Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7914 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 28/03/2017, (ud. 15/12/2016, dep.28/03/2017),  n. 7914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6530/2011 proposto da:

F.A.M., C.F. (OMISSIS), F.M.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BERGAMO 43, presso

lo studio dell’avvocato ROSAMARIA CIANCAGLINI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARCELLA ROSSI, giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI, SERGIO

PREDEN, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9336/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/03/2010 R.G.N. 10958/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato ROSSI MARCELLA;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma dichiarò il diritto di F.A.M. e di F.M.M., quali eredi del genitore F.L., all’integrazione al minimo della pensione di vecchiaia erogata dallo Stato del Belgio al loro dante causa, il quale aveva risieduto in quella nazione, e condannò l’Inps al pagamento delle conseguenti differenze economiche a decorrere dall’1.9.1982 al 2.5.2005, data di decesso del F..

A seguito di impugnazione dell’Inps la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 26.11.2009 – 8.3.2010, ha riformato tale decisione ed ha rigettato la domanda dopo aver rilevato che l’integrazione al minimo poteva essere attribuita, sussistendone i requisiti, esclusivamente all’assicurato residente in Italia e non anche in Paesi della CEE. Ha spiegato la Corte che la regola della inesportabilità dell’integrazione al minimo, di cui all’allegato 2 bis del Regolamento CEE n. 1247/92, modificativo del Regolamento CEE n. 1408/71, quale prestazione speciale in danaro a carattere non contributivo, non era venuta meno per effetto del successivo Regolamento CEE n. 647/05, il quale aveva stabilito che tali prestazioni erano a carico dello Stato di residenza, così come il diritto e la misura delle medesime erano regolati esclusivamente dalla legislazione di tale Stato. Inoltre, dallo stesso tenore dell’art. 2, comma 2, del regolamento CEE n. 1247/92, contenente una disciplina transitoria, si evinceva che il principio della inesportabilità non operava per coloro i quali, avendo maturato i requisiti alla prestazione a carattere non contributivo in base al precedente regime, avessero presentato la relativa domanda entro il termine di 5 anni dall’entrata in vigore del regolamento, ossia entro il 1 giugno 1997, termine, questo, abbondantemente superato nella fattispecie. La Corte territoriale ha ritenuto, altresì, fondata l’eccezione di prescrizione dei ratei della pensione di vecchiaia maturati in epoca antecedente al decennio precedente alla presentazione della relativa domanda.

Per la cassazione della sentenza ricorrono F.A.M. e F.M.M. con un solo motivo.

Resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un solo motivo le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, paragrafo 2, del Regolamento CEE n. 1247 del 30 aprile 1992, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, esponendo quanto segue: – Il loro genitore F.L., divenuto invalido a causa della silicosi contratta in miniere di carbone nel Belgio, aveva ottenuto dal competente organismo belga (FNROM), con decorrenza 1.6.1959, la pensione d’invalidità nel regime speciale belga istituito a beneficio dei minatori. Tale pensione gli era stata poi trasformata in pensione di “retraite”, cioè di anzianità, a decorrere dall’1.9.1978, dopodichè, in data 29.9.2004, il medesimo dante causa presentava domanda di pensione di vecchiaia per il periodo di contribuzione accreditato in Italia (327 settimane). Nelle more dell’istruttoria il F. chiedeva l’attribuzione dell’integrazione al trattamento minimo sulla pensione da liquidare. Con provvedimento dell’1.2.2006, dunque dopo il decesso del loro dante causa, avvenuto il 2.5.2005, l’Inps concedeva la pensione di vecchiaia con decorrenza dall’1.9.1982 (60^ anno di età del richiedente), limitando il pagamento degli arretrati al decennio precedente la domanda del 29.9.2004, mentre rifiutava l’integrazione al minimo, in quanto tale prestazione non era erogabile fuori del territorio nazionale.

2. Tanto premesso, le ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello, nel respingere la domanda, non avrebbe considerato che la stessa si fondava sul messaggio Inps n. 33500 del 21.9.1998, in base al quale le pensioni belghe del regime minerario rappresentavano, per la loro natura risarcitoria equiparabile alle rendite per inabilità permanente erogate dall’Inail ed escluse dall’imposizione, un reddito ininfluente ai fini dell’integrazione al trattamento minimo della pensione italiana, che può essere chiesta anche dagli eredi. Aggiungono le ricorrenti che nemmeno poteva operare il limite temporale di cinque anni posto dal regolamento CEE n. 1247/92 per la rivendicazione del beneficio o per la salvezza di quanto già acquisito, dal momento che il diritto del loro dante causa esisteva già prima dell’entrata in vigore (1 giugno 1992) del predetto regolamento, decorrendo la prestazione dal 1 settembre 1982. Inoltre, solo coi messaggi n. 33500 del 21.9.98, n. 202 del 29.7.02 e n. 25539 del 30.6.04, quando già erano in vigore le norme del regolamento sopra richiamato, l’Inps aveva dato le indicazioni operative per l’esame dei diritti pensionistici degli ex minatori del Belgio colpiti da malattia professionale, aventi decorrenza antecedente all’entrata in vigore dello stesso regolamento. Quindi, se era vero che l’integrazione al trattamento minimo, in quanto prestazione speciale a carattere non contributivo, era inesportabile in paesi membri dell’Unione Europea diversi dall’Italia e se era esatto che, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1247/92 il predetto divieto riguardava anche i soggetti che, avendo maturato i requisiti prima dell’entrata in vigore di tale regolamento, non avevano presentato la domanda entro il termine di cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento (1.6.1992), era altresì vero, secondo il presente assunto difensivo, che il diritto del F. esisteva incontestabilmente alla data di decorrenza della prestazione stessa e il fatto che non era stato esercitato era dipeso solo dalla mancanza di tempestive ed appropriate istruzioni da parte dell’istituzione competente.

3. Il ricorso è infondato.

Occorre, anzitutto, rilevare che, fermo restando che non viene impugnata la statuizione concernente la prescrizione, le ricorrenti fanno discendere la natura indennitaria della prestazione goduta dal loro dante causa (in origine era una pensione di invalidità per silicosi contratta nelle miniere belghe, prima della sua trasformazione in pensione di anzianità), come tale ininfluente ai fini della integrazione al trattamenteo minimo della pensione italiana, dai messaggi dell’Inps del 1998, del 2002 e del 2004 al fine di escluderne l’incidenza nel computo del reddito utile per la predetta integrazione. Inoltre, le ricorrenti escludono che potesse ravvisarsi la decadenza dalla domanda, sia perchè il diritto del loro dante causa era sorto diversi anni prima (1982) della stessa regolamentazione CEE richiamata in sentenza, sia perchè i messaggi dell’Inps erano successivi al termine di scadenza dell’1/6/97 (data ultima entro la quale sarebbe stato possibile presentare la domanda di conseguimento della prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Regolamento (CEE) n. 1247/92 del Consiglio, del 30aprile 1992, che modifica il regolamento (CEE) n. 1408/71), sia perchè la risoluzione ministeriale che la disciplinava in concreto era stata emessa solo pochi mesi prima, vale a dire il 3.3.1997.

4. Orbene, tali censure non scalfiscono il dato normativo di fondo rappresentato dalla norma di cui all’art. 10-bis, comma 1, del Regolamento (CEE) n. 1247/92 sulla inesportabilità all’estero della speciale prestazione dell’integrazione al trattamento minimo, atteso che le stesse investono la diversa questione della non computabilità di un determinato emolumento indennitario ai fini della soglia del trattamento minimo da integrare.

Invero, per quel che concerne la cosiddetta inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive, tra cui in particolare l’integrazione al minimo dei trattamenti pensionistici, si rileva che la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contempla un principio per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, e dunque sono inesportabili negli Stati membri dell’Unione europea. Per l’Italia, tra le prestazioni inesportabili si ricomprendono: le pensioni sociali; le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili; le pensioni e le indennità ai sordomuti; le pensioni e le indennità ai ciechi civili; l’integrazione della pensione minima; l’integrazione dell’assegno di invalidità; l’assegno sociale; la maggiorazione sociale.

5. Infatti, il Regolamento (CEE) n. 1247/92 del Consiglio, del 30 aprile 1992, che ha modificato il regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, ha previsto all’art. 1, punto 4), l’inserimento dell’articolo 10 bis (Prestazioni speciali a carattere non contributivo) che stabilisce quanto segue: -1. Nonostante l’art. 10 e il titolo 3^, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’art. 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purchè tali prestazioni siano menzionate nell’allegato 11 bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell’istituzione del luogo di residenza.

Inoltre, al successivo punto 6) è inserito l’allegato seguente: “Allegato 2 bis (art. 10 bis del regolamento) che alla lettera A. elenca per il Belgio le seguenti prestazioni: a) Gli assegni per minorati (L. 27 febbraio 1987). b) Il reddito garantito alle persone anziane (L. 10 aprile 1969). c) Le prestazioni familiari garantite (L. 20 luglio 1971).

Invece, alla lettera H, per l’Italia sono richiamate le seguenti provvidenze: a) La pensione sociale ai cittadini senza risorse (L. 30 aprile 1969, n. 153). b) Le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili (L. 30 marzo 1974, n. 118, L. 11 febbraio 1980, n. 18 e L. 23 novembre 1988, n. 508). c) Le pensioni e indennità ai sordomuti (L. 26 maggio 1970, n. 381 e L. 23 novembre 1988, n. 508). d) Le pensioni e indennità ai ciechi civili (L. 27 maggio 1970, n. 382 e L. 23 novembre 1988, n. 508). e) L’integrazione al trattamento minimo (L. 4 aprile 1952, n. 218, L. 11 novembre 1983, n. 638 e L. 29 dicembre 1990, n. 407). f) L’integrazione dell’assegno di invalidità (L. 12 giugno 1984, n. 222). g) L’assegno mensile per assistenza personale e continua ai pensionati per inabilità (L. 12 giugno 1984, n. 222).

6. Orbene, come è dato vedere, l’integrazione al trattamento minimo è prevista dall’allegato 2 bis per l’Italia, ma non per il Belgio, per cui il dante causa delle odierne ricorrenti, il quale risiedeva in quest’ultima nazione ove aveva conseguito la pensione, così come evidenziato nell’impugnata sentenza, non poteva avere diritto ad integrarla in conseguenza della esportazione di una prestazione speciale, quale l’integrazione al trattamento minimo, non prevista nello Stato di residenza e che, in base alla summenzionata norma regolamentare, avrebbe potuto essere erogata solo dall’istituzione di residenza.

Per quel che concerne, invece, il termine di scadenza del regime transitorio si osserva che lo stesso è contemplato dal citato regolamento del 1992 che all’art. 2 stabilisce quanto segue:

1. L’applicazione dell’art. 1, non può avere per effetto la soppressione di prestazioni erogate anteriormente all’entrata in vigore del presente regolamento da parte delle istituzioni competenti degli Stati membri in conformità del titolo 3^ del regolamento (CEE) n. 1408/71, e a cui si applicano le disposizioni dell’art. 10 del medesimo regolamento.

2. L’applicazione dell’art. 1, non può avere per effetto il rifiuto della domanda di una prestazione speciale a carattere non contributivo, accordata a complemento di una pensione, presentata dall’interessato che soddisfaceva le condizioni per la concessione di detta prestazione prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, anche se egli risiede nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato competente, a condizione che la domanda di prestazione sia presentata entro un termine di 5 anni dall’entrata in vigore del presente regolamento.

Ebbene nella fattispecie, come è stato correttamente rilevato nell’impugnata sentenza, sia che si abbia riguardo alla domanda di pensione di vecchiaia per il periodo di contribuzione accreditato in Italia, risalente al 2004, sia che si faccia riferimento alla domanda di integrazione al minimo del 2005, il suddetto termine legale di decadenza era ampiamente trascorso (1997), con conseguente operatività del richiamato principio della inesportabilità, nè vi era stato un ostacolo giuridico alla presentazione della domanda entro il termine del quinquennio previsto dall’art. 2, comma 2, dl regolamento CEE n. 1247/02.

7. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza delle ricorrenti e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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