Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7925 del 20/04/2020

Cassazione civile sez. I, 20/04/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 20/04/2020), n.7925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19100/2017 proposto da:

Procura Generale della Corte di Cassazione, in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott.ssa Francesca Ceroni;

– ricorrente –

contro

G.S.A.V., elettivamente domiciliato in Roma,

Via Verbania n. 4, presso lo studio dell’avvocato Ferri Roberto,

rappresentato e difeso dall’avvocato Cecci Fabrizio, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

A.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 553/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2020 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso, in via preliminare, per la rimessione

alle Sezioni Unite, in subordine per l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Ferri Roberto, con delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.S.A.V. ha chiesto alla Corte d’appello di Cagliari di dichiarare efficace in Italia la sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Umbro del 28 ottobre 2015, che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario contratto con A.D. il (OMISSIS), per incapacità consensiva all’epoca delle nozze da parte del marito, cui aveva fatto seguito il decreto di esecutività del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Nel giudizio la A. è rimasta contumace.

La Corte ha accolto la domanda, rilevando che la sentenza ecclesiastica era passata in giudicato secondo il diritto canonico, che nel relativo procedimento era stata assicurata la corretta instaurazione del contraddittorio, che la sentenza non conteneva disposizioni contrarie all’ordine pubblico e che l’incapacità consensiva del G. era agevolmente conoscibile dalla convenuta, considerata la natura e gravità della patologia.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione. Il G. ha resistito con controricorso. La A. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7,29,30 Cost., art. 8 della Cedu, art. 7 della Carta dei diritti fondamentali, art. 22, comma 1, lett. a) e art. 46 del Reg. CE n. 2201 del 2003, L. n. 218 del 1995, artt. 64 e segg. e L. n. 121 del 1985, artt. 8 e segg., per non avere rilevato d’ufficio, a protezione privilegiata del diritto alla vita privata e familiare, la convivenza ultratriennale tra i coniugi nella specie, durata venti anni – quale causa ostativa al riconoscimento della sentenza ecclesiastica per contrasto con l’ordine pubblico.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7,29,30 Cost., artt. 167 e 797 c.p.c., come sostituito della L. n. 218 del 1995, artt. 64 e segg. e della L. n. 121 del 1985, artt. 8 e segg., per avere riconosciuto la sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale “senza minimamente articolare un qualunque ragionamento giuridico sulla posizione soggettiva della moglie che, dopo vent’anni di vita coniugale… ha visto porre nel nulla il suo matrimonio e la sua storia familiare”; il Procuratore generale contesta l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che configura la convivenza coniugale ultratriennale come oggetto di una eccezione in senso stretto su istanza di parte – nella specie non sollevata dalla A. perchè contumace nel giudizio dinanzi alla Corte fiorentina -, assumendo trattarsi di una eccezione in senso lato, doverosamente rilevabile d’ufficio dal giudice; il Procuratore Generale invita a “interrogarsi sulla giustizia dell’Indirizzo che vuole che uno stato laico si conformi alla decisione del giudice canonico, ancorchè essa sacrifichi status, diritti e aspettative della parte spesso svantaggiata del rapporto e cozzi, tra l’altro, con il sentire comune che stigmatizzi questo genere di “scorciatorie” per annullare obblighi di solidarietà coniugale e/o posto coniugale”.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6-8 della Cedu, art. 46 del Reg. CE n. 2201 del 2003 e artt. 291-292 c.p.c., per avere negato alla parte non costituita nel giudizio il diritto di vedersi riconosciuta d’ufficio dal giudice la convivenza ultratriennale, quale situazione giuridica ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità, con violazione del diritto al giusto processo, tanto più che il legislatore comunitario prevede la contrarietà all’ordine pubblico e la contumacia come cause di non riconoscibilità delle decisioni in materia matrimoniale.

In conclusione, il Procuratore Generale chiede disporsi la trasmissione degli atti al Primo Presidente per la rimessione della causa alle Sezioni Unite, stante l’ipotizzato contrasto nella giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite in ordine alla definizione della categoria delle eccezioni in senso stretto e alla loro compatibilità con la nozione di ordine pubblico, nonchè in ordine alla questione di massima e particolare importanza relativa ai diritti processuali del contumace in materia di rilievo pubblicistico; inoltre chiede rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, in relazione all’interpretazione degli artt. 22 e 46 del Reg. CE citato.

I motivi di ricorso in esame possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro connessione, e vanno respinti per le seguenti ragioni, in continuità con numerosi precedenti della Sezione (tra le altre, n. 24729 del 2018, n. 2486 del 2017).

Premesso che il Collegio ritiene di conformarsi, condividendone il contenuto, ai richiamati precedenti delle Sezioni Unite nn. 16379 e 16380 del 2014, anche quanto alla non rilevabilità di ufficio del limite di ordine pubblico alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario costituito dalla convivenza triennale delle parti come coniugi, va osservato che il Collegio neppure ritiene di dover rimettere gli atti alle Sezioni Unite affinchè risolvano il contrasto giurisprudenziale ipotizzato nel ricorso.

Le Sezioni Unite, infatti, nelle più volte richiamate sentenze “gemelle”, si sono date carico del consolidato orientamento giurisprudenziale restrittivo in tema di eccezioni in senso stretto, richiamato nel ricorso della Procura generale, concludendo tuttavia motivatamente che l’eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra appunto tra quelle che l’ordinamento riserva alla disponibilità della parte interessata; e ciò argomentando sia dalla “complessità fattuale” delle circostanze sulle quali essa si fonda e dalla connessione molto stretta di tale complessità con l’esercizio di diritti, con l’adempimento di doveri e con l’assunzione di responsabilità personalissimi di ciascuno dei coniugi, sia dalla espressa previsione della necessità dell’eccezione di parte nell’analoga fattispecie dell’impedimento al divorzio costituito dall’interruzione della separazione, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 3.

Non si ravvisano inoltre ragioni per ritenere che la rilevabilità solo ad eccezione di parte del limite di ordine pubblico in discussione contrasti con il diritto al giusto processo della parte rimasta contumace, considerato il carattere volontario della contumacia stessa, dichiarabile solo in presenza della prova della rituale notifica della domanda giudiziale.

Nè, infine, ricorrono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sulla interpretazione delle norme del regolamento CE n. 2201/2003 richiamate nel ricorso, per l’assorbente ragione che tale regolamento è “relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale” adottate in un diverso Stato membro dell’Unione Europea, non delle decisioni dei tribunali ecclesiastici.

Il ricorso va rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali attesa la natura della parte ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà dato atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2020

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