Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7909 del 19/03/2021

Cassazione civile sez. III, 19/03/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 19/03/2021), n.7909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2082/2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Federico

Cesi, n. 21 presso lo studio dell’avvocato Acone Pasquale, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pettoello Fabrizio;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, alla via Pasubio, n. 15 presso lo

studio dell’avvocato Piccioni Dario, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Battocletti Rino;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 00512/2017 della CORTE d’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/07/2017;

udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020, dal Consigliere Dott. Cristiano Valle, osserva quanto

segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I) M.M. ha dedotto che:

a seguito di patologia tubercolotica, scoperta mediante radiografia nel novembre dell’anno (OMISSIS), venne curato a seguito di un primo ricovero, presso l'(OMISSIS) e che all’esito non venne dichiarato guarito e gli venne genericamente prescritto di recarsi presso altra struttura sanitaria (il (OMISSIS)) per ulteriori esami radiografici, senza alcuna indicazione del termine entro il quale effettuarli.

I.1) A causa di recidiva della patologia, egli venne nuovamente ricoverato, nel (OMISSIS) presso l’Azienda ospedaliera e al termine del periodo di cure, anche domiciliare, gli residuarono gravi postumi permanenti, consistenti nella perdita di funzionalità del polmone destro e nella compromissione di quello sinistro.

I.2) M.M. convenne, pertanto, in giudizio la Azienda Sanitaria di Udine, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della inadeguata cura e, comunque, della condotta dei sanitari della Azienda, che non lo seguirono nella fase successiva al primo periodo di ricovero.

I.3) In primo grado il Tribunale di Udine, espletata consulenza tecnica medico-legale di ufficio, accolse, parzialmente, la domanda, condannando l'(OMISSIS) a pagare a M.M., a titolo risarcitorio, la somma di Euro 85.249,50, risultante da defalco del cinquanta per cento, in moneta corrente al 01.01.2014, oltre rivalutazione in base agli indici Istat da detta data alla sentenza, oltre interessi legali sulla somma rivalutata dalla sentenza al saldo effettivo, fissando l’invalidità permanente al venticinque per cento e nel trentasei per cento il danno alla capacità lavorativa generica, ritenendo un concorso di colpa del M..

I.4) La Corte di Appello di Trieste, adita dal M. con impugnazione principale e dalla Azienda Ospedaliera con appello incidentale, ha, con la sentenza n. 00512 del 19/07/2017, rigettato l’impugnazione proposta dal M., ed ha confermato la sentenza di primo grado, non esaminando, in quanto assorbito, l’appello incidentale condizionato della Azienda Ospedaliera.

I.5) Il M. ricorre per cassazione avverso la sentenza d’appello, con atto affidato a sette motivi.

I.6) Resiste con controricorso, e propone ricorso incidentale condizionato, articolato su due motivi, la Azienda Ospedaliera, che, nelle more del giudizio, ha ricompreso nel proprio ambito anche la struttura sanitaria “(OMISSIS)”.

I.7) M.M. propone controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato.

I.8) Il P.G. non ha presentato conclusioni.

I.9) Entrambe le parti hanno depositato memorie nel termine di legge.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

II) Il ricorso di M.M. così censura la sentenza della Corte di Appello di Trieste n. 00512 del 19/07/2017.

II.1) Il primo motivo (da pag. 6 a pag. 13) deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1227,2697 c.c., nonchè degli artt. 194,115,116,183 c.p.c. e degli artt. 111 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Esso è articolato in quattro sottomotivi (con premessa di fatto da pag. 6 a pag.8) con i quali si contestano:

– i poteri di “ricerca” e allegazione di fatti storici da parte del giudice, sottolineando distinzione tra poteri di rilevazione dell’eccezione e quelli di allegazione dei fatti;

– i limiti della funzione percipiente del consulente tecnico di ufficio, asserendo che l’attività del consulente non può spingersi fino ad allegare fatti che non abbiano carattere tecnico scientifico o, comunque, che non siano marginali ed accessori;

– la mancata applicazione dei principi sulla ripartizione dell’onere della prova in campo di responsabilità contrattuale medica, ritenendo errato che il danneggiato debba provare, fin dall’inizio, la propria diligenza.

II.2) Il secondo motivo (da pag. 13 a pag. 15) è proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,244 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In tale motivo si contestano:

– la dichiarata, dai giudici di merito, “tardività” della prova orale richiesta;

– la violazione del principio dell’equivalenza delle prove;

– l’asserita insufficiente specificazione della prova anche per il carattere di prova contraria.

II.3) Il terzo mezzo (da pag. 15 a pag. 19) è proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, della L. n. 189 del 2012, art. 3 e della L. n. 24 del 2017, art. 5 nonchè del D.M. 15 dicembre 1990 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In tale motivo si contesta:

– la dichiarata tardività del deposito delle linee guida, dei protocolli medici, della consulenza di parte e delle argomentazioni difensive.

II.4) Il quarto motivo (da pag. 19 a pag. 22) deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e violazione degli artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In tale motivo si contestano:

– la mancata riapertura del contraddittorio in primo grado e in secondo grado relativamente ai fatti non oggetto di allegazione e trattazione tra le parti e fondanti il concorso di colpa del danneggiato. Con detto motivo parte ricorrente eccepisce, altresì, la mancanza di motivazione sull’eccezione della violazione del diritto al contraddittorio.

II.5) Il quinto motivo (da pag. 22 a pag. 27) è proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp att. c.p.c., comma 1 in relazione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

In detto motivo si contesta:

– la mancata decisione sul terzo motivo d’appello che affrontai4H tema del nesso causale omissivo e del concorso di colpa;

– l’assoluta assenza di motivazione.

II.6) Il sesto motivo (da pag. 27 a pag. 32) muove censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1226,2727,2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In questo motivo si contesta:

– il mancato riconoscimento della perdita di chances lavorative;

– la preclusione al ragionamento presuntivo circa la sussistenza della perdita di capacità di lavoro specifica.

II.7) Il settimo, e ultimo, motivo (da pag. 32 a pag. 37) è proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. e dell’art. 61 c.p.c., comma 1, e L. n. 24 del 2017, art. 15 e del combinato disposto degli artt. 115,163 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

III) Il ricorso incidentale condizionato dell’Azienda Ospedaliera così censura la sentenza della Corte territoriale.

III.1) Il primo motivo propone censure di violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omessa pronuncia in ordine alla valutazione del danno iatrogeno, ossia sulla riduzione del danno biologico calcolato complessivamente dal consulente tecnico di ufficio sulla scorta degli esiti della prima infezione e della recidiva, senza scorporare i postumi dell’originaria patologia, i cui esiti non erano attribuibili a comportamento dei sanitari convenuti in giudizio.

III.2) Il secondo mezzo deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 in relazione all’art. 163 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 6, nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., in punto di errato ed irrituale riconoscimento del danno da diminuzione della capacità lavorativa generica.

II.1.1) Il primo motivo del ricorso principale presenta molteplici profili di inammissibilità, in quanto esso omette di riprodurre, direttamente od indirettamente, il contenuto del motivo di appello svolto sulle questioni in esso prospettate: nella penultima proposizione della pagina 8 e nell’ultima, della stessa pagina, vi è solo un generico riferimento ai primi due motivi di appello, privo, nell’uno come nell’altro caso, di riproduzioni dirette od indirette del contenuto.

Inoltre, nella illustrazione, ma già nell’esposizione pregressa del fatto, il motivo omette qualsiasi indicazione dei fatti costitutivi della domanda e delle difese svolte dalla convenuta.

Il mezzo omette, altresì, di indicare dove e quando i due documenti cui si allude nella seconda proposizione della pagina 8 erano stati prodotti e da chi. Ne consegue che, il mezzo, quando passa a spiegare i quattro sottomotivi in cui esso si articola, peraltro individuandone in modo chiaro solo due, risulta carente della descrizione della situazione processuale, e del suo evolversi, necessaria per apprezzare le censure in diritto che svolge.

Le segnalate carenze, una volta considerato che – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23372 del 15/10/2013 Rv. 629190 – 01) – il fatto del concorso del creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1 integra cd. eccezione in senso lato, come tale rilevabile d’ufficio, se il fatto integratore risulti introdotto ritualmente nel processo – il che può avvenire anche a prescindere dalla sua rilevazione, cioè dall’individuazione della sua efficacia giuridica (come se si produce un documento e non si argomenti da esso oppure si argomenti altro rispetto al fatto che rappresenta) – risultano esiziali, in quanto dai due documenti lo stesso Tribunale di Udine avrebbe potuto desumere officiosamente, al di là di quanto rilevato dal consulente di ufficio, il fatto integrante la fattispecie dell’art. 1227 c.c., comma 1.

Ciò in quanto, se dai due documenti, e dallo stesso resoconto della citazione (dove questa riferiva, in ipotesi, il contenuto del documento di dimissioni del (OMISSIS)), oppure dalla comparsa di costituzione, fosse emerso che il ricorrente non si era sottoposto al controllo radiologico, il giudice autonomamente avrebbe potuto rilevarlo d’ufficio senza incorrere in alcun vizio.

II.1.2) Il primo motivo, per dette plurime ragioni, è, quindi, inammissibile.

II.2.1) Il secondo motivo, avendo la Corte territoriale enunciato una pluralità di motivazioni in ordine alla inammissibilità della prova testimoniale, ognuna idonea a sorreggerla, appalesa pure profili di inammissibilità in relazione alla genericità della prova testimoniale richiesta e non ammessa dai giudici di merito: parte ricorrente non solo argomenta del tutto genericamente sul punto (con ciò violando il principio di specificità del motivo: Cass. n. 04741 del 2005 Rv. 581594 01, il cui consolidato principio è stato ribadito, in motivazione non massimata, da Sez. U n. 07074 del 20/03/2017), ma, soprattutto omette di riprodurre, anche solo indirettamente, il contenuto del capitolo o dei capitoli di prova, con ciò violando l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

II.1.3) Il terzo motivo è anche esso inammissibile: quanto al primo profilo, relativo alle linee guida, in quanto esso richiama le L. 08 novembre 2012, n. 189 (di conversione con modificazioni del D.L. 13 settembre 2012, n. 158) e L. 8 marzo 2017, n. 24 ma non spiega in alcun modo come dovrebbero avere ingresso le linee guida con riferimento a fattispecie verificatasi (pacificamente, trattandosi di patologia insorta nel (OMISSIS) e curata in detto anno e successivamente, nonchè con riferimento della cura inadeguata a decorrere dal (OMISSIS)) prima dell’entrata in vigore di dette leggi (si veda, in tema, Cass. n. 28994 del 11/11/2019 Rv. 655792 – 01: “…le norme poste dal D.L. n. 158 del 2012, art. 3, comma 1, convertito dalla L. n. 189 del 2012, e dalla L. n. 24 del 2017, art. 7, comma 3, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore”, salva l’applicabilità retroattiva dei parametri per la liquidazione del danno non patrimoniale, come afferma Cass. n. 28990 del 11/11/2019 Rv. 655965 – 01).

In relazione alla seconda censura, relativa alla consulenza tecnica di parte, pure essendo esatto il riferimento alla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 13902 del 03/06/2013 Rv. 626469 – 01) deve pure rilevarsene l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, giacchè non viene riprodotto, nè direttamente nè indirettamente, il contenuto della detta consulenza tecnica, nonchè ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 2 (inteso alla stregua di Cass. n. 22341 del 26/09/2017 Rv. 626020 – 01: “…la censura concernente la violazione dei “principi regolatori del giusto processo” e cioè delle regole processuali ex art. 360 c.p.c., n. 4, deve avere carattere decisivo, cioè incidente sul contenuto della decisione e, dunque, arrecante un effettivo pregiudizio a chi la denuncia”), in quanto alcunchè viene esplicato sulla sua decisività.

II.4.1) Il quarto motivo – che deduce la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, – in relazione alla mancata sollecitazione del contraddittorio sul concorso di colpa del creditore, è inammissibile, per carenza di specificità, in quanto omette di indicare, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 quale fosse il contenuto dell’atto di appello con cui sarebbe stata fatta valere la violazione della detta norma, la quale, se commessa dal primo giudice, era soggetta all’art. 161 c.p.c., comma 1, ossia doveva essere oggetto di idonea impugnazione e prima ancora di specifica deduzione dinanzi allo stesso Tribunale.

Deve, altresì, richiamarsi quanto affermato nella motivazione sul primo motivo di ricorso, in relazione alla natura di eccezione in senso ampio dell’art. 1227 c.c., comma 1.

II.5.1) Il quinto motivo (che pone il tema del nesso causale omissivo e, ancora, del concorso di colpa del creditore, ossia del M.) non ha la sostanza del vizio di omessa motivazione, di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, quando lamenta che il motivo di appello non sarebbe stato esaminato, atteso che la mancanza o apparenza di motivazione non possono risultare da altri documenti, ma debbono risultare dalla stessa sentenza. Il motivo ha, altresì, solo nella prospettazione la sostanza della violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo del mancato effettivo esame del motivo di appello, che viene riportato, ma in concreto il mezzo afferma che la motivazione della sentenza è meramente apparente, assertoria e generica là dove essa non si confronta sul problema sollevato nel motivo.

II.5.2) Il motivo è, quindi, complessivamente inammissibile, ove non sia infondato: quanto alla prima censura lo stralcio che viene riportato del motivo di appello non è sufficiente, in mancanza di riproduzione della motivazione di primo grado, ad individuare l’oggetto specifico della critica, della quale nel passo riportato si riporta solo una breve affermazione in modo tale che il motivo, così formulato, non consente, a questo Collegio di legittimità, di comprendere se la risposta della sentenza è stata inadeguata, in guisa da ridondare nel vizio di cui all’art. 112 c.p.c.

Quanto alla seconda censura, la pretesa mera apparenza della motivazione, anche in questo profilo, si dovrebbe desumere non dal testo del provvedimento impugnato, bensì da elementi dell’istruttoria rivenienti da altri documenti o fatti, in quanto tali non apprezzabili in questa sede di legittimità.

II.6.1) Il sesto motivo è pure inammissibile, per plurime ragioni: in quanto risulta basato su risultanze fattuali; deduce la violazione delle norme sulle presunzioni (artt. 2727 e 2729 c.c.) senza rispettare i criteri indicati dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 01785 del 24/01/2018, non massimata sul punto ma si vedano in motivazione i parr. 4 e ss.); non riporta esattamente, e in modo comprensibile, i termini della censura proposta con l’appello, di cui sono riprodotti brevissimi e poco comprensibili brani, e infine, ma non da meno, perchè ignora la motivazione, estesa a pag. 12, della sentenza d’appello con i riferimenti, ivi specificamente esposti, alla capacità lavorativa specifica del M. in mansioni di conduttore di veicolo, o autista, come ridotta solo quanto alle attività di turnazione e notturna con esposizione a fatica.

II.7.1) Il settimo motivo è fattuale quanto al secondo profilo (di cui al 7.2: “…difettosa individuazione dei mezzi di prova atti ad accertare il danno non patrimoniale”), e, inoltre, deduce (quanto al secondo sottomotivo, punto 7.3) la violazione dell’art. 115 c.p.c. in modo non conforme alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640191 – 01, ribadita da Sez. U n. 16598 del 05/08/2016, in motivazione non massimata sul punto) e, infine, tenta di introdurre una questione di (minore o, comunque, inadeguata) competenza professionale del consulente tecnico di ufficio (medico), incaricato dal Tribunale, che non risulta dedotta in primo grado e, soprattutto, in appello.

Le carenze dei tre detti sottomotivi rendono ultroneo lo scrutinio del primo sottomotivo (7.1), concernente l’art. 183 c.p.c., comma 7, c.p.c.

II.8) Il ricorso del M. deve, per quanto motivato, essere rigettato.

III.1.1) Il rigetto del ricorso principale comporta assorbimento del ricorso incidentale, essendo esso proposto e definito espressamente come condizionato dalla stessa difesa dell’Azienda Ospedaliera.

IV) Le spese di lite, di questo giudizio di cassazione, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione dell’attività processuale espletata.

V) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, consistenti nella dichiarazione di integrale rigetto, o d’integrale inammissibilità dell’impugnazione, per il versamento, da parte del M., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis qualora effettivamente esigibile nei confronti del M. (nell’eventualità che il ricorrente principale, che ha dichiarato di essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non possa più fruire di detta ammissione, cfr. da ultimo Sez. U n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 – 06).

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 2.700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione terza civile, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2021

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