Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7900 del 17/04/2020

Cassazione civile sez. I, 17/04/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 17/04/2020), n.7900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13022/2015 proposto da:

Pramac Engineering Service S.r.l., in Liquidazione in Concordato

Preventivo, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via del Plebiscito n. 102, presso lo studio

dell’avvocato Vermicelli Federico, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Deasti Alberto, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Horus S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Cardinale Garampi n. 195,

presso lo studio dell’avvocato Carluccio Francesco, rappresentata e

difesa dagli avvocati Ammirabile Mariagrazia, Scappatura Patrizia,

giusta procura in calce al controricorso e procura in calce all’atto

di intervento di nuovo difensore;

– controricorrente –

contro

Proit S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Cardinale Garampi n. 195,

presso lo studio dell’avvocato Carluccio Francesco, rappresentata e

difesa dagli avvocati Ammirabile Mariagrazia, Scappatura Patrizia,

giusta procura in calce al controricorso e procura in calce all’atto

di intervento di nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 427/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Pramac Engineering Service srl in liquidazione, in concordato preventivo, propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la pronuncia della Corte d’appello di Firenze che, in accoglimento del reclamo proposto da Proit srl e Horus srl avverso il decreto del Tribunale di Siena di omologazione del concordato preventivo della ricorrente, disattesa l’eccezione di improcedibilità del reclamo per carenza di interesse ad agire, ha dichiarato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Siena, essendo competente il tribunale di Firenze ed ha per l’effetto annullato il decreto di omologazione.

La Corte d’Appello rilevava che non poteva ritenersi superata la presunzione di coincidenza tra la sede legale, sita in (OMISSIS) e quella effettiva della debitrice: dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza era infatti risultato che in (OMISSIS) non risultava esservi alcuna documentazione contabile e societaria, nè era presente personale dipendente, mentre tutta la documentazione suddetta si trovava presso la sede legale di (OMISSIS).

Proit srl ed Horus srl resistono con controricorso.

Ragioni della decisione

Deve in via pregiudiziale disattendersi l’eccezione di nullità del ricorso per carenza della legittimazione processuale del liquidatore giudiziale della Pramac Engineering Service srl in liquidazione, Dott. B.F., in considerazione del fatto che il ricorso è stato proposto anche dal liquidatore volontario quale legale rappresentante della società debitrice, Dott. C.P., giusta procura speciale in calce al ricorso.

Ti ricorso risulta dunque validamente proposto alla luce della legittimazione del legale rappresentante della società debitrice.

Ciò posto, il primo motivo denuncia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla statuizione che ha respinto l’eccezione di carenza di interesse ad agire delle società Proit srl ed Horus srl.

Il motivo è inammissibile, in quanto consiste non già nella deduzione di un fatto decisivo, il cui esame sarebbe stato omesso nella pronuncia impugnata, ma tende piuttosto a sollecitare una inammissibile valutazione di merito sulla convenienza della soluzione concordataria per il ceto creditorio, in relazione alla legittimazione alla proposizione del reclamo da parte di due creditori che si erano già opposti all’omologazione del concordato preventivo della società debitrice.

E’ al riguardo sufficiente ribadire che la legittimazione ad impugnare il decreto di omologazione del concordato preventivo discende unicamente dall’avere assunto l’impugnante la qualità di parte in senso formale nel giudizio di cui alla L. Fall., art. 180, ed essere ivi rimasto soccombente, a prescindere dalla prova dell’effettiva esistenza del credito (Cass. n. 3954 del 2016).

Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla statuizione che ha individuato in (OMISSIS) la sede effettiva della società debitrice.

Pure tale motivo è inammissibile poichè esso, nei termini in cui è formulato, non censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato taluni elementi emersi dall’istruttoria espletata.

Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha espressamente dato atto che dalle indagini della Guardia di Finanza era risultato che nella sede indicata come sede effettiva della debitrice, sita in (OMISSIS) non risultava alcuna documentazione contabile o societaria della debitrice, nè tantomeno si trovava ivi personale dipendente o un ufficio ad essa dedicato, mentre tutta la documentazione contabile e societaria si trovava presso la sede legale sita in (OMISSIS).

Da ciò la Corte ha fatto discendere che non risultava superata la presunzione di coincidenza tra sede effettiva e sede legale.

Tale statuizione è conforme a diritto.

Ed invero, la presunzione “iuris tantum” di coincidenza della sede effettiva con la sede legale è superabile (solo) attraverso prove univoche, che dimostrino che il centro direzionale dell’attività dell’impresa è altrove (Cass. 16116 del 2019).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in particolare, la competenza a dichiarare il fallimento spetta al Tribunale del luogo ove l’impresa ha la sua sede principale, ove, cioè, promuove sul piano organizzativo i suoi affari, e tale luogo, di regola, si deve presumere coincidente con quello della sede legale, potendo, tuttavia, siffatta presunzione di coincidenza essere vinta dalla prova del carattere meramente fittizio o formale della sede legale.

A tal fine resta irrilevante la circostanza che l’attività imprenditoriale contemplata nell’oggetto sociale si esplichi in luogo diverso dalla sede legale, essendo necessario, per superare l’anzidetta presunzione, dimostrare che in quel diverso luogo si colloca il centro direttivo della società, ove operano i suoi dirigenti, viene tenuta la sua contabilità e normalmente si riuniscono in assemblea i suoi soci (Cass. 5391 del 2005), e che può dunque identificarsi come centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa (Cass. 7470 del 2017).

Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge, in favore di ciascun controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2020

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