Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7922 del 28/03/2017
Cassazione civile, sez. lav., 28/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.28/03/2017), n. 7922
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9612-2011 proposto da:
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUIGI LA
PECCERELLA, EMILIA FAVATA, che lo rappresentano e difendono, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.G.P., C.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
PIETROPAOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO CRESCIMBENI,
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 508/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 06/12/2010 R.G.N. 184/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Macello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato EMILIA FAVATA;
udito l’Avvocato ANDREA PIETROPAOLI per delega Avvocato PAOLO
CRESCIMBENI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 6.12.2010, la Corte d’appello di Perugia confermava la statuizione di primo grado che aveva condannato l’INAIL a corrispondere a C.G.P. la rendita per malattia professionale, ritenendo malattia asbesto-correlata il carcinoma del colon che egli aveva denunciato.
Contro questa pronuncia ricorre l’INAIL con due motivi. Resiste C.G.P. con controriorso, illustrato da memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente lamenta violazione del T.U. n. 1124 del 1965, art. 3 per avere la Corte di merito riconosciuto la sussistenza del nesso di causalità nonostante si fosse in presenza di una malattia ad eziologia multifattoriale e l’agente patogeno dedotto in giudizio non fosse dotato di efficacia patogenetica probabile rispetto alla malattia denunciata.
Con il secondo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la Corte territoriale recepito le conclusioni del CTU, che aveva concluso in senso favorevole all’assicurato sulla scorta di considerazioni di carattere esclusivamente socio-giuridico.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente, dal momento che, al di là dell’intitolazione della rubrica, censurano la congruità della motivazione offerta dai giudici di merito a supporto dell’accertamento condotto sui fatti per cui è causa, e sono infondati.
Diversamente da quanto ritenuto in ricorso, infatti, la Corte territoriale ha formulato un giudizio di elevata probabilità circa l’efficacia patogenetica dell’ingestione inavvertita di fibre di amianto disperse nell’aria rispetto alla neoplasia denunciata (carcinoma del colon), argomentando, sulla scorta delle risultanze della CTU, dall’azione irritante e flogistica cronica esercitata sugli epiteli e sulle mucose, in sinergia con altri fattori (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata); e quanto alle conclusioni del CTU, esse, lungi dal risolversi in un criterio di verosimiglianza fondato sullo “spirito assicurativo sociale che caratterizza l’INAIL” (come stigmatizzato a pag. 12 del ricorso), poggiano sulla rilevazione, nel caso di specie, dell'”elemento topografico”, riscontrato mercè le risultanze della letteratura scientifica (correttamente distinta a seconda che escluda o sostenga che l’esposizione all’amianto incrementi il rischio di insorgenza del carcinoma del colon e con la significativa precisazione che anche i contributi di segno sfavorevole riportano analisi e rilevazioni dati non trascurabili in termini epidemiologici), l'”elemento cronologico (più di 13 anni di esposizione ad amianto)”, l'”elemento di efficienza lesiva”, ricostruito non soltanto in termini di astratta efficacia dell’agente patogeno ma altresì di adeguatezza in concreto del c.d. periodo di latenza, e l'”elemento di esclusione di altra causa” (cfr. pagg. 14-15 dell’elaborato peritale riprodotto nel corpo del controricorso).
Dovendo pertanto ritenersi che la Corte territoriale abbia congruamente dato conto del proprio convincimento, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano e distraggono come da dispositivo in favore dell’Avv. Paolo Crescimbeni, dichiaratosi antistatario.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese processuali in misura pari al 15% e accessori di legge, distratte.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017