Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7914 del 20/04/2016
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7914 Anno 2016
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
SENTENZA
sul ricorso n. 24889/08 proposto da:
Agenzia
delle
rappresentante
Entrate,
pro tempore,
in persona
del
legale
elettivamente domiciliato
in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente contro
Cassa di Risparmio di Rieti S.p.A., in persona del suo
legale rappresentante pro tempore,
Rinaldi Alessandro,
elettivamente domiciliata in Roma, Via Sicilia n. 66,
presso lo Studio degli Avv.ti Augusto Fantozzi e
Francesco Giuliani, giusta procura delega in calce al
Data pubblicazione: 20/04/2016
controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 64/37/07 della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 12 luglio
2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 marzo 2016 dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. dello Stato Gianni De Bellis, per la
ricorrente;
udito gli Avv.ti Augusto Fantozzi e Francesco Giuliani,
per la controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 64/37/07, depositata il 12
luglio 2007, la Commissione Tributaria Regionale del
Lazio,
in totale riforma della decisione della
Commissione
Tributaria
Provinciale di
Rieti
n.
164/01/04, annullava l’avviso di accertamento n.
88030000516 IRPEG ILOR 1997 e la derivata cartella di
pagamento n. 09609620040000414767 IRPEG ILOR 1997
emessi nei confronti della contribuente Cassa di
Risparmio di Rieti S.p.A.
•
Con l’avviso di accertamento, fonte d’innesco un PVC
della G.d.F., venivano ripresi a tassazione interessi
moratori non contabilizzati per £ 45.924,23, relativi a
crediti maturati nei confronti di Unione Manifatture
S.p.A., oltreché considerata «indebita» la deduzione
di £ 1.472.645.631 conseguente alla cessione di crediti
S.p.A., operazione, quest’ultima, che l’Ufficio
riteneva elusiva ai sensi dell’art. 37
bis d.p.r. 29
settembre 1973, n. 600, applicabile ratione temporis.
La CTR annullava l’opposto avviso di accertamento
perché lo stesso, in violazione dell’art. 37
bis, comma
4, d.p.r. n. 600 cit., era stato notificato prima che
fossero trascorsi sessanta giorni dal ricevimento della
lettera di chiarimenti richiesti alla contribuente.
Difatti, i giorni trascorsi erano stati invece
cinquantaquattro.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate
proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro
motivi.
La contribuente resisteva con controricorso.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 37
bis d.p.r. n. 600 cit., sollevata ex officio da questa
Corte con ordinanza n. 24739 del 2013, veniva
dichiarata infondata da Corte cost. con sentenza n. 132
del 2015, ritenendosi non contraria a Costituzione la
previsione di una sanzione di nullità per la mera
violazione del termine dilatorio di giorni sessanta,
quest’ultimo stabilito a favore del contribuente per
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«svalutati» a favore, ancora, di Unione Manifatture
consentire allo stesso l’esercizio del contraddittorio
cosiddetto <
preventivo.
La controversia veniva pertanto restituita a questa
Corte per la decisione.
Entrambe le parti si avvalevano della facoltà di
Diritto
1.
La contribuente ha eccepito l’inammissibilità
dell’impugnazione ex adverso <
ricorso per cassazione non vi fosse una sufficiente
esposizione dei fatti di causa e altresì che fosse
mancata la trascrizione degli atti ivi richiamati.
L’eccezione è però infondata perché,
anche con
riferimento al contenuto dei motivi, l’esposizione dei
fatti rilevanti ha consentito di comprendere senza
incertezze il tema della decisione e le corrispondenti
censure (Cass. sez. VI n. 1926 del 2015; conforme:
Cass.
sez.
Il n.
7825 del 2006).
L’eccezione è
infondata anche sotto l’altro denunciato profilo, in
quanto il contenuto rilevante dei richiamati documenti
é stato oggetto <
il ridetto contenuto costituisce presupposto di fatto
incontestato della trascritta impugnata sentenza (Cass.
sez. trib. n. 14784 del 2015; Cass. sez. III n. 8569
del 2013).
2. Con il secondo motivo, ma da esaminarsi per primo in
ragione
della
sua
precedenza
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logico
giuridica,
depositare memoria.
l’Ufficio censurava la sentenza denunciando in rubrica
<
la irrilevanza del rispetto del procedimento previsto
dall’art. 37
bis,
comma 4, d.p.r. n. 600 cit.,
comunque, l’abuso del diritto, secondo le indicazioni
della Corte di Giustizia Europea, oltreché di codesta
Corte>>. L’illustrazione del motivo, terminava col
seguente quesito: <
Il motivo è inammissibile perché «tacitamente» basato
sulla esistenza di una elusione, un’elusione in realtà
contestata e comunque non accertata, cosicché l’Ufficio
avrebbe dovuto censurare la sentenza per violazione
dell’art. 112 c.p.c.
3. Con il quarto motivo di ricorso, ancora da
esaminarsi
preventivante,
l’Ufficio
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censurava
la
«prevalendo la necessità di reprimere l’elusione, e,
sentenza denunciando in rubrica «In ulteriore
subordine: violazione e falsa applicazione, sotto altro
profilo, dell’art. 37
bis,
comma 4, d.p.r. 29.9.1973,
n. 600 in relazione all’art. 360, comma l, n. 3
c.p.c.>>, nella sostanza deducendo la natura non
perentoria del termine dilatorio di giorni sessanta
e comunque sostenendo nella concreta fattispecie la sua
irrilevanza. E ciò sia perché la contribuente mai aveva
manifestato l’intenzione di avvalersi dello stesso per
difendersi in modo scritto o orale e sia perché la
contribuente mai aveva spiegato in quale modo avrebbe
utilizzato i pochi giorni rimasti e sia perché la
«imminente scadenza del termine di decadenza per la
rettifica dell’annualità 1997>> giustificava il mancato
rispetto dei sessanta giorni. Il quesito sottoposto era
il seguente: «Se possa ritenersi rispettato da parte
dell’Ufficio l’obbligo di chiedere chiarimenti
contenuti nell’art. 37 bis,
coma 4, d.p.r. n. 600/73
in un caso in cui al contribuente sia stato concesso un
termine per fornire chiarimenti di 54 giorni,
giustificato dall’imminente scadenza del termine
perentorio per la notifica dell’avviso, termine di cui
il contribuente non si sia avvalso né se ne sia doluto
in sede di ricorso e se conseguentemente sia
illegittima la sentenza che annulli l’avviso di
accertamento per violazione della disposizione citata
in un caso come di specie>>.
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stabilito dall’art. 37 bis, comma 4, d.p.r. n. 600 cit.
3.1. La contribuente ha eccepito l’inammissibilità del
motivo per difetto di autosufficienza, sia per mancanza
di trascrizione <
perché il motivo presuppone accertamenti di fatto
preclusi nel giudizio di legittimità.
L’eccezione è però infondata perché i fatti posti
legge, come ad es. il ravvicinato spirare del termine
di decadenza dall’accertamento o la scadenza del
termine dilatorio di cui all’art. 37
d.p.r. n. 600 cit., sono
bis,
comma 4,
inter partes pacifici e gli
stessi sono stati senza contestazione presupposti come
certi nell’impugnata sentenza.
3.2. Il motivo è peraltro infondato.
3.3. Occorre in primo luogo rammentare che di recente
le Sezioni Unite di questa Corte sono intervenute nel
senso di distinguere la disciplina del contraddittorio
amministrativo che deve precedere la notifica dell’atto
impositivo, a seconda del tributo oggetto di
accertamento (Cass. sez. un. n. 24823 del 2015). In
sintesi soltanto con riferimento ai tributi
<
nell’ordinamento italiano alla disciplina emersa dalle
decisioni della Corte di Giustizia Europea, secondo cui
il preventivo contraddittorio amministrativo deve
ritenersi obbligatorio a pena di nullità <
contribuente provi l’esistenza di valide ragioni
difensive che avrebbero potuto farsi valere in sede di
contraddittorio cosiddetto <
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dall’Ufficio a base della denuncia di violazione di
giust. UE n. 349 del 2008; Corte giust. UE n. 129 del
2014). Laddove invece per i tributi diversi da quelli
<
contraddittorio cosiddetto <
costituisca regola generale e che pertanto lo stesso
sia obbligatorio e sanzionato soltanto nei casi in cui
senza che il contribuente sia tenuto a dimostrare che
prima dell’instaurarsi del giudizio avrebbe potuto
opporre all’Ufficio valide ragioni.
3.4.
E’ stata quindi dismessa la soluzione trovata
dalle precedenti Sezioni Unite della Corte, che era
stata quella di ritenere «immanente>> anche nel nostro
ordinamento la obbligatorietà del contraddittorio
amministrativo tutte le volte in cui un atto erariale
fosse <
un. n. 19667 del 2014). Soluzione che avrebbe avuto
l’effetto di rendere omogenea la disciplina italiana a
quella europea, sotto il fondamentale aspetto del
riconoscimento del diritto del contribuente di
rappresentare le proprie ragioni prima
dell’instaurazione del giudizio e quindi anche nella
direzione di una maggiore realizzazione del principio
di «buon andamento>> della pubblica amministrazione ex
art. 97, coma 2, Cost. e che è norma in tutto omologa
alla previsione contenuta nell’art. 41, comma 2, lett.
a), Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
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sia stato espressamente previsto e in quest’ultimi
3.5. Del resto anche Corte cost. n. 132 cit. ha
respinto il suggerimento formulato da questa Corte di
verificare, conformemente alla regola europea che come
ricordato si rinviene in Corte giust. UE n. 129 cit.,
se anche nel nostro ordinamento l’invalidità
conseguente
alla
violazione
dell’obbligo
del
dovesse ritenersi subordinata alla dimostrazione della
possibilità di rappresentare al Fisco valide ragioni
difensive.
3.6. Invero la massima ufficiale di Corte giust. UE n.
129 cit. per cui <
3.7. Ad ogni modo il combinato esito delle più vicine
Sezioni Unite n. 24823 cit. e di Corte cost. n. 132
cit. è nel segno della costruzione di una disciplina
«binario» che le imposte dirette qui in discussione
sono nel presente tenute a percorrere, porta a ritenere
che le forme del contraddittorio stabilite dall’art. 37
bis,
comma 4, d.p.r. n. 600 cit. siano comunque e
sempre a pena di nullità e cioè senza alcuna
possibilità scriminante in casi di violazione dello
stesso meramente formale o comunque irrilevante.
4. Con il terzo motivo di ricorso l’Ufficio censurava
la sentenza denunciando in rubrica <
deducendo che il PVC <
della <
bis, coma 4, d.p.r. 600 cit. Il quesito sottoposto era
il
seguente:
<
elusiva una operazione economica e se conseguentemente
sia illegittima la sentenza che annulli l’avviso di
accertamento per violazione della disposizione
citata>>.
4.1. La contribuente ha eccepito l’inammissibilità del
motivo, per aver l’Ufficio con lo stesso censurato in
circa il «mancato adempimento, da parte dell’Ufficio,
all’onere della richiesta di chiarimenti prevista
dall’art. 37 bis, comma 4, d.p.r. n. 600/73».
L’eccezione è infondata perché i fatti sui quali
l’Ufficio ha fondato la censura di violazione di legge
sono
inter partes
pacifici e consistenti nella
circostanza che nessuna richiesta di chiarimenti era
stata trasmessa e tanto che la tesi in diritto è che
non ce ne fosse bisogno perché l’operazione elusiva era
stata contestata nel PVC.
4.2. Il motivo è peraltro infondato alla luce della
condivisibile giurisprudenza secondo la quale la
richiesta di specifici chiarimenti è strumentale al
realizzarsi del contraddittorio cosiddetto
«endoprocessuale» previsto dall’art. 37 bis, comma 4,
d.p.r. n. 600 cit. In effetti, senza una preventiva
richiesta di specifici chiarimenti, al contribuente non
è in radice permesso alcun esercizio del ridetto
contraddittorio amministrativo (Cass. sez. trib. n. 693
del 2015; Cass. sez. trib. n. 406 del 2015).
5. Con il primo motivo di ricorso l’Ufficio censurava
la sentenza denunciando in rubrica «Rilievo A):
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realtà un accertamento di fatto compiuto dalla CTR
violazione e falsa applicazione dell’art. 37 bis, comma
4, d.p.r. 29.9.1973 n. 600, comma 1, n. 3 c.p.c.>>,
deducendo in proposito che la nullità dell’impugnato
avviso per violazione delle forme di cui all’art. 37
bis, comma 4, d.p.r. n. 600 cit. non poteva riguardare
la ripresa a tassazione degli interessi moratori non
era stata accertata come operazione elusiva. Il quesito
sottoposto era il seguente: <
fiscale. La concreta fattispecie ricade quindi nella
disciplina di cui all’art. 12, comma 7, 1. 27 luglio
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contabilizzati e questo perché la ripresa in parola non
2000, n. 212, con la conseguenza che il mancato
rispetto del termine dilatorio di giorni sessanta ivi
previsto comporta la nullità dell’avviso anche con
riferimento al recupero d’imposta in parola e ciò a
cagione della difformità dal modello procedimentale di
accertamento dei tributi
ex lege previsto (Cass. sez.
2014). E con l’importante aggiunta, sempre per
inserzione della richiamata giurisprudenza, per cui la
violazione del termine dilatorio di giorni sessanta non
può essere scriminata dal semplice approssimarsi della
decadenza del potere di accertamento dell’imposta. E
questo perché, la «particolare e motivata urgenza»
che consente di derogare al termine dilatorio può
essere soltanto quella che non sia dipesa da ritardi
«interni» all’Amministrazione (Cass. sez. un. n.
18184 cit.; Cass. sez. VI n. 14287 del 2014).
6. La complessità delle questioni trattate, anche
evidenziata dai plurimi interventi delle Sezioni Unite
della Corte, induce il Collegio a compensare
integralmente le spese di ogni fase e grado.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa integralmente le
spese di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 9 marzo 2016
un. n. 18184 del 2013; Cassa. sez. trib. n. 24316 del