Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7916 del 20/04/2020

Cassazione civile sez. I, 20/04/2020, (ud. 15/11/2019, dep. 20/04/2020), n.7916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26012/2018 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Barnaba

Tortolini n. 30, presso lo studio dell’avvocato Placidi Alfredo, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Zorzella Nazzarena;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 577/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/11/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Bologna ha respinto il gravame proposto da J.M. cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come rifugiato che nella forma della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito, in una prima versione, davanti alla Commissione territoriale, di essere fuggito perchè lo zio, presso cui era andato a vivere dopo la morte del padre, lo aveva minacciato perchè non voleva che le sorelle subissero l’infibulazione; inoltre, presso questo zio, egli vedeva immagini di stregoneria, attraverso le quali lo zio diceva che lo avrebbe ucciso; in una seconda versione della sua stessa vicenda davanti al tribunale, gli zii erano diventati due, quello materno, che lo aveva curato da un mal di pancia e presso cui era rimasto due anni per aiutarlo nel lavoro dei campi e quello paterno presso cui era andato a vivere e che faceva la magia nera.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 101 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e de D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. b), in quanto, erroneamente, la Corte territoriale aveva confermato il giudizio di non credibilità delle dichiarazioni del ricorrente sulla base di elementi di fatto (la presenza di due e non di un solo zio, e i diversi luoghi dove il ricorrente avrebbe vissuto) che non erano stati presi in considerazione dal Tribunale e che non potevano essere posti a fondamento della valutazione di non credibilità senza sottoporli al contraddittorio con il richiedente; (ii) sotto un secondo profilo, in subordine, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7, 8 e art. 14, lett. b), nonchè dell’art. 132 c.p.c. e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto, il riferimento ai luoghi nei quali vivevano gli zii erano già stati precisati davanti al tribunale e un’eventuale confusione era determinata dalla soggezione del richiedente davanti al giudice e dalla evidente difficoltà comunicativa, oltre che all’analfabetismo del ricorrente in riferimento alla cronologia temporale e topografica; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto con motivazione apparente e comunque errata, basata sui medesimi difetti di credibilità soggettiva relativi alla protezione internazionale, la Corte d’appello aveva negato in via automatica la tutela umanitaria; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 26, comma 2 e art. 136, comma 2 e dell’art. 6 CEDU e degli artt. 24 e 26 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’illegittimo automatismo tra il rigetto dell’impugnazione e la revoca del patrocinio a spese dello Stato.

Il primo motivo è infondato, in quanto l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, rafforzato dall’aggiunta all’art. 101 c.p.c., comma 2, ad opera della L. n. 69 del 2009, si estende solo alle questioni di fatto, che richiedono prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti, o alle eccezioni rilevabili d’ufficio, e non anche ad una diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito (Cass. 10353/2016). Nella specie si tratta, appunto di valutazione del materiale probatorio già acquisito.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto, l’assenza totale di scolarizzazione, l’analfabetismo e la fragile personalità del ricorrente non sono fatti decisivi, ma elementi di valutazione che si affiancano agli altri, nell’ambito del complessivo giudizio di attendibilità spettante al giudice del merito.

Il terzo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è fondato, in quanto manca del tutto, nella motivazione della sentenza impugnata il riferimento specifico alla protezione umanitaria, ai suoi presupposti e alle ragioni della loro eventuale insussistenza.

Il quarto motivo è inammissibile.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “La revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 della stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato” (Cass. n. 3028/18).

In accoglimento del terzo motivo, rigettato il primo, dichiarati inammissibili il secondo e il quarto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, affinchè, riesamini specificatamente la richiesta di protezione umanitaria del ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibili il secondo e il quarto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2020

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