Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7910 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7910 Anno 2016
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura
generale dello Stato che la rappresenta e la difende per legge;
– ricorrente —
Contro
Scaltritti Paolo, anche quale legale rappresentante della ora cessata società G. Bassetti s.a.s. di Scaltritti Paolo & C., elettivamente domiciliato
in Roma, viale America 11„ presso l’avv. Massimo Biancolillo, che, unitamente agli avv.ti Antonella Maccioni e Laura Foletto, lo rappresenta e
difende giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente —
Passeri Alberto
– intimato —
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Milano), Sez. 38, n. 122/38/09 del 12 maggio 2009, depositata
1’8 luglio 2009, notificata il 30 dicembre 2009;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 9 marzo 2016 dal Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Giahmario Rocchitta per l’Avvocatura Generale dello Stato e
l’avv. Massimo Biancolillo per la parte controricorrente;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione di un provvedimento di diniego
del condono chiesto dalla società contribuente per gli anni dal 1997 al
2001 ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, legge n. 289 del 2002. La società

Data pubblicazione: 20/04/2016

Oggetto:
Condono ex art. 9,
comma 3 bis, legge n.
289 del 2002. Annualità
nella quale per la cessazione dell’attività sociale non sono applicabili
gli studi di settore. Questione regolata dal
comma 15 dell’art. 9,
legge n. 289 del 2002.

sosteneva di aver documentalmente provato per gli anni dal 1997 al
2000 ricavi e compensi di ammontare non inferiore a quelli determinabili
sulla base dei parametri o degli studi di settore: per l’anno 2001 riteneva non fossero applicabili gli studi di settore avendo allora la società
cessato la propria attività, affermando che in ogni caso l’adesione al
condono doveva giudicarsi corretta. L’Ufficio nel costituirsi in giudizio affermava che l’anno contestabile doveva considerarsi solo il 2001, risultando corretta la definizione per l’anno 2000 e non più accertabili gli anni dal 1997 al 1999.
l’art. 9, comma 3-bis, legge n. 289 del 2002 l’annualità d’imposta relativa al 2001, avendo in tale anno la società cessato la propria attività, riteneva tuttavia che la società, tenuto conto della doverosità di includere
nella domanda di condono tutti i periodi di imposta dichiarati entro il 31
ottobre 2002, aveva corrisposto il “minimo di legge” versando l’importo
più alto tra quelli previsti dai comrni 3 e 3-bis della citata norma. La decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, che rigettava l’impugnazione dell’Ufficio che aveva richiamato l’applicabilità nella
specie del comma 15, dell’art. 9, legge n. 289 del 2002.
Avverso tale sentenza l’amministrazione propone ricorso per cassazione
con unico motivo. Resiste la società contribuente con controricorso, illustrato con memoria e corredato da deposito della nota spese.
Con ordinanza del 9 luglio 2015, notificata il 29 settembre 2015, questa
Corte ordinava l’integrazione del contradditorio nei confronti dei soci della società cessata e avendo a tanto provveduto l’amministrazione con
atto notificato il 26 novembre 2015 a Scaltritti Paolo, socio accomandatario (peraltro, già costituito nel presente giudizio in proprio oltre che
nella qualità di legale rappresentante della società cessata) e a Passeri
Alberto, socio accomandante (che, tuttavia, non si è costituito), la causa
viene chiamata per l’odierna udienza.
MOTIVAZIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’amministrazione denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 9, commi 3-bis e 15, I. n. 289 del 2002, in
quanto la definizione automatica doveva ritenersi non perfezionata in
ragione della non corrispondenza dei dati contenuti della dichiarazione
originariamente presentata – cessazione dell’attività nell’anno 2001 e
quindi inapplicabilità della disposizione di cui al comma 3-bis del citato
art. 9 – e quelli sui quali la domanda di condono è fondata. Peraltro, diversamente da quanto affermato dal giudice di merito, la definizione
dell’anno 2001, ai sensi del pur inapplicabile comma 3-bis, non era la
sola strada perché non venisse pregiudicato il diritto al condono della

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La Commissione adita, pur riconoscendo non condonabile ai sensi del-

contribuente, la quale avrebbe potuto ricorrere per il 2001 alla procedura ordinaria prevista dall’art. 8 della stessa legge.
2. La censura è fondata. La disposizione effettivamente applicabile nel
caso di specie è rappresentata dall’art. 9, comma 15, secondo periodo,
legge n. 289 del 2002 secondo cui la definizione automatica non si perfeziona se essa si fonda su dati non corrispondenti a quelli contenuti nella dichiarazione originariamente presentata.
2.1. Orbene che nella fattispecie una tale non corrispondenza vi stia sta-

cietà contribuente ha dichiarato di non potersi avvalere della definizione
ex art. 9, comma 3-bis, della citata legge, avendo cessato l’attività nel
2001 con conseguente inapplicabilità per detto anno degli studi di settore, mentre la stessa contribuente ha fondato la propria domanda di definizione agevolata proprio sul comma 3-bis, nella specie inapplicabile
proprio per l’impossibilità di far ricorso agli studi di settore.
3. La richiesta, formulata in memoria dalla parte controricorrente, per la
trattazione congiunta del presente ricorso con altro ricorso pendente innanzi alla Corte tra le stesse parti non è autosufficiente in ordine alla identità delle questioni trattate e all’eventuale esistenza di un legame di
pregiudizialità o al pericolo di formazione di un conflitto di giudicati che
possa giustificare il ritardo della decisione sul ricorso in esame (tenuto
anche conto della peculiarità del tema ivi affrontato).
4. Il ricorso deve essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata deve
essere cassata. La causa può essere decisa nel merito con il rigetto del
ricorso originario del contribuente.
5. L’inesistenza di precedenti specifici giustifica la compensazione delle
spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di C nsiglio del 9 marzo 2016.

ta emerge dal fatto che nella dichiarazione relativa all’anno 2001 la so-

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