Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 791 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 14/01/2011), n.791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26495/2006 proposto da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PACUVIO

34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSI GIORGIO A. L.,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2005 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 27/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROMANELLI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato D’ASCIA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.V. ha impugnato il silenzio rifiuto avverso istanza di rimborso presentata il 31 maggio 2000 all’Ufficio Entrate di Pesaro in relazione ad imposta versata in eccedenza per L. 9.456.000, negli anni 1995/1996 sulla base del canone effettivo di locazione, in luogo di quello catastale previsto per immobili di interesse storico artistico.

In sede d’appello della sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente, l’ufficio ha eccepito per la prima volta l’intervenuta decadenza del contribuente, essendo stata l’istanza di rimborso presentata oltre il termine di diciotto mesi previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, rispetto a versamenti effettuati nel 1995 e nel 1996.

La Commissione Tributaria Regionale con sentenza 27 giugno 1975 ha accolto l’appello dell’Ufficio sul presupposto della rilevabilità in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio, della avvenuta decadenza del contribuente nei confronti dell’Amministrazione, stante l’indisponibilità di tale diritto da parte della stessa.

B.V. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi,illustrati da memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, si propone pregiudizialmente eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 2969 c.c., in relazione all’art. 3 Cost., con riferimento alla interpretazione giurisprudenziale, divenuta diritto vivente, secondo cui la decadenza stabilita dalle leggi fiscali in favore dell’A.F. (quale quelle prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) attiene a situazioni indisponibili dell’Amministrazione, e rientra fra quelle rilevabili d’ufficio, per finalità di interesse pubblico.

Tale interpretazione, che costituisce eccezione alla regola generale di cui all’art. 2969 c.c., secondo cui la decadenza è soggetta a tempestiva eccezione di parte, altera la posizione delle parti nel processo tributario qualora l’oggetto del rimborso non concerna tributi dovuti all’Erario, ma diritti di natura economica, la cui percezione costituisce, come nella specie, indebito oggettivo (di tipo civilistico e non fiscale) da parte dell’Amministrazione.

Si solleva pertanto questione di legittimità costituzionale dell’art. 2969 c.c., interpretato ut supra à fini di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, nella ipotesi in cui si verta non in materia di percezione dei tributi, ma di mera restituzione di somme non dovute e indebitamente percette dall’Erario.

Col secondo motivo si denuncia violazione di legge in ordine alla adesione all’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 2969 c.c., che considera attinenti a situazione indisponibili tutte le decadenze stabilite dalle leggi fiscali, sebbene l’art. 2969 c.c., ne sancisca, come regola, la disponibilità a istanza di parte (e limiti quindi la possibilità che la decadenza sia eccepita d’ufficio o in 1^ grado d’appello). L’affermata indisponibilità di situazioni in materia tributaria non potrebbe infatti ragionevolmente estendersi a somme non dovute e indebitamente percette dall’Erario, non potendosi ravvisare alcun interesse pubblico in tal senso.

Col terzo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 12 preleggi, comma 2, perchè l’interpretazione giurisprudenziale enunciata nel motivo precedente contrasterebbe con l’art. 12 preleggi, non sussistendo l'”eadem ratio” in ordine alla decadenza in cui sia incorso il contribuente nella percezione dei tributi e la restituzione da parte dell’Erario di somme non dovute.

Col quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, per assenza di autorizzazione all’appello nei confronti dell’Ufficio Entrate di Pesaro, e si ribadisce il diritto alla riliquidazione dell’imposta à sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2, in luogo della maggior somma versata sulla base dei canoni di locazione effettivi, secondo le errate istruzioni del Mod.

740/96. I primi tre motivi di ricorso, che appare opportuno trattare congiuntamente, in quanto affrontano lo stesso tema – la indisponibilità o meno della decadenza – seppure sotto diversi profili, sono infondati.

Promesso che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, regola specificamente la possibilità, per il contribuente di richiedere, entro un termine predeterminato, il rimborso di un tributo pagato per “errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione”, così stabilendo un regime legale attinente i rimborsi, anche se riferiti ad indebiti oggettivi, la giurisprudenza di questa Corte relativa all’applicabilità dell’art. 2969 c.c. – dalla quale il Collegio non vede motivo di discostarsi – riconosce al giudice la potestà di rilevare d’ufficio la decadenza quando essa si sia verificata in una materia sottratta alla disponibilità delle parti, avendo ripetute volte precisato che, per materia sottratta alla disponibilità delle parti, ai sensi della norma citata, deve intendersi non solo quella che riguarda diritti per natura loro indisponibili, ma anche quella disciplinata da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi, rinunciarvi o comunque modificarlo (cfr.

Cass. 19 marzo 1996, n. 2318, e Cass. 28 marzo 1996, n. 2841).

Rientra pertanto in quest’ambito, nella materia tributaria, il regime relativo ai termini, entro i quali il contribuente può proporre l’azione di rimborso del tributo indebitamente versato, perchè quei termini sono dettati per finalità d’interesse pubblico e di essi neppure l’amministrazione può dunque disporre: con la conseguenza che la decadenza in cui il contribuente sia incorso per mancato rispetto di uno di quei termini, è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, salvo che – ma non è questo il caso – si sia già formato sul punto un giudicato interno (Cass. 8606/96,in parte moriva; 11521/04; 1605/08).

La richiesta di rimborso proposta dal B. non ha dunque, in questa materia, natura civilistica, perchè il versamento di cui si chiede il rimborso à sensi del cit. art. 38, già nel momento in cui fu eseguito, non era dovuto (o non in quella misura) oppure appariva sì essere dovuto, ma in base ad una disposizione di legge che sin da allora non avrebbe dovuto essere in realtà applicata perchè non conforme al dettato della costituzione o perchè modificata: e ciò spiega perchè il termine per la richiesta di rimborso cominci a decorrere, in tali casi, dallo stesso momento nel quale è stato eseguito il versamento e sono sorti nel contribuente l’interesse e la possibilità di chiederne il rimborso. Nel caso di specie, poi, la richiesta non attiene ad un indebito civilistico, ma al calcolo di un tributo, versato per errore in eccedenza, errore al quale il cit.

art. 38, consente appunto di porre rimedio secondo una disciplina alla quale l’Amministrazione Finanziaria non può derogare, sussistendo comunque l’interesse pubblico alla stabilità delle entrate tributarie entro un periodo di tempo definito.

Ciò consente di ritenere priva di rilevanza la questione di costituzionalità sollevata – ancorch‚ la Corte Costituzionale, che ha affrontato reiteratamente asseriti contrasti del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, con l’art. 3 Cost. (C.Cost. 176/08; 68/02; 430/2000) non sì sia mai esplicitamente soffermata sulla tematica qui denunciata, la quale può essere tuttavia agevolmente disattesa in forza delle motivazioni della ricordata giurisprudenza di questa Corte.

I primi tre motivi di ricorso vanno pertanto rigettati, perchè infondati, analogamente al quarto motivo, perchè dopo l’entrata in funzione delle Agenzie fiscali (1 gennaio 2001) l’autorizzazione all’appello (nella specie proposto nel 2003) non o stata più ritenuta necessaria. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato (Cass. 604/2005) che nel processo tributario, “la disposizione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 52, comma 2, secondo la quale gli Uffici periferici del Dipartimento delle Entrate del Ministero delle finanze e gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale, rispettivamente, dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione generale delle entrate e dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio, non è più suscettibile di applicazione una volta divenuta operativa – in forza del D.M. Economia 28 dicembre 2000 – la disciplina recata dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, che ha istituito le agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia. A seguito della soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai quali fa riferimento il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, infatti, da tale norma non possono farsi discendere condizionamenti al diritto delle Agenzie (nella specie, l’Agenzia del demanio) di appellare le sentenze ad esse sfavorevoli delle commissioni tributarie provinciali”.

Consegue l’integrale rigetto del ricorso, non potendo l’Ufficio, in difetto del rispetto da parte del contribuente del termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, provvedere alla riliquidazione dell’imposta L. n. 413 del 1991, ex art. 11.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 1.400.00, di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre speso ed accessori come per legge.

PQM

La Corre rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente nelle spese, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 1.200,00, per onorari, oltre spese ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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