Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7922 del 20/04/2020

Cassazione civile sez. I, 20/04/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 20/04/2020), n.7922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27554/2018 proposto da:

I.A.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Ficarra Antonino, giusta procura;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

01/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/11/2019 dal Cons. Dott. LA TORRE MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

I.A.S., cittadino del (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto n. 1517/2018 del 01/08/2018, emesso dal Tribunale di Caltanissetta – Sezione Specializzata in materia di Immigrazione e Protezione Internazionale – che, su impugnazione avverso il diniego dell’istanza di concessione della protezione internazionale e forme complementari di protezione, ha confermato la decisione di rigetto della Commissione Territoriale di Siracusa – sez. Caltanissetta.

Il Tribunale, premesso che il ricorrente non ha fugato i rilievi relativi alla credibilità e genericità delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale (aver lasciato il Paese d’origine a causa di conflitti familiari legati alla proprietà fondiaria e alle minacce subite, senza che la polizia alla quale si era rivolto, raccogliesse la denuncia), e che nessuna prova, costituenda o precostituita, concernente i motivi della sua partenza dal Paese d’origine è stata allegata, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, attesa la mancata prospettazione di rischio o pericolo di subire forme di persecuzione in ragione dell’appartenenza ad un gruppo sociale.

Parimenti – per quanto concerne la protezione sussidiaria – il Tribunale ha ritenuto non sussisterne i presupposti “atteso che non è stato prospettato dalla parte nessun rischio di subire un danno grave in caso di rientro nel paese di origine, ovvero un trattamento inumano e degradante, e non si evince, dalle fonti internazionali, l’esistenza nella regione di provenienza del ricorrente – Gunjrat una situazione di conflitto armato rilevante nè, tanto meno, alcuna situazione di violenza generalizzata o indiscriminata”.

Infine, – per quanto ancora qui rileva – il Tribunale ha escluso, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la deduzione o la semplice esposizione nonchè l’allegazione di circostanze o fatti rilevanti tali da integrare una possibile situazione di vulnerabilità.

Il Ministero, non essendosi costituito nei termini con controricorso, si costituisce ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso è affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, art. 6, comma 3, lett. A) della Convenzione dei diritti dell’Uomo, recepita con L. 4 agosto 1995, n. 848), art. 14, comma 3, lett. A) recepito dalla L. 25 ottobre 1977, n. 881, del patto internazionale relativo i diritti civili e politici, art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sulla mancata traduzione in lingua conosciuta al ricorrente del provvedimento di rigetto della commissione territoriale e del decreto del Tribunale, asserendo la nullità per mancanza di motivazione in lingua (URDU) comprensibile al ricorrente.

Il motivo va respinto.

Sebbene in tema di protezione internazionale dello straniero, la comunicazione della decisione negativa della Commissione territoriale competente, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, deve essere resa nella lingua indicata dallo straniero richiedente o, se non sia possibile, in una delle quattro lingue veicolari (inglese, francese, spagnolo o arabo, secondo l’indicazione di preferenza), determinando la relativa mancanza l’invalidità del provvedimento. Tale vizio, tuttavia, analogamente alle altre nullità riguardanti la violazione delle prescrizioni inderogabili in tema di traduzione, può essere fatto valere solo in sede di opposizione all’atto che da tale violazione sia affetto, ivi compresa l’opposizione tardiva, qualora il rispetto del termine di legge sia stato reso impossibile proprio dalla nullità (Cass. n. 16470 del 19/06/2019).

Nella fattispecie, nel corpo della censura in esame, il ricorrente afferma che il provvedimento della Commissione territoriale non sarebbe stato tradotto per intero nella cd. lingua veicolare, ma non lo riporta neanche per stralcio, con conseguente difetto di specificità del motivo.

Con il secondo ed il terzo motivo, entrambi rubricati “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1364,1365,1369,2697 c.c. e segg., artt. 115,116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” il ricorrente lamenta inesattezze, in cui sarebbe incorso il Tribunale e censura altresì la valutazione di inattendibilità avendo “il giudice ha errato di contestualizzare il racconto del ricorrente nel contesto di provenienza”.

Questi motivi sono inammissibili, poichè il ricorrente, dopo aver genericamente – nella rubrica – indicato una serie di norme asseritamente violate, propone al giudizio della Corte censure in fatto, riservate alla cognizione del giudice di merito il quale ha escluso, con motivazione coerente, il diniego delle misure di protezione richieste.

Con il quarto motivo si deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1364,1365,1369,2697 c.c. e segg., artt. 112,115,116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, per aver il tribunale omesso di pronunciarsi sul riconoscimento della protezione umanitaria.

Anche questo motivo è inammissibile per difetto di specificità, emergendo ictu oculi che il giudice ha affrontato la questione asseritamente omessa. Il ricorrente si limita peraltro a riproporre la rubrica dei due motivi precedenti, aggiungendo il riferimento all’art. 112 c.p.c., sussumendo i vizi de quibus sotto l’alveo della violazione di legge ovvero dell’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

In ogni caso, quanto al vizio di motivazione, esso è inammissibile per l’assorbente ragione secondo cui non risulta prospettato in conformità con l’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – secondo cui la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207).

Evenienze che non verificatesi nel caso di specie.

Conclusivamente il ricorso, in parte inammissibile in parte infondato, va respinto.

Il ricorso va conclusivamente rigettato. Nulla sulle spese, essendosi il Ministero costituito ex art. 370 c.p.c..

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2020

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