Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7901 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/03/2017, (ud. 02/03/2017, dep.28/03/2017),  n. 7901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18117-2014 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

ALBERTO RACCHIA 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO FRANCESCO

MACRI’, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARBARA

LODOVICA MANCINI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AUTAMAROCCHI SPA, in persona del legale rappresentante Z.O.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10,

presso lo studio dell’avvocato LUCIO GHIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICA MARIA GHIA giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.M., M.L.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1543/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Autrasporti E. Grusovin s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Como – sezione distaccata di Cantù B.R., A.M. e M.L. nella qualità di curatore speciale del figlio minore chiedendo declaratoria di inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. dell’atto di data 15 dicembre 2008 con cui il B. aveva donato al figlio la nuda proprietà ed alla moglie il diritto di usufrutto. Il Tribunale adito accolse la domanda. Avverso detta sentenza propose appello B.R.. Con sentenza di data 23 aprile 2014 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che ricorreva la consapevolezza della possibilità di lesione delle ragioni creditorie, essendo stato compiuto l’atto sei mesi dopo il deposito di CTU nel giudizio promosso dalla società appellata quale creditrice dell’appellante, che sufficiente era l’esistenza di un credito eventuale (proprio perchè litigioso) e che non vi erano ulteriori cespiti immobiliari, mentre i crediti vantati dalla società di cui il B. era socio accomandatario erano di incerta escussione, anche alla luce del fatto che molti di essi erano nei confronti di soggetti falliti.

Ha proposto ricorso per cassazione B.R. sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che, posto che il credito di Autrasporti E. Grusovin s.r.l. era sorto solo dopo la sentenza, al momento della donazione non vi era consapevolezza del pregiudizio alle ragioni creditorie e che stanti i numerosi crediti di cui la società del B. era titolare non vi era diminuzione delle garanzie patrimoniali. Aggiunge che l’atto era diretto a tutelare i parenti prossimi del donante.

Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. L’art. 2901 c.c. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicchè anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore (fra le tante da ultimo Cass. 22 marzo 2006, n. 5619). Irrilevante è poi la dedotta intenzione di tutela dei parenti prossimi mediante la donazione posto che l’inefficacia dell’atto in questione è effetto che la legge collega al pregiudizio delle ragioni creditorie ed alla consapevolezza di tale pregiudizio da parte del debitore. Per il resto la censura involge profili di merito il cui esame è precluso nella presente sede di legittimità.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Il ricorso è basato su una censura la cui palese inconsistenza giuridica ben avrebbe potuto essere apprezzata dal ricorrente. La manifesta infondatezza in iure delle tesi sostenute costituisce indizio di colpa grave (Cass. n. 3376 del 2016e n. 4930 del 2015). La parte soccombente va quindi condannata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 al pagamento a favore della controparte della somma, equitativamente determinata, di Euro 3.000,00.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì il ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, al pagamento a favore della controparte della somma di Euro 3.000,00.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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