Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7940 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. II, 28/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.28/03/2017),  n. 7940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7188/2013 proposto da:

P.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANASTASIO II N 139, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DEL BUFALO,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.B.M.E., C.F. (OMISSIS), C.F.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

110, presso lo studio dell’avvocato MARCO MACHETTA, che le

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1897/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato Del Bufalo Paolo difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’avv. Marullo Egidio con delega depositata in udienza

dell’avv. Machetta Marco difensore delle controricorrenti che si

riporta alle difese depositate;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con atto 10 luglio 2000 C.F.M. ed D.B.M.E. convennero davanti al Tribunale di Roma P.P. e Co.Lu. e, premettendo che questi ultimi si sottratti all’obbligo di trasferire in loro favore l’appartamento di (OMISSIS), chiesero che fosse pronunciata sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., ovvero la risoluzione del preliminare per inadempimento dei promittenti venditori con risarcimento dei danni.

I convenuti si opposero alla domanda, che il Tribunale invece accolse limitatamente alla richiesta di trasferimento ex art. 2932 c.c..

Le contrapposte impugnazioni, principale dei convenuti e incidentale degli attori (questi ultimi risultati soccombenti sulla domanda risarcitoria) vennero entrambe respinte dalla Corte d’Appello di Roma.

2 Questa Corte Suprema con sentenza n. 18260 del 2011 respinse il ricorso principale dei Co. – P. ed accolse invece quello incidentale proposto dai promissari acquirenti C. – D.B., con riferimento al profilo concernente il risarcimento del danno da essi subito per la mancata consegna dell’immobile promesso in vendita, rilevando che Corte di merito aveva omesso di valutare adeguatamente la documentazione inerente il danno derivante dal pagamento dei canoni dell’appartamento che essi erano stati costretti a prendere in locazione per soddisfare l’esigenza abitativa venutasi a determinare.

3 Alla riassunzione provvidero C.F.M. ed D.B.E. nei confronti di P.P. (in proprio e quale erede del coniuge Co.Lu., frattanto deceduto, nonchè quale legale rappresentante dei tre eredi minorenni, figli Co.Gi., A. ed Al.), nonchè degli altri figli ed eredi Co.Si. e M..

Si costituì in riassunzione P.P., precisando che i figli avevano rinunciato all’eredità paterna.

La Corte di rinvio, con sentenza depositata il 4.4.2012, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda risarcitoria proposta dagli attori nella misura di Euro 130.000 oltre interessi, con l’aggiunta dell’importo di Euro 900,00 mensili dal gennaio 2012 fino al rilascio dell’immobile oggetto di lite. Per giungere a tale soluzione la Corte di rinvio ha rilevato, per quanto ancora interessa;

– che il pregiudizio lamentato dagli attori consisteva nel danno emergente derivato dall’inadempimento dell’obbligazione da parte dei promittenti venditori e quindi nell’esborso delle somme corrisposte quale canone di locazione di un immobile in sostituzione di quello non potuto acquistare in tempo debito;

– che risultava comprovato un esborso totale di Euro 110.825,46 a titolo di canone a tutto il 2011, importo non contestato e documentato in via presuntiva attraverso il contratto di locazione e le ricevute rilasciate dal locatore;

– che l’importo del canone appariva congruo riguardo alle caratteristiche dell’immobile locato, sostanzialmente assimilabile a quello oggetto di lite;

– che, pur riconoscendosi la natura costitutiva della sentenza ex art. 2932 c.c. e quindi la produzione dei suoi effetti dal momento del passaggio in giudicato (dunque, nel caso di specie, dalla pronuncia della cassazione reiettiva del ricorso dei P. – Co.), tuttavia il danno era sorto in dipendenza dell’inadempimento;

– che l’importo di Euro 110.825,46 andava rivalutato in Euro 130.000,00.

4 Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.P. sulla base di tre motivi.

C.F.M. ed D.B.E. resistono con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso perchè, contrariamente a quanto sostenuto dai controricorrenti, al momento della notifica dell’impugnazione, avvenuta il 7.3.2013 (data della richiesta della formalità all’ufficiale giudiziario) il termine lungo di un anno e 46 giorni fissato dall’art. 327 c.p.c.(applicabile ratione temporis) non era ancora decorso, essendo il deposito della sentenza avvenuto il 4.4.2012.

L’errore dei controricorrenti, a ben vedere, sta nel ritenere applicabile alla fattispecie il termine lungo di “sei mesi” introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, in base ad una non corretta lettura della norma transitoria (della predetta L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1), benchè già da tempo questa Corte avesse chiarito che, quando il legislatore del 2009 afferma che le disposizioni modificative del codice di procedura civile si applicano “ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore” è evidente che intende riferirsi alla data di proposizione della domanda introduttiva del giudizio, cioè l’atto di citazione e non certo, l’atto di riassunzione (v. Sez. 2, Sentenza n. 6784 del 04/05/2012 Rv. 622149-01; v. anche Sez. 6-3, Ordinanza n. 25792 del 2011 non massimata e ancora, Sez. 6-3, Sentenza n. 14267 del 08/07/2015 Rv. 635879-01 non massimata).

2.1 Ciò premesso, e passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1218 c.c. e segg. e in particolare dell’art. 1227 c.c., rimproverando alla Corte d’Appello di avere errato nell’individuare il momento a partire dal quale computare il risarcimento spettante ai resistenti (i quali non avevano neppure precisato il giorno da cui erano stati costretti a prendere in locazione una abitazione), e nel non avere tenuto conto del concorso di colpa dei creditori nella produzione del danno.

La censura è in parte inammissibile e in parte infondata.

Inammissibile è certamente laddove introduce temi assolutamente estranei al giudizio di rinvio che, come è noto, ha un carattere “chiuso”. Infatti, nel giudizio di rinvio è inibito alle parti prendere conclusioni diverse dalle precedenti o che non siano conseguenti alla cassazione, così come non sono modificabili i termini oggettivi della controversia espressi o impliciti nella sentenza di annullamento, e tale preclusione investe non solo le questioni espressamente dedotte o che avrebbero potuto essere dedotte dalle parti, ma anche le questioni di diritto rilevabili d’ufficio, ove esse tendano a porre nel nulla od a limitare gli effetti intangibili della sentenza di cassazione e l’operatività del principio di diritto, che in essa viene enunciato non in via astratta, ma agli effetti della decisione finale della causa (tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 327 del 12/01/2010 Rv. 610815-01).

Ebbene, con la sentenza 18260/2011 questa Corte aveva delimitato l’oggetto del giudizio di rinvio, finalizzato esclusivamente a colmare la lacuna in cui era incorsa la Corte d’Appello nel non valutare adeguatamente il contratto di affitto e le ricevute di pagamento dei canoni (somme ritenute non contestate), cioè la documentazione “inerente il danno derivante dal pagamento dei canoni locativi”…. che, seppur emesse “da un soggetto terzo rispetto alle parti processuali, dovevano essere apprezzate quanto meno sul piano indiziario, unitamente agli altri elementi probatori”.

Il tema del concorso di colpa dei creditori non poteva formare oggetto di esame da parte del giudice di rinvio proprio perchè non costituiva oggetto di accertamento, stante la chiarissima delimitazione dell’indagine contenuta nella sentenza rescindente.

La censura è invece infondata sulla decorrenza del danno perchè, come già affermato da questa Corte, i danni derivati al compratore di un immobile per l’inadempimento del venditore all’obbligo di consegnarglielo, dopo l’ottenimento del trasferimento coattivo della proprietà di esso (art. 2932 c.c.), decorrono dalla data stabilita per la stipula del definitivo, sostituito “inter partes”, con identico contenuto, dalla sentenza costitutiva, e non dalla data di questa, nè dalla trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concluderlo (art. 2652 c.c., n. 2), determinante per gli effetti della sentenza rispetto ai terzi (Sez. 2, Sentenza n. 12817 del 18/12/1997 Rv. 511026-01): correttamente, quindi, la decorrenza è stata ancorata al momento della mancata consegna del bene perchè da questo momento si era reso necessario reperire di un immobile sostitutivo e dunque la sentenza impugnata è, sotto tale profilo, giuridicamente corretta.

2.2 – Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione delle norme sulle prove, in particolare dell’art. 115 c.p.c., poichè la Corte territoriale aveva errato nel valutare il danno.

La censura, che in sostanza, attacca la motivazione, è infondata.

La Corte di rinvio ha correttamente affermato che dell’intervenuto aumento di valore del bene (tra la data del preliminare e la scadenza del termine per la stipula del definitivo) non risultava fornita la prova e comunque – altrettanto correttamente – ha osservato che se anche vi fosse stato un aumento di valore, esso non può essere scomputato dall’ammontare del risarcimento dovuto ai promissari acquirenti, perchè tale aumento vi sarebbe stato anche se il contratto fosse stato rettamente adempiuto, sicchè un eventuale scomputo dal risarcimento verrebbe a porre i danneggiati in una posizione economicamente deteriore rispetto a quella che avrebbe avuto luogo in caso di tempestivo adempimento dell’obbligazione in discorso.

Come si vede, il percorso argomentativo è logicamente coerente e quindi non censurabile in questa sede.

2.3 Con il terzo ed ultimo motivo, la P. si duole della violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato rilevando che nell’atto di riassunzione i promissari acquirenti avevano chiesto la liquidazione delle somme corrispondenti ai canoni ulteriori sino al rilascio dell’immobile, senza altre specificazioni, mentre la corte territoriale ha provveduto a parametrare il danno a Euro 900,00 mensili senza considerare la possibilità di diminuzione del canone, la possibilità di trasferimento delle parti, ecc..

La censura è infondata perchè la Corte di rinvio si è attenuta esattamente alla richiesta di parte che era proprio in questo senso (v. le conclusioni trascritte a pag. 3 della sentenza impugnata), mentre al contrario, si sono rivelate solo ipotetiche le “variabili” introdotte genericamente nel motivo.

In conclusione, il ricorso va respinto con addebito di ulteriori spese alla parte soccombente.

Considerato che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accesori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 , comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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