Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7918 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7918 Anno 2016
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26945-2010 proposto da:
COMUNE DI CAMPEGINE, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE
ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO
FURITANO che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati MARCO ZANASI, CECILIA FURITANO, giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

CASEIFICIO

AGRICOLO

DEL

MILANELLO

SOCIETA’

COOPERATIVA AGRICOLA;
– intimato –

Data pubblicazione: 20/04/2016

avverso

la

sentenza

n.

7/2010

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di PARMA, depositata il
18/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/03/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO

uditu pur il ricorrente l’Avvocato ZANA8I MARCM, nhe
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

MARIA STALLA;

Svolgimento del giudizio.
Il Comune di Campegine (RE) propone quattro motivi di ricorso avverso la
decisione n. 7/23 del 18 gennaio 2010 con la quale la commissione tributaria
regionale di Bologna, sez.staccata di Parma – a conferma della prima decisione – ha
ritenuto illegittimo il diniego opposto da esso comune ricorrente al rimborso richiesto
dalla cooperativa agricola Caseificio Agricolo del Milanello per ICI 2002/2005; tributo

un fabbricato di sua proprietà iscritto in categoria catastale D1, ma di natura rurale in
quanto utilizzato per la lavorazione dei prodotti agricoli dei soci conferenti.
Nessuna attività difensiva è stata svolta in questa sede dalla cooperativa
intimata.
Motivi della decisione.
§ 1. Con il primo motivo di ricorso il Comune deduce, ex art.360, 1^ co. n. 3
cod.proc.civ., violazione o falsa applicazione degli artt.: – 9 d.l. 557/93 conv.in I.
133/94, come modificato dall’articolo 42 bis d.i. 159/07 conv.in I. 222/07; – 23, co.1
bis, d.l. 207/08 conv.c.m. in I. 14/09; – 2, co.1 letta) e 5 co.2 d.lgs. 504/92
istitutivo dell’Id. Si lamenta, in particolare, che la CTR abbia erroneamente
affermato, nella specie, l’esenzione dall’Ici sul presupposto della natura rurale del
fabbricato della cooperativa, nonostante che tale natura (ove esistente) fosse
irrilevante a fronte di una diversa, e non contestata, classificazione catastale (D1, in
luogo di A6 o D10); così come già innumerevoli volte ritenuto dalla S.C. (SSUU
n.18565/09 ed altre).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione delle
norme di legge già menzionate in relazione al primo motivo; per avere la CTR
ritenuto provata la ruralità del fabbricato in oggetto esclusivamente in base alla
pretesa attività genericamente agricola esercitata dalla cooperativa, ma senza
valutare la sussistenza nella specie dei requisiti di cui all’art.9 co.3 bis d.i. 557/93
conv.in I. 133/94, come modificato dall’articolo 42 bis d.l. 159/07 conv.in I. 222/07 e,
segnatamente, il fatto che: – la cooperativa fosse imprenditore agricolo ex art.1 co.2
d.lgs. 228/01; – il fabbricato fosse, in concreto, necessariamente strumentale allo
svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 cod.civ. mediante sua
destinazione alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o
commercializzazione dei prodotti agricoli.
Con il terzo motivo di ricorso il Comune deduce violazione o falsa applicazione della
normativa di riferimento; in particolare, per avere la CTR omesso di considerare che
la nuova formulazione dell’art. 9 co.3 bis d.l. 557/93 conv.in 1.133/94 – come
modificato dalla norma (innovativa, non interpretativa) di cui all’art.42 bis co.1 tt.c)
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Ric.n.26945/10 rg. – Ud.dei 9 marzo 2016

che è stato dal giudice di merito ritenuto indebitamente pagato dalla cooperativa su

d.l. 159/07 conv.in I. 222/07 – relativo ai requisiti per l’attribuzione del carattere di
ruralità a fini fiscali ai fabbricati strumentali necessari allo svolgimento dell’attività
agricola, non poteva in ogni caso valere per i periodi di imposta, quali quelli qui
dedotti, anteriori alla sua entrata in vigore (2008).
Con il quarto motivo di ricorso il Comune lamenta infine – ex art.360, 1^ co. n. 5
cod.proc.civ. – che gli stessi presupposti di asserita ruralità del fabbricato (qualità di

attività strumentale allo svolgimento di attività agricola ex art.2135 cod.civ.) siano
stati apoditticamente ritenuti sussistenti, nella specie, dalla CTR, senza che
quest’ultima motivasse alcunché sulle fonti probatorie del proprio convincimento.
§ 2. E’ fondato, con effetto assorbente delle altre doglianze, il primo motivo di
ricorso.
La CTR ha ravvisato, nella specie, i presupposti dell’esenzione Ici in ragione del
fatto che il fabbricato in oggetto, di proprietà della cooperativa agricola, viene
impiegato da quest’ultima per l’attività di trasformazione dei prodotti agricoli dei soci
conferenti, così da assumere carattere di ruralità indipendentemente dalla
classificazione catastale. Secondo il ragionamento seguito dal giudice di merito,
dovrebbe desumersi dall’art.23, co.1 bis, d.l. 207/08 conv.c.m. in I. 14/09
(interpretato alla luce della sentenza della corte costituzionale 227/09), l’irrilevanza
ai fini dell’esenzione Ici della categoria catastale attribuita, senza effetto costitutivo,
ai fabbricato.
I fabbricati strumentali delle cooperative agricole, in altri termini, dovrebbero
essere esclusi dall’imposizione indipendentemente dalla loro classificazione catastale
e dalla loro collocazione urbanistica, in quanto assistiti da caratteristiche intrinseche
di ruralità.
Questa

ratio decidendi deve ritenersi errata sulla base dell’orientamento di

legittimità in tema di Ici dei fabbricati rurali, non monolitico ma largamente
prevalente, secondo cui: – per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del
trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con
attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10); sicchè l’immobile che sia stato
iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti
previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio 1994,
n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del d.l. 30
dicembre 2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma
1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; – per converso, qualora l’immobile sia
iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente,
che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la rite uta
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Ric.n.26945/10 rg. – Ud.del 9 marzo 2016

imprenditore agricolo; destinazione necessaria ed in concreto del fabbricato stesso ad

ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato; – allo stesso
modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria
catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento
del fabbricato all’Id.
Si tratta di orientamento già fissato dalla citata sentenza SSUU n. 18565/09,
secondo cui (in motiv.):

“in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI),

della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei
requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e
successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto
del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L.
n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 de11992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione
all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente
dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità
del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo
il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o 0/10 al fine
di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (Cass.
nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14); più recentemente
confermate da Cass. n. 16737/15.
Ha in particolare osservato quest’ultima pronuncia – resa in fattispecie di fabbricato
utilizzato per la manipolazione e per la trasformazione di prodotti agricoli conferiti dai
soci di una società cooperativa – che: “non ha alcuna rilevanza nel caso in esame la
questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attività diretta
alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli (conferiti dai soci come
da chiunque altro). L’esenzione dall’Ici per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio
della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei
fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione
catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10). Solo l’immobile che
sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei
requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con
modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi
del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con
modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.
504, art. 2, comma 1, lett. a). Cosicché, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa
categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta,

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Ric.n.26945/10 rg. – Ud.del 9 marzo 2016

l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione

impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo
restandovi, altrimenti, assoggettato”.
Nello stesso senso, da ultimo, Cass. 29.1.2016 n.1695.
Si è detto che l’orientamento di legittimità così delineato non è scevro da alcuni
precedenti di segno contrario (v.Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune
altre), secondo i quali l’esenzione dall’Ici dovrebbe venire riconosciuta in ragione del
solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato,

catastale.
Si tratta però di voci, largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover
disattendere; segnatamente perché non basate su una revisione critica del problema
tale da poter superare quanto già affermato dalle SSUU del 2009, cit…
Va infatti osservato come queste ultime si siano fatte carico anche dei profili di jus
superveniens

riconducibili all’emanazione di due norme rilevanti (entrambe di

efficacia retroattiva): – il co.3 bis dell’art.9 d.l. 557/93 conv.in 1.222/07, come
introdotto dall’articolo 42 bis d.l. 159/07 conv.in 1.222/07, secondo cui: “ai fini fiscali
deve riconoscersi carattere di ruralita’ alle costruzioni strumentali necessarie allo
svolgimento dell’attivita’ agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile e in
particolare destinate: (..) i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione,
valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da
cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 228; (..)”; – il co.1 bis dell’art.23 d.l. 207/08 conv.in 1.14/09,
secondo cui: “Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio
2000, n. 212, l’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità
immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i
requisiti di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive
modificazioni”,
Nel prendere in esame, in particolare, quest’ultima disposizione (successiva e
presupponente quella introdotta dall’art.42 bis cit.), le SSUU hanno tratto argomento
per affermare come la disciplina sopravvenuta, lungi da smentire la necessaria
rilevanza, ai fini Ici, della classificazione catastale, l’abbia ulteriormente confortata e
resa imprescindibile; al punto che l’obiettivo di sottrarre il fabbricato strumentale
all’imposizione di un tributo che trova il suo presupposto proprio nella natura di
fabbricato accatastato o accatastabile del cespite (artt.1 e 2 d.lgs. 504/92) è stato
perseguito dal legislatore (ex art.23 d.l. 207/08 cit.) mediante, non già l’esenz ne
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Ric.n.26945/10 rg. – Ud.del 9 marzo 2016

Il

di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classamento

dalla classificazione in categoria catastale di ruralità, bensì – e più in radice attraverso l’espunzione di tali unità immobiliari, così accatastate, dalla nozione
legislativa medesima di ‘fabbricato’.
Hanno in proposito osservato le SSUU – riaffermando la

“decisività della

classificazione catastale come elemento determinante per escludere, o affermare,
l’assoggettabilità ad Ici di un fabbricato” – che la norma da ultimo citata, di natura

interpretativa, “sostanzialmente conferma che la ruralità del fabbricato direttamente

questa conseguita classificazione l’esclusione del fabbricato (catasta/mente
riconosciuto come) rurale dalla stessa nozione di fabbricato imponibile ai fini Ici.”

Affermazione, quest’ultima, certamente valida anche nell’interpretazione del co.3
bis dell’ad.9 d.l. 557/93 cit..
Con la conseguenza che non è dato al giudice tributario investito di richiesta di
rimborso (salvo il caso, qui non ricorrente, di fabbricato non iscritto in catasto) di
accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si
sostenga l’esenzione da Id.
Nemmeno, i su richiamati precedenti giurisprudenziali di segno contrario possono
trovare condivisione alla luce dell’ulteriore jus supen/eniens costituito: – dal d.l. n. 70
del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all’art 7,
comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i
contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di
presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria
catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione,
abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocedificazione attestante
che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993,
convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall’art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n.
159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159,

“in via

continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della
domanda”; – dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22

dicembre 2011, n. 214 che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le
domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti
previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il
classamento originario degli immobili ad uso abítativo”; –

dal decreto del ministero

dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che” Ai
fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio
dell’attività’ agricola e’ attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una
delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. fini
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Ric.n.26945/10 rg. – Ud.del 9 marzo 2016

ed immediatamente rileva ai fini della relativa classificazione catastale, ma ricollega a

dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralita’ in capo ai
fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10
(Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attivita’ agricole), e’ apposta una
specifica annotazione. Per riconoscimento del requisito di ruralita’, si applicano le
disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2
Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali “; – dal d.l.

all’art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della
legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,
deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi
dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito,
con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento
dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di
ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.
Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato
dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione)
attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati,
anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una
procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura
esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili
concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione
catastale conforme.
Orbene, nel caso di specie è pacifico che il fabbricato in questione sia stato iscritto
nella categoria catastale D1 (opifici), non già A6 (abitazioni di tipo rurale) ovvero D10
(fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole); nè risulta che la
cooperativa abbia successivamente ottenuto l’inserimento del fabbricato in una
diversa categoria (propria di ruralità) mediante impugnativa del classamento
catastale così attribuitogli, ovvero ricorso alla speciale procedura, testè ricordata, ex
d.l. 70/11 conv.in 1.106/11 (la cui retroattività quinquennale non sarebbe comunque
giunta fino ad interferire con i periodi di imposta qui dedotti).
Ne segue, in definitiva, l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione
della sentenza impugnata e – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto decisione nel merito ex art.384 2^ co.cpc, mediante rigetto dell’ impugn tiva
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31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124,

proposta dalla cooperativa avverso il diniego di rimborso Ici opposto dal Comune.
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio,
stante la delicatezza della questione giuridica e la presenza di precedenti discordi.

Pq m
La Corte
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo del merito, rigetta il ricorso

introduttivo della società cooperativa;
– compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data 9 marzo
2016.

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