Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7934 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. II, 28/03/2017, (ud. 23/01/2017, dep.28/03/2017),  n. 7934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28902-2012 proposto da:

C.I.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, V.PIETRO TACCHINI 32, presso lo studio dell’avvocato

FIAMMETTA GUALTIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO

TRAPANI;

– ricorrente –

contro

INCAL SRL IN LIQUIDAZIONE, P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL SUO

LIQUIDATORE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, V. CICERONE 49,

presso lo studio dell’avvocato STEFANIA NICOLETTA COSTANZO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO METAFORA;

– controricorrente –

e contro

DUE R SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE, CEM CIMAROSA EDILIZIE

MERIDIONALI SRL IN PERSONA DEL LEGALER RAPP.TE, ICLES SRL IN PERSONA

DEL LEGALE RAPP.TE, A.F. & C SRL IN PERSONA DEL LEGALE

RAPP.TE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1618/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza n. 2974 del 16 dicembre 1996, passata in giudicato, la corte di appello di Napoli, accogliendo la domanda ex art. 2932 c.c. proposta da S.A. nei confronti della società INCAL srl, trasferì a costei la proprietà di un immobile sito in (OMISSIS) a condizione, tra l’altro, “dell’accollo del mutuo fondiario di 250.000.000 che la srl INCAL andrà a contrarre con primario istituto, ovvero, in caso di mancata concessione o mancato frazionamento oppure di minore importo concesso all’Istituto mutuante – previa comunicazione da parte della promittente società alla promissaria S. – mediante regolamento anche attraverso mutuo a cura e spese della promissaria, di quanto necessario per l’ottenimento a favore della promittente dell’importo netto di Lire 250.000.000”.

Poichè con rogito del (OMISSIS) (anteriore di cinque mesi alla pronuncia della suddetta sentenza, ma posteriore alla trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. della sig.ra S.) la INCAL aveva venduto l’immobile de quo alle società Due R srl, CEM srl, Ing. F.A. & C. srl e ICLES srl, la stessa sig.ra S. introdusse, con citazione del 9 marzo 2000 rivolta alla INCAL ed alle altre società sopra nominate, un secondo giudizio tendente alla declaratoria di nullità e inefficacia del detto rogito (OMISSIS), alla declaratoria di nullità e inefficacia della relativa trascrizione ed al risarcimento dei danni. In questo secondo giudizio la INCAL, costituendosi, propose domanda riconvenzionale volta ad ottenere la determinazione delle modalità di versamento del saldo del prezzo dell’immobile ancora dovuto dalla sig.ra S.. Il tribunale di Napoli accolse la domanda principale di declaratoria di nullità e inefficacia della trascrizione del rogito (OMISSIS) nei confronti della sig.ra S. e rigettò le altre domande di costei e la domanda riconvenzionale della INCAL. Quest’ultima appellò la sentenza del tribunale partenopeo limitatamente alla statuizione di rigetto della sua domanda riconvenzionale e la corte di appello di Napoli, con sentenza n. 1618/12, ha accolto l’appello ed ha riformato in parte qua la sentenza di primo grado, assegnando alla sig.ra C.I. – figlia ed erede di S.A., deceduta nel corso del giudizio di secondo grado – il termine di gg. 90 dal passaggio in giudicato della statuizione per il versamento alla INCAL in liquidazione della somma di Euro 129.114,22 per la causale di cui alla pronuncia della corte di appello di Napoli n. 2974 del 16/12/96.

Avverso quest’ultima sentenza la sig.ra C. ha proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi, il primo relativo alla violazione dei principi in tema di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di interpretazione e qualificazione della domanda (con riferimento agli artt. 99, 112 e 342 c.p.c. e artt. 1362 e 1367 c.c.), il secondo relativo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. ed il terzo relativo alla violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. e artt. 1467 e 2932 c.c..

La INCAL ha resistito con controricorso, chiedendo la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Le società Due R srl, CEM srl, Ing. F.A. & C. srl e ICLES srl non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Ti ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.1.17, per la quale entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con i tre motivi di ricorso, che, per la loro intima connessione, possono essere illustrati congiuntamente, si argomenta che le modalità di versamento del saldo del prezzo dell’immobile trasferito ad S.A. con la sentenza del 1996 sarebbero state già compiutamente definite in tale sentenza; cosicchè la statuizione con cui la sentenza qui gravata assegna alla signora C. un termine per il versamento della somma di Euro 122.114,22 in favore della INCAL si risolverebbe nella determinazione di modalità di pagamento nuove e diverse da quelle già stabilite la pronuncia del 1996. In tal modo, secondo la ricorrente, la corte d’appello sarebbe incorsa nel vizio di ultra petizione (primo mezzo), perchè la domanda della INCAL aveva ad oggetto esclusivamente la fissazione – mediante una pronuncia di mero accertamento, e non di condanna – delle “modalità di versamento del saldo del prezzo dovuto”; avrebbe violato il giudicato formatosi sulla sentenza del 1996 (secondo mezzo), perchè avrebbe posto a carico della parte acquirente modalità di versamento del prezzo non previste in tale sentenza; avrebbe, infine, emesso una sentenza “a sorpresa” (terzo motivo), assegnando – senza aver provocato il contraddittorio delle parti sul punto – un termine di pagamento non richiesto, così, peraltro, modificando l’oggetto della prestazione dovuta dal promissario acquirente rispetto a quanto previsto nel contratto preliminare del giugno 1989 e nella sentenza che a tale contratto aveva dato esecuzione in forma specifica.

I motivi vanno giudicati infondati.

Come già ricordato in narrativa, la sentenza del 1996 disponeva che, nel caso di mancata concessione del mutuo alla INCAL, la promissaria S., una volta informata della mancata concessione del mutuo, in luogo del previsto accollo provvedesse “al regolamento di quanto necessario per l’ottenimento a favore della promittente dell’importo netto di Euro 250.000.000”.

La sentenza gravata, dopo avere accertato, con giudizi di fatto non specificamente censurati, che alla INCAL non era mai stato concesso il mutuo fondiario che la sig.ra S. si era impegnata ad accollarsi e che di tale circostanza quest’ultima era stata resa edotta “quanto meno a seguito dell’esperimento della riconvenzionale de qua” (penultima pagina della sentenza), ha interpretato la domanda riconvenzionale della INCAL (“determinare le modalità di versamento del saldo prezzo dovuto dalla signora S.A….”) come istanza di fissazione di termine ex art. 1183 c.c. per il versamento del saldo di Lire 250.000.000.

Tanto premesso, va qui ribadito, per un verso, che l’interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua e adeguata (cfr. Cass. n. 21208/05, Cass. n. 12944/12); per altro verso, che l’interpretazione della domanda giudiziale operata dal giudice di merito non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di aver accertato la erroneità di quella motivazione, sicchè, in tal caso, il dedotto errore non si configura come error in procedendo ma attiene al momento logico dell’accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Cass. 2630/14, Cass. 1545/16).

Ciò posto, il Collegio osserva che l’interpretazione offerta dalla corte d’appello in ordine alla portata della domanda giudiziale della INCAL risulta sorretta da motivazione articolata e immune da vizi logici, laddove richiama il principio di conservazione della domanda giudiziale (cfr. Cass. 15229/05) e ricorda, per un verso, che nella sentenza del 1996 non era stato indicato alcun termine per l’attuazione degli adempimenti condizionanti l’effetto traslativo e, per altro verso, che – poichè l’art. 2932 c.c., comma 2, non prevede la fissazione di un termine per l’adempimento della controprestazione del promissario acquirente – alla fissazione di tale termine deve provvedere anche di ufficio il giudice, ai sensi dell’articolo 1183 c.c., senza che in tal modo incorra nel vizio di ultrapetizione (cfr. Cass. 3926/96, Cass. 24655/07).

Il primo mezzo di ricorso va quindi disatteso.

Egualmente infondato va poi giudicato il secondo mezzo di ricorso, giacchè la fissazione alla promissaria acquirente di un termine per il pagamento alla promittente venditrice della somma di Lire 250.000.000 non si pone in contrasto con il comando giudiziale, contenuto nella sentenza del 1996, di provvedere “al regolamento di quanto necessario per l’ottenimento a favore della promittente dell’importo netto di Lire 250.000.000”, ma a tale comando giudiziale dà attuazione e concreta specificazione, individuando il “quanto necessario” nella esecuzione di un versamento pecuniario in un certo termine. Parimenti infondato va infine giudicato il terzo mezzo di ricorso, per le medesime le ragioni per le quali risultano infondati il primo ed il secondo mezzo: la fissazione di un termine per il versamento del saldo del prezzo, infatti, per un verso, doveva ritenersi compresa nel tema del decidere, in quanto implicitamente richiesta dalla INCAL, secondo la motivata interpretazione operata dalla corte d’appello in ordine al contenuto della domanda riconvenzionale di tale società; per altro verso non modifica, ma specifica, l’oggetto della prestazione dovuta dal promissario, quale definita nel contratto preliminare del (OMISSIS) e nella sentenza del 1996 che a tale contratto aveva dato esecuzione in forma specifica.

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato.

Non ricorrendo i presupposti della temerarietà dell’impugnazione non può trovare accoglimento la domanda della INCAL di condanna della ricorrente al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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