Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7901 del 17/04/2020
Cassazione civile sez. I, 17/04/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 17/04/2020), n.7901
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2601/2015 proposto da:
D.C. Gomme di D.C.D. & C. S.a.s., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, Via Val d’Ossola n. 100, presso lo studio dell’avvocato
Pettorino Mario, rappresentata e difesa dall’avvocato Pettorino
Stefano, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento della Società (OMISSIS) S.p.a., in persona del curatore
avv. B.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via A.
Depretis n. 86, presso lo studio dell’avvocato Nunziata Paola, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato De Divitiis Paolo,
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4301/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 28/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
18/12/2019 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
che:
il tribunale di Napoli, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., in accoglimento della domanda proposta dalla curatela del fallimento di (OMISSIS) s.p.a., revocava ai sensi della L. Fall., art. 67 cpv., il pagamento di 2.920,00 EUR ottenuto dalla Di.Ci. Gomme d.C.D. & c. s.a.s. a seguito dell’assegnazione di un credito della fallita nell’ambito di una procedura di esecuzione presso terzi;
la corte d’appello di Napoli, con sentenza del 28-10-2014, non notificata, ha respinto il gravame della società Di.Ci. Gomme, e avverso la relativa decisione è ora proposto ricorso per cassazione, da parte di questa, in quattro motivi;
la curatela ha replicato con controricorso e successiva memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione ed erronea applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, per avere la corte d’appello ritenuto revocabile il pagamento eseguito da parte del terzo pignorato su ordine del giudice, benchè non si trattasse di debito liquido ed esigibile contestualmente creato, sebbene di un debito accertato giudizialmente con un decreto ingiuntivo del giudice di pace di Ischia risalente a due anni prima del periodo sospetto; il motivo è inammissibile per novità, non risultando che la relativa questione sia stata prospettata nel giudizio di merito;
II. – il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati unitariamente;
col secondo la ricorrente denunzia la violazione della L. Fall., art. 67, comma 2 e art. 51, artt. 543 c.p.c. e segg., art. 2928 c.c., oltre che l’omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte territoriale disatteso la (asserita) prevalente opinione dottrinale e giurisprudenziale che reputa che nell’espropriazione presso terzi l’ordinanza di assegnazione di un credito con scadenza superiore a 90 giorni realizza una cessione pro soluto, e non pro solvendo; con la conseguenza che l’azione revocatoria non poteva essere proposta per decorso del periodo sospetto di cui al mentovato L. Fall., art. 67, comma 2, decorrente dalla data di assegnazione del credito; col terzo aggiunge che sarebbero state altresì violate le medesime norme, oltre che l’art. 12 preleggi, in quanto la corte territoriale non avrebbe potuto considerare ammissibile l’azione revocatoria: ciò perchè la L. Fall., art. 67, non contempla la revoca di atti estintivi di debiti scaduti ed esigibili a tipo dell’ordinanza di assegnazione di crediti emessa dal giudice dell’esecuzione e ottemperata dal terzo;
III. – i motivi sono manifestamente infondati;
nell’ipotesi di soddisfacimento delle ragioni dei creditori mediante procedura esecutive individuali (come l’espropriazione presso terzi) è pacificamente ammissibile l’azione revocatoria, e gli atti soggetti a revocatoria L. Fall., ex art. 67, non sono i provvedimenti del giudice dell’esecuzione (nella specie, l’assegnazione di un credito vantato dal fallito presso terzi) bensì i soli successivi (e distinti) atti di pagamento coattivo in tal modo ottenuti; con la ulteriore conseguenza che, ai fini del computo del cd. “periodo sospetto”, occorre far riferimento alla data in cui il soddisfacimento sia stato concretamente conseguito (v. Cass. n. 1968-94, Cass. n. 6291-98, Cass. n. 4709-06);
a tale principio si è rettamente attenuta la corte d’appello di Napoli;
IV. – col quarto mezzo, infine, la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza omesso l’esame nel merito dell’allora proposto quarto motivo di gravame, col quale era stata censurata la decisione appellata nella parte afferente la scientia decoctionis – quarto motivo di gravame che la corte d’appello avrebbe invece erroneamente ritenuto generico, stante l’assenza di uno scrutinio critico in merito agli elementi evidenziati dal tribunale;
il motivo è inammissibile, sia per difetto di autosufficienza, sia perchè parziale a fronte della motivazione dell’impugnata sentenza integrativa della ratio decidendi;
la corte d’appello ha, da un lato, considerato che la censura dell’appellante era – per le ragioni dette – generica e, dall’altro, che gli elementi sintomatici della scientia decoctionis, menzionati dal tribunale, erano univoci e oltre tutto corroborati da altri elementi, di pari valore, precisati dalla curatela (il fatto che le parti operassero in un ambito territoriale ristretto, come l'(OMISSIS); il fatto dell’esistenza di assidue e ricorrenti notizie sulla allarmante crisi della società (OMISSIS) apparse sui media);
quanto al primo profilo il ricorso non soddisfa il fine di autosufficienza, non essendo stato riportato il contenuto dell’atto di interposizione di appello onde potersi dire che in effetti quell’atto non fosse solo assertivo;
quanto al secondo, la valutazione della corte d’appello integra un giudizio di fatto, nella specie non sindacato sul versante della motivazione, nei limiti in cui una tale tipologia di vizio è ancora prospettabile in cassazione;
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 1.900,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessorie e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2020