esame, della medesima domanda di risoluzione mediante instaurazione di un secondo autonomo giudizio quando ancora pendeva dinanzi allo stesso giudice (Tribunale di Napoli) l’originaria domanda di adempimento coattivo, trattandosi di circostanza che non può ovviamente incidere sulla procedibilità della seconda azione (come deducono le ricorrenti) e che al più poteva giustificare, stante la connessione delle cause, la riunione delle stesse a norma dell’art. 274 c.p.c.

3. IL terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., censurando la parte della sentenza impugnata che ha negato l’eccepito inadempimento di CAMPANIA RESINE SPA, perchè basato su obblighi di garanzia verso terzi assunti da quest’ultima nel preliminare di cessione delle azioni del (OMISSIS), e poi non trasfusi nella permuta del (OMISSIS) per la quale è causa. I ricorrenti sostengono che nel caso di specie “il preliminare non può dirsi superato ma va indubbiamente qualificato come scrittura privata integrativa rispetto al definitivo”.

Il terzo motivo di ricorso è infondato, in quanto non offre elementi per modificare la giurisprudenza di questa Corte (cui si è conformata la Corte d’Appello di Napoli nel decidere la questione di diritto in esame), secondo la quale, in caso di costituzione progressiva di un rapporto giuridico attraverso la stipulazione di una pluralità di atti successivi, nella specie tutti soggetti alla forma scritta “ad substantiam”, la fonte esclusiva dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto va comunque individuata nel contratto definitivo, restando i negozi precedenti superati dalla nuova manifestazione di volontà, che può anche non uniformarsi del tutto agli impegni già assunti, senza che assuma rilievo un eventuale consenso formatosi fuori dell’atto scritto, trattandosi di atti vincolati (Cass. Sez. 2, 11/04/2016, n. 7064; Cass. Sez. 2, 05/06/2012, n. 9063). La Corte d’Appello di Napoli ha convincentemente perciò escluso che le parti della permuta definitiva potessero invocare il principio “inadimplenti non est adimplendum” facendo riferimento ad inadempimenti di impegni assunti con il contratto preliminare ma non riportati nel contratto del (OMISSIS). Il terzo di motivo di ricorso, allora – insistendo nel sostenere che il preliminare non potesse dirsi superato dal definitivo, e valesse, piuttosto, come scrittura privata integrativa di esso – si esaurisce in una critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dalla Corte d’Appello, ed invoca inammissibilmente il sindacato di legittimità sul risultato interpretativo del contratto oggetto di lite, mentre tale risultato appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito. Trattandosi, per di più, di contratto per il quale è imposta la forma scritta, non sarebbe consentito attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del suo contenuto pattizio.

4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla dedotta violazione della prelazione stabilita dall’art. 6 dello Statuto Lucania Resine s.p.a. da parte di Campania Resine e Mancone Investment. Le ricorrenti affermano che tale censura era stata già dedotta a pagina 27 della comparsa di risposta di primo grado D.Lgs. n. 5 del 2003, ex art. 4, e non riproposta nei motivi di appello, in quanto il Tribunale aveva comunque dichiarato il difetto di legittimazione attiva della Mancone Investment s.r.l.

Il quarto motivo è sotto più aspetti inammissibile. La Corte d’Appello di Napoli ha affermato che la dedotta violazione del diritto di prelazione ex art. 6 dello statuto di CAMPANIA RESINE SPA costituisse una questione nuova ed inammissibile, e perciò non l’ha presa in esame, in quanto esposta soltanto nella comparsa conclusionale. In tal senso, il quarto motivo di ricorso è privo dei necessari caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, i quali comportano l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione.

Quanto al vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la censura in esame viola il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, mancando sia l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate sia la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità.

Se il quarto motivo proposto volesse intendersi come sostanzialmente prospettante la deduzione di una doglianza ex art. 112 e 345 c.p.c., fa difetto, comunque, il rispetto del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, giacchè esso manca dell’esposizione del contenuto della comparsa di risposta in primo grado e dei motivi d’appello, e perciò non consente a questa Corte di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta alla Corte di Napoli, come delle ragioni che le ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede a proposito della prelazione statutaria. Tale questione attinente alla prelazione, che le ricorrenti assumono di aver sollevato già in primo grado, per poter essere utilmente compresa nella controversia devoluta al giudizio di secondo grado, andava comunque quantomeno ivi riproposta ex art. 346 c.p.c., visto l’appello incidentale della Mancone Investment, e non già soltanto menzionata in sede di comparsa conclusionale, come ha osservato la Corte di Napoli.

D’altro canto, dovendosi le ricorrenti dolere di un “error in procedendo”, per assunta omessa pronuncia su questione comunque a loro dire ritualmente sottoposta all’esame dei giudici di appello e da questi invece ritenuta solo tardivamente dedotta, neppure è ammissibile formulare al riguardo, in sede di legittimità, la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

5. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c. quanto al difetto di legittimazione della Mancone Investment s.r.l. La Corte d’Appello di Napoli ha affermato che la Mancone Investment (già Mancone Immobiliari), sebbene non risultasse in origine parte della permuta oggetto della domanda di risoluzione, fosse poi divenuta titolare di tutti i diritti, le pretese e i crediti da essa derivanti in forza del contratto di “cessione crediti” intervenuto il (OMISSIS), con conseguente legittimazione ad agire. Osservano criticamente le ricorrenti che la legittimazione non può “ritenersi produttiva di effetti retroattivi rispetto alla data 2 aprile 2010”.

Anche questa censura non ha fondamento. La decisione della Corte d’Appello di Napoli si sostanzia nel dispositivo “dichiara la legittimazione attiva della Mancone Investment s.r.l. (già Mancone Immobiliare s.r.l.) quale titolare delle posizioni giuridiche della S.p.a. Campania Resina scaturenti dal contratto di permuta oggetto del giudizio”. Questa pronuncia non va intesa nel senso che l’accertata cessione del contratto di permuta (più correttamente che “cessione di crediti”) del (OMISSIS), avvenuta dopo il promovimento dell’azione di risoluzione della stessa permuta ad opera sia di Campania Resine S.p.a. che di Mancone Immobiliare s.r.l., avesse incidenza sui presupposti e sulle condizioni dell’azione stessa, dato che essa non conferiva retroattivamente la legittimazione sostanziale e processuale alla cessionaria del contratto (tant’è che la Corte di Napoli reputa “corretta all’epoca” la pronuncia del Tribunale). Poichè l’azione diretta alla risoluzione di una permuta ha natura personale, siccome diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un contratto, al fine di conseguire una pronuncia che estingua l’effetto del reciproco trasferimento della proprietà delle cose, essa deve essere sperimentata soltanto da parte e nei confronti di chi abbia assunto una simile obbligazione. Tuttavia, la cessione del contratto di permuta avvenuta nel corso del processo avente ad oggetto la risoluzione dello stesso, al quale già partecipava, pur non avendone originariamente titolo, chi si sarebbe poi reso cessionario di esso, dà luogo ad una successione nel diritto controverso ai sensi dell’art. 111 c.p.c., di tal che il medesimo cessionario, in quanto successore a titolo particolare, è appunto legittimato a prender parte al giudizio di appello, senza che operino i limiti risultanti dall’art. 344 c.p.c. (arg. da Cass. Sez. 3, 14/03/2006, n. 5468).

6. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore della sola controricorrente MANCONE INVESTMENT SRL, non avendo svolto attività difensiva l’altra intimata CAMPANIA RESINE SPA.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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