Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7905 del 28/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/03/2017, (ud. 02/03/2017, dep.28/03/2017),  n. 7905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11535/2015 R.G. proposto da:

P.F., (cod. fisc. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

Roma, viale delle Milizie n. 38, presso lo studio dell’avvocato

Giovanni Angelozzi che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Giovanni Marcangeli;

– ricorrente –

contro

D.L.A.I., (cod. fisc. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in Roma, via Montesanto n. 25, presso lo studio dell’avvocato

Giovanni Merla che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Mario Petrella;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila depositata il

13 novembre 2014.

Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo.

Fatto

FATTO E DIRITTO

letta la sentenza impugnata che, accogliendo l’appello proposto dalla De Luca, ha riformato la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 263/2013 e ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla P. per il pagamento dell’importo di Euro 14.279,40 a titolo di indennità di occupazione di un immobile ad uso commerciale, condannando l’appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

letto il ricorso e il controricorso;

ritenuto che la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata;

ritenuto che con i due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132 c.p.c. e art. 101c.p.c., comma 2, nonchè degli artt. 1216, 1220 e 1591 c.c. e la nullità del procedimento ex art. 212 c.p.c.;

considerato che, a prescindere dall’elenco delle norme che si assumono violate, la censura si risolve nella contestazione del fatto che la corte d’appello avrebbe illegittimamente escluso dal thema decidendi le domande della locatrice, invece pronunziando ultra petita in favore della conduttrice;

che, in realtà, la corte d’appello ha ritenuto infondate le domande della P. osservando che la causa petendi dalla stessa dedotta con la domanda monitoria era costituita dalla richiesta dei canoni per mancato rilascio dell’immobile ad uso non abitativo condotto dalla D.L.; che quest’ultima aveva giustificato il proprio ritardo opponendo di non aver ricevuto la corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale (per la cui determinazione è pendente altro giudizio); che, in fatto, risulta che la D.L. abbia offerto la riconsegna delle chiavi, non accettata dalla P. in considerazione dello stato di degrado in cui si trovava l’immobile; che tale rifiuto non era legittimo in quanto al degrado dell’immobile avrebbe potuto far seguito una richiesta di risarcimento danni, ma non già il rifiuto da parte della locatrice di riceversi le chiavi e di pretendere, contestualmente, la corresponsione dei canoni maturandi;

che tale ragionamento si sottrae a tutte le censure svolte dalla ricorrente, che risultano, in parte, non pertinenti alle ragioni della decisione impugnata e, in parte, inammissibili o infondate;

che, in particolare, non risultano pertinenti le questioni relative alla litispendenza o all’integrazione del contraddittorio, che nulla hanno a che vedere con la ratio decidendi adottata dalla corte d’appello, specie ove si consideri che l’esistenza di un separato giudizio per la determinazione dell’indennità di avviamento commerciale è citata come mero fatto storico, volto a perimetrare la vicenda, e non per l’interferenza che i due giudizi potrebbero avere fra loro;

che le censure relative al preteso vizio di difetto di corrispondenza fra chiesto e pronunciato sono manifestamente infondate, in quanto la corte d’appello ha correttamente deciso sulla domanda della P. e sui motivi di gravame proposti dalla D.L.; nè, d’altro canto, la ricorrente ha chiarito esattamente quali sarebbero le sue domande su cui la corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi;

che la dedotta violazione dell’art. 75 disp. att. c.c., risulta carente del requisito dell’autosufficienza in quanto, a dimostrazione dell’incompletezza della procedura di mora credendi, viene indicato il “doc. 4 del fascicolo di parte appellante”, di cui non sono specificati la natura nè il contenuto;

che, per il resto, le censure sono generiche e aspecifiche;

che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo;

che sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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