Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7911 del 19/03/2021

Cassazione civile sez. III, 19/03/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 19/03/2021), n.7911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27714/2019 proposto da:

O.E., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppina Marciano;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 5151/2019 del TRIBUNALE DI TORINO, depositato

il 07/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, O.E., cittadino (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Torino, reso pubblico in data 7 agosto 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale, a sua volta, respingeva la domanda volta ad ottenere il riconoscimento, in via gradata, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. – Il Tribunale di Torino, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) le dichiarazioni del richiedente (esser fuggito dal Paese di origine per il rischio di essere ucciso dal suocero membro della setta degli (OMISSIS), dopo la morte della moglie di parto, del cui decesso era stato accusato dai familiari di lei, venendo quindi picchiato e ferito dopo essersi rifiutato, in quanto di religione (OMISSIS), di giurare sull’altare di una dea di non essere colpevole e di deporvi le spoglie della moglie) erano inverosimili e non credibili, oltre che contraddittorie e generiche; b) non sussistevano, quindi, le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); c) in base ai rapporti EASO del giugno 2017 e Amnesty International del gennaio 2018, la situazione di pericolo segnalata in (OMISSIS) per le attività terroristiche del gruppo (OMISSIS) non riguardavano in particolare (OMISSIS), nell'(OMISSIS), zona di provenienza del richiedente; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in ragione della non credibilità del richiedente.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo e discusso in punto di mancata considerazione, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, della effettiva situazione sociale, politica ed economica e sulla pericolosità sociale in (OMISSIS), non avendo il Tribunale tenuto conto, nell’apprezzamento del “grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato”, delle informazioni del sito “(OMISSIS)” del Ministero degli esteri dell’aprile 2019, ma soltanto di notizie inerenti all’anno 2018.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso va, anzitutto, esaminato in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) giacchè in tal senso sono esclusivamente orientate le doglianze e, in ogni caso, non essendovi alcuna censura in punto di inattendibilità della storia personale narrata dal medesimo richiedente, ciò che preclude l’esame nel fondo di una denuncia concernente il mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Quanto alla censura proposta, essa è inammissibile in quanto, per un verso, la valutazione, da parte del giudice del merito (cfr. sintesi nel “Rilevato che” e pp. 2/4 del decreto), della situazione oggettiva dell'(OMISSIS), zona di provenienza del richiedente, è stata effettuata, in rapporto ai presupposti di riconoscimento della protezione di cui al citato art. 14, lett. C in base a COI aggiornate e attendibili, mentre, per altro verso, il ricorrente censura in modo generico e non congruente tale apprezzamento di fatto, richiamando unicamente un articolo del sito “(OMISSIS)”, che – oltre ad essere riportato in uno stralcio minimo e dal quale, comunque, non si desumono affatto elementi contrastanti con l’accertamento del Tribunale – non è tale da scalfire le risultanze tratte dal giudice di merito in base alle indicate fonti, giacchè lo scopo e la funzione da esso assolta non coincide, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti di protezione internazionale (Cass. n. 8819/2020).

2. – Con il secondo mezzo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame sui presupposti del rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari, con violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 avendo il Tribunale omesso di operare la necessaria comparazione tra l’integrazione del richiedente in Italia e la situazione di compromissione dei diritti umani in caso di suo rimpatrio in (OMISSIS).

2.1. – Il secondo motivo è fondato.

In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass., S.U., n. 29459/2019). A tal riguardo, il giudice di merito, nel procedere alla tale comparazione, non potrà riconoscere al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dell’isolata e astratta considerazione del suo livello di integrazione in Italia, ma dovrà coniugare, quella considerazione, con l’esame del modo in cui l’eventuale rimpatrio (e dunque il contesto di generale compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza) verrebbe a incidere sulla vicenda personale dell’interessato, avuto riguardo alla sua storia di vita e al grado di sviluppo della sua personalità.

A fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass. n. 13897/2019; Cass. n. 20335/2020).

Nella specie, il Tribunale (cfr. sintesi al “Rilevato che” e p. 10 del decreto impugnato) – con una motivazione incentrata essenzialmente sul profilo della non credibilità del richiedente quanto alla propria storia personale – ha totalmente trascurato di approfondire e circostanziare la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, al fine di attestare (anche attraverso l’individuazione delle specifiche fonti informative suscettibili di asseverare le conclusioni assunte) che il ritorno del richiedente nel proprio paese non valga piuttosto a esporlo al rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona; e tanto, indipendentemente dalla circostanza che tale rischio possa farsi risalire (o meno) a fattori di natura economica, politica, sociale, culturale, etc. (Cass. n. 20335/2020, citata). La motivazione adottata dal giudice di merito si palesa, dunque, meramente apparente e tale, quindi, da non integrare il c.d. “minimo costituzionale” (Cass., S.U., n. 8053/2014).

3. – Va, dunque, dichiarato inammissibile il primo motivo, mentre deve trovare accoglimento il secondo motivo, con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvio della causa al Tribunale di Torino, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo;

cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2021

 

 

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