Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 790 del 16/01/2020

Cassazione civile sez. II, 16/01/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 16/01/2020), n.790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19638-2015 proposto da:

P.G., R.S., rappresentati dall’avvocato FABIO

TASCA;

– ricorrenti –

contro

T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, V.PIEMONTE 32,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPADA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO SITTINIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 08/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.G. e R.S. hanno proposto ricorso, articolato in due motivi, avverso la sentenza n. 13/2015 della Corte d’appello di Catania, depositata l’8 gennaio 2015.

Resiste con controricorso T.G..

Con citazione del 3 novembre 2008 P.G. e R.S., comproprietari di appartamento compreso nell’edificio condominiale di (OMISSIS), convennero T.G., proprietaria di altra unità immobiliare nello stesso fabbricato, chiedendone la condanna a sgomberare il locale sottotetto abusivamente occupato con l’installazione di una caldaia, nonchè a risarcire i danni. T.G. domandò in riconvenzionale la rimessione in pristino del pianerottolo occupato dagli attori. L’adito Tribunale di Ragusa, con una prima sentenza non definitiva del 10 marzo 2011, respinse la domanda di P.G. e R.S., in quanto l’occupazione del sottotetto era stata autorizzata dall’assemblea; con una seconda sentenza del 5 marzo 2014 il Tribunale accolse poi la domanda riconvenzionale e condannò P.G. e R.S. al rilascio della porzione di pianerottolo accorpata al loro appartamento.

P.G. e R.S. proposero gravame contro entrambe le sentenze e la Corte d’appello di Catania, con sentenza dell’8 gennaio 2015, ha accolto quello inerente alla occupazione del sottotetto ed ha condannato T.G. a rilasciare lo stesso, non avendo l’assemblea del 24 novembre 2006 autorizzato l’apprensione del vano ed essendosi rivelato l’uso fattone contrario all’art. 1102 c.c. La Corte di Catania ha invece respinto l’impugnazione inerente all’illegittimo accorpamento della porzione di pianerottolo all’appartamento dei signori P. e R..

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1, c.p.c.

La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Il primo motivo del ricorso di P.G. e R.S. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., comma 1, e la conseguente nullità della sentenza impugnata, per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria.

Il secondo motivo del ricorso di P.G. e R.S. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., art. 100 c.p.c., art. 115 c.p.c. e ss. e la conseguente nullità della sentenza impugnata, allegando che la chiusura del pianerottolo era stata eseguita in origine dai costruttori del fabbricato, e che comunque l’inglobamento eseguito non arrecava alcun pregiudizio a T.G..

In via pregiudiziale va evidenziato come la controricorrente T.G. abbia eccepito l’inammissibilità del ricorso, notificato il 6 luglio 2015, per sua tardività, avendo P.G. e R.S. notificato la sentenza della Corte d’appello in data 5 febbraio 2015, come risultante da copia prodotta con acclusa relata.

Tale eccezione è fondata.

La sentenza resa dalla Corte d’Appello di Catania in data 8 gennaio 2015 risulta, sulla base della relata prodotta dalla controricorrente, notificata in data 5 febbraio 2015 al procuratore costituito di T.G., avvocato Alessandro Sittinieri.

Come di recente chiarito da Cass. Sez. U, 04/03/2019, n. 6278, in tema di notificazione della sentenza ai sensi dell’art. 326 c.p.c., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325 c.p.c. decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, ed in particolare la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perchè interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti.

Va esclusa la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, essendo comunque la relata di notifica – pur non depositata dai ricorrenti unitamente al ricorso entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 – entrata nella disponibilità della Corte, perchè prodotta appunto dalla parte controricorrente (cfr. Cass. Sez. U, 02/05/2017, n. 10648). Si deve tuttavia procedere conseguentemente al riscontro della tempestività del rispetto del termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c., comma 2, ed il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, giacchè notificato il 6 luglio 2015, a fronte della notificazione della sentenza della Corte d’appello eseguita in data 5 febbraio 2015.

Consegue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore della controricorrente.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute in questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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