Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7897 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7897 Anno 2016
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: FEDERICO GUIDO

SENTENZA

sul ricorso 6325-2015 proposto da:
EG HOLDING SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
LUCISANO, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati GIUSEPPE ZIZZO, MARIA SONIA VULCANO giusta
2016

delega a margine;
– ricorrente –

449
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO

Data pubblicazione: 20/04/2016

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4655/2014 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 18/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FEDERICO;
uditi per il ricorrente gli Avvocati ZIZZO e LUCISANO
che hanno chiesto la cassazione della sentenza;
udito per il controricorrente l’Avvocato BACOSI che ha
chiesto il rigetto;
udito, 5,1 p ‘ m ‘

perspna del .5ostituto Procuratore

CeneraIe Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha conclu.uu peL
l’accoglimento per quanto di ragione del 10 ° motivo di
ricorso.

udienza del 09/02/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO

Svolgimento del processo
A seguito di p.v.c del 7 aprile 2009, l’Agenzia delle Entrate notificava in data 26.5.2011 alla
contribuente EG Holding srl, già Ghirlanda Smart Card Solutions spa, avviso di accertamento
(n.T9B0813C01703/2011), con il quale veniva contestata l’indebita deduzione di costi a fini Ires,
relativa all’anno 2006.

confronti del gruppo societario “Gabrius”, all’esito delle quali era emersa un’associazione a
delinquere dedita alla realizzazione di una frode fiscale (c.d. “carosello”), consistente
nell’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, aventi ad oggetto la
commercializzazione di licenze relative ad un database, dirette alla costante costituzione di un
credito Iva.
Secondo quanto risultato dalle indagini, la frode veniva realizzata tramite società cartiere, che
vendevano le licenze fittizie a distributori italiani, i quali agivano come società filtro , e che a loro
volta le rivendevano a società estere ; tali società ne determinavano, infine, il ritorno nella
disponibilità di una delle società del gruppo Gabrius.
La CTP di Milano accoglieva il ricorso della contribuente , ritenendo fondata l’eccezione
preliminare di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
La CTR, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, disattesa l’eccezione di nullità per difetto di
motivazione, confermava la legittimità dell’avviso di accertamento e la fondatezza, nel merito, di
tutti rilievi ivi contenuti.
Il giudice di secondo grado, in particolare, sull’eccezione relativa alla mancanza di una specifica
motivazione, nell’avviso di accertamento, in ordine alle osservazioni rese dalla contribuente dopo la
notifica del p.v.c., affermava che l’art. 12 comma 7 L.212/00 non solo non prevedeva la sanzione
della nullità, ma neppure che la valutazione delle deduzioni e osservazioni debba essere oggetto di
motivazione, e riteneva che detta sanzione non potesse farsi derivare dal sistema tributario, in
assenza di specifica previsione normativa.
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La verifica fiscale e le conseguenti riprese a tassazione scaturivano da indagini di p.g. condotte nei

Rilevava altresí, nel merito, che era stata raggiunta la prova sia del carattere fittizio delle operazioni,
che della consapevolezza ed attiva partecipazione al sistema di frode fiscale della contribuente.
Respingeva, inoltre, la domanda subordinata della contribuente, di mancata applicazione delle
sanzioni per carenza di “colpevolezza”, ed affermava altresì che l’entità delle stesse era stata
correttamente determinata dall’Ufficio.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunzia la violazione degli artt. 3 e 21 septies
L.241/90, dell’ art. 12 comma 7 L.212/00, dell’art. 42 Dpr 600/73 , art. 6 CEDU, 41 Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio comunitario del diritto alla difesa,
lamentando che la CTR abbia omesso di affermare la nullità dell’avviso di accertamento per
violazione dell’obbligo di motivazione specifica in ordine alle ragioni per cui le difese esposte dal
contribuente in sede endoprocedirnentale non sono state accolte.
Il motivo non ha pregio.
Conviene premettere che non è qui in discussione la violazione da parte dell’Amministrazione, ai
sensi dell’art. 12 comma 7 1. 212/00, del termine dilatorio di sessanta giorni (dal rilascio di copia
del pvc di chiusura delle operazioni) per l’emanazione dell’avviso di accertamento che, in
conformità ad indirizzo ormai consolidato di questa Corte ( a partire da Cass. Ss.Uu. 18184/2013),
determina di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salva la ricorrenza, da
comprovarsi da parte dell’Ufficio, di specifiche ragioni di urgenza.
Nel caso di specie, pacifico il rispetto da parte dell’Amministrazione del termine di cui all’art. 12
comma 7 1. 212/00, la contribuente lamenta invece che nella motivazione dell’avviso di
accertamento non siano state specificamente confutate le deduzioni ed osservazioni rese all’esito
della notifica del p.v.c.

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Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con dodici motivi, la contribuente.

Ora, se è vero che il rispetto del termine dilatorio su menzionato, in quanto strumentale a consentire
all’Amministrazione la valutazione delle osservazioni e deduzioni del contribuente, risulta
direttamente attuativo del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, ” quale indispensabile
strumento di tutela del contribuente e di garanzia del miglior esercizio della potestà impositiva
anche nell’interesse dell’Amministrazione” (cosi la recente Cass. Ss.Uu. 24823/2015), non può però

nell’avviso di accertamento, sulle deduzioni ed osservazioni del contribuente, sanzionato a pena di
nullità.
Deve anzitutto rilevarsi che l’art. 12 comma 7 1.212/00 non prevede, a differenza dell’osservanza
del termine dilatorio di 60 gg., (” l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della
scadenza del predetto termine”), un obbligo specifico di motivazione, nell’avviso di accertamento,
in ordine alle deduzioni del contribuente.
Nè tale obbligo è in generale previsto dallo Statuto del contribuente, che, all’art. 7 ( la cui rubrica
significativamente è intitolata ” Chiarezza e motivazione degli atti “), prevede che gli atti
dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge
7 agosto 1990, n. 241, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell’amministrazione.
L’ordinamento tributario conosce peraltro ipotesi, specifiche, in cui l’obbligo di motivazione in
ordine alle deduzioni del contribuente è espressamente previsto a pena di nullità, come nell’ipotesi
dell’art. 37 bis commi 4 e 5 Dpr 600/73 e dell’art. 16 comma 7 D.lgs. 472/1997.
Anche in materia di parametri o studi di settore, il consolidato indirizzo di questa Corte ritiene che
la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai
parametri, ma dev’essere integrata, anche sotto il profilo probatorio, con le ragioni per le quali sono
state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo cosi
emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti

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ritenersi che il rispetto del contraddittorio si traduca in un obbligo di specifica motivazione,

parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria a carico del contribuente(Cass.
27822/2013 ; 25902/2015).
Avuto riguardo a tale particolare tipologia di accertamenti, peraltro, questa Corte ha evidenziato che
il contraddittorio con il contribuente costituisce un elemento essenziale ed imprescindibile del
giusto procedimento, in considerazione delle intrinseche caratteristiche e limiti normativi, in quanto

dello strumento statistico, con la conseguente necessità di adeguamento alla realtà reddituale del
singolo contribuente, potendo solo cosí emergere gli elementi idonei a commisurare la presunzione
alla concreta realtà economica dell’impresa ( ex multis Cass.; 27822/13; 12428/12).
In tali casi, dunque, il contraddittorio con il contribuente e gli elementi da costui indicati hanno
natura, per cosi dire, costituiva, in quanto consentono di dare concretezza alla mera elaborazione
statistica e di commisurare la presunzione alla concreta realtà economica dell’impresa, con la
conseguenza che detti elementi devono necessariamente essere indicati nella successiva
motivazione del provvedimento, che non potrà che riferirsi alle condizioni concrete e alla
particolari caratteristiche ( economiche) di quello specifico contribuente ( salvo il caso di sua
colpevole inerzia).
Al di fuori, dunque, di casi specifici, espressamente previsti dalla legge o connaturati alla stessa
natura dello strumento utilizzato ( come nel caso degli “accertamenti standardizzati”), non è
ravvisabile un obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in relazione a qualsivoglia
deduzione del contribuente, dovendo invece ritenersi che il relativo obbligo sia soddisfatto mediante
l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che giustificano le diverse
contestazioni, con un grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta all’interessato un
esercizio non difficoltoso del diritto di difesa, si da porre il contribuente in condizione di valutare
l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente
l'”an” ed il “quantum debeatur” (Cass. 16836/2014).

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tali accertamenti trovano origine in elaborazioni di per sé soggette alle approssimazioni proprie

L’adeguatezza della motivazione, dunque, non può essere valutata con criteri formali, né ritenendo
necessaria la specifica confutazione di tutte le deduzioni, più o meno pertinenti e rilevanti, del
contribuente, ma va piuttosto commisurata in considerazione della essenziale funzione della stessa,
quale desumibile dallo stesso art. 7 L.212/00, di indicare in modo chiaro e preciso la ratio delle
singole contestazioni.

conseguenza che non può affermarsi la mancanza di motivazione dell’accertamento per il solo fatto
che le osservazioni suddette, pur valutate dall’Ufficio, non siano state espressamente richiamate in
motivazione ( magari con mera clausola di stile), sussistendo, al contrario, una obiettiva carenza
motivazionale del provvedimento, solo quando risulti, ricadendo il relativo onere probatorio sul
contribuente, che, a fronte di contestazioni specifiche e rilevanti, incidenti su fatti decisivi, idonee
ad inficiare gli stessi presupposti dell’ accertamento ( o di singole riprese), l’atto impositivo abbia
del tutto omesso di indicare le ragioni per le quali dette contestazioni sono state disattese ed i
relativi temi d’indagine non approfonditi, onde da tale mancanza sia derivata una obiettiva e
sostanziale incompletezza o incoerenza della ratio delle riprese a tassazione.
Orbene, nel caso di specie la ricorrente, nel riportare sinteticamente nel corpo del ricorso le proprie
deduzioni, si è limitata a censurare il mancato richiamo, nella motivazione dell’avviso di
accertamento, alle deduzioni suddette.
Ha peraltro omesso di specificare, anche richiamando i relativi passi del provvedimento impugnato,
in che misura tale mancanza di specifica confutazione abbia determinato una sostanziale carenza di
motivazione dell’avviso di accertamento, in relazione alle su menzionate esigenze di chiarezza e
completezza della motivazione medesima, carenza che si sia dunque tradotta in una effettiva e
sostanziale disapplicazione del contraddittorio e delle argomentazioni difensive della contribuente,
quali rappresentate nelle deduzioni da questa tempestivamente trasmesse all’Amministrazione.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 14 comma 4 bis
L.537/1993, in relazione all’art. 360 n.3) cpc, per avere i giudici di secondo grado ritenuto che
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In tale prospettiva, è ben possibile una reiezione implicita delle allegazioni del contribuente, con la

l’archiviazione ex artt. 408 e ss. cpp dell’unico procedimento penale avviato sui fatti in
contestazione non abbia determinato l’inapplicabilità del divieto di deduzione di costi a fini Ires.
Il motivo è inammissibile, in quanto non censura ambedue le rationes decidendi della statuizione
impugnata.
La CTR, infatti, nel confermare la ripresa avente ad oggetto la indeducibilità dei costi non ha fatto

recupero si fondava anche sull’art. 109 TUIR , per cui i costi in oggetto erano stati ripresi a
tassazione ai sensi degli artt. 5 e 11 d.lgs. 446/1997.
Ed invero, come questa Corte ha già affermato, in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14,
comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l’art. 8,
comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione
del precedente comma 3, quale “jus superveniens” con efficacia retroattiva “in bonam partem”, sono
deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode
carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia
consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo per i costi relativi a beni o servizi
direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo, ovvero che si tratti di costi in
contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o
determinabilità. (Cass.26461/2014).
Tale ulteriore ratio decidendi , vale a dire la mancanza di certezza, effettività ed inerenza dei costi,
non risulta specificamente censurata dalla contribuente.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 comma 4 bis 1.537/93
in relazione all’art. 360 n.3) cpc , per avere i giudici ritenuto che il divieto di deduzione operi anche
in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, quali sono quelle oggetto della controversia.
Pure tale motivo è inammissibile.
Esso infatti ripropone la sola violazione dell’art.14 1.537/93 ma non censura l’ulteriore

ratio

decidendi della statuizione impugnata, avente ad oggetto l’ indeducibilità dei costi per la mancanza
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soltanto riferimento al provvedimento di archiviazione in sede penale, ma ha altresì rilevato che il

dei requisiti di cui l’ art. 109 TUIR, cui è subordinata, in via generale, la deducibilità dei
componenti negativi, e la cui ricorrenza deve, evidentemente, escludersi in relazione ad operazioni
oggettivamente inesistenti, quali quelle oggetto del presente giudizio.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione
all’art. 360 n.3) cpc, per avere la CTR ritenuto che gravava sulla contribuente, a fronte della

Il motivo non ha pregio.
Va premesso che la fattura, di regola, salva l’ipotesi di contabilità inattendibile, è documento idoneo
a rappresentare un costo per l’ impresa, purché sia redatta in conformità ai requisiti di forma e
contenuto ivi prescritti (Cass. 15395/2008).
A fronte dell’esibizione di una fattura spetta all’Ufficio dimostrare la mancanza delle condizioni per
la detrazione e deduzione.
Nell’ipotesi, dunque, di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni oggettivamente
inesistenti, come nel caso di specie, incombe sull’amministrazione che deduce la falsità del
documento , l’onere di dimostrare che l’operazione commerciale oggetto della fattura in realtà non è
mai stata posta in essere.
Tale prova può tuttavia essere fornita, ai sensi dell’art. 54 Dpr 633/72, mediante presunzioni
semplici, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove certe.
Considerato il contenuto precettivo dell’art. 54 Dpr 633/72 le presunzioni semplici costituiscono
dunque una prova completa alla quale il giudice può attribuire rilevanza , anche in via esclusiva, ai
fini della decisione, nel qual caso passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza
delle operazioni contestate, a norma dell’art. 2697, comma 2 cod. civ. (Cass. 9108/2012).
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, qualora l’Amministrazione contesti al
contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca
attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente
dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo
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contestazione di inesistenza delle operazioni, l’onere di provare l’esistenza dei prodotti.

sufficiente, a tal fine, la dimostrazione della regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili
dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili(Cass. n. 21953 del
2007 e Cass. n. 12802/2011) .
La sentenza impugnata è in linea con tali consolidati principi.
La CTR ha infatti dato atto che l’amministrazione aveva evidenziato obiettivi elementi dai quali

a) le dichiarazioni rese nel processo penale dal Cetti Serbelloni, che risultava l’ideatore del
sistema di frode e dal suo collaboratore Gandini, ma anche di una dipendente che svolgeva
funzioni contabili in una delle società coinvolte nell’operazione.
b) le stesse deduzioni contenute nell’atto di costituzione della Ghirlanda, in cui si ammetteva la
vendita in circolo dei beni i quali, anziché essere immessi sul mercato per essere venduti a
“clienti finali”, venivano ceduti per tornare in proprietà delle originarie società fornitrici.
A fronte di tali elementi, ritenuti gravi e rilevanti, la CTR ha correttamente affermato che
incombeva sulla contribuente l’onere di superare la presunzione di fittizietà e dimostrare la
veridicità del rapporto sostanziale posto a fondamento delle fatture ( Cass. n. 9108/2012).
Con il quinto motivo la contribuente denunzia la violazione dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art.
360 n.3) codice di rito, per avere i giudici ritenuto provata l’inesistenza oggettiva delle operazioni,
sulla base di elementi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
In particolare, secondo la prospettazione della contribuente la CTR avrebbe erroneamente desunto
l’inesistenza oggettiva delle operazioni sulla base di alcune dichiarazioni rese in sede penale,
riportate in stralcio, non corroborate da ulteriori elementi, rappresentati dal pagamento della sola
Iva e dalla sistematica compensazione di crediti verso il cliente e debiti verso il fornitore.
Con il sesto motivo si denunzia la medesima violazione e falsa applicazione dell’alt 2729 c.c. sotto
diverso profilo, lamentando l’apodittica adesione da parte della CTR alla tesi dell’Ufficio, che ha
fondato l’esistenza di una frode sulla base delle risultanze di indagini penali, non riferite
specificamente alle operazioni in contestazione e non riscontrate da elementi oggettivi di prova.
8

desumere il carattere fittizio delle operazioni, indicando al riguardo:

I motivi che, in virtù dell’intima connessione, vanno unitariamente esaminati, non hanno pregio.
Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, allorquando la prova addotta sia costituita da
presunzioni – le quali, anche da sole, possono formare il convincimento del giudice del merito rientra nei compiti di quest’ultimo il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a dimostrare i
relativi fatti e situazioni sostanziali , secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, essendo il

immune dal vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti
della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in
relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento
singolare a ciascuno di questi (Cass.26022/2011).
Orbene, nel caso di specie la CTR risulta essersi conformata a tali principi, avendo valutato
complessivamente l’insieme degli elementi istruttori, ed esaminato non soltanto le risultanze del
processo penale ( e le dichiarazioni ivi rese) e le acquisizioni documentali della Guardia di finanza,
ma anche le stesse difese ( ed ammissioni ) della contribuente , ritenendo, con valutazione di merito
che, in quanto fondata su un corretto procedimento logico e sorretta da motivazione adeguata e non
contraddittoria, non è sindacabile nel presente giudizio, la gravità, precisione e concordanza degli
indizi acquisiti.
Con il settimo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 11 bis d.lgs.
446/1997 e 109 TUIR, in relazione all’art. 360 n.3) cpc, per avere la CTR affermato che il diritto
alla deduzione di un costo può essere negato anche solo se risulti acclarato, sulla base di elementi
obiettivi, la partecipazione del soggetto ad un’operazione di frode fiscale.
Pure tale censura non ha pregio, in quanto non coglie la ratio della statuizione impugnata.
La CTR ha infatti fondato la pronuncia di indeducibilità dei costi, non già sulla mera partecipazione
della contribuente alla frode fiscale, ma sul carattere oggettivamente fittizio delle operazioni
fatturate e sulla carenza dei requisiti di cui all’art. 109 TUIR, che subordinano la deducibilità dei
costi all’effettività , inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità degli stessi.
9

relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione

In tale più ampio contesto va inteso il riferimento alla consapevole partecipazione della
contribuente alla frode fiscale, realizzata mediante fatturazione di operazioni inesistenti, come
evidenziato dai fatti ed argomenti ampiamente riportati nella motivazione della sentenza impugnata.
Con l’ottavo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 11 bis del d.lgs.
446/1997, nonché degli artt. 72, 83 , 85 e 109 TUIR, degli artt. 3 e 53 Cost., in relazione all’art. 360

generato anche ricavi e questi erano risultati superiori ai correlati costi , la deduzione dei secondi
doveva comunque essere ammessa.
La ricorrente, in particolare, deduce che, anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 8 comma 2 dl
16/2012 conv. nella 1. 44/2012, sulla base dei principi dell’ordinamento tributario, quali desumibili
dagli artt. 3 e 53 Cost. e dalle altre disposizioni del TUIR richiamate (artt. 72, 83, 85 e 109), nel
caso in cui sia accertato il carattere fittizio di un’operazione, i relativi ricavi, in quanto fittizi,
devono escludersi dalla formazione dell’imponibile, e , simmetricamente, che assoggettando ad
imposizione i ricavi fittizi devono considerarsi deducibili i connessi costi fittizi, in quanto riferibili
ad attività e beni da cui derivano proventi che concorrono a formare il reddito.
Con il nono motivo si denunzia l’omessa pronuncia, ai sensi dell’ art. 360 n.4) cpc, in relazione alla
medesima questione, vale a dire la necessità di riconoscere, nel caso di specie, la deducibilità dei
costi, in quanto le operazioni contestate avevano generato ricavi risultati superiori ai componenti
negativi.
Con il decimo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 comma 2 131 16/2012
conv. nella L.4/2012 in relazione all’art. 360 n.3) cpc, per non avere la CTR applicato alla presente
fattispecie la suddetta norma, che risulta applicabile, ove più favorevole, anche retroattivamente.
I tre motivi che precedono, in quanto connessi, possono essere unitariamente esaminati.
Deve anzitutto rilevarsi che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, anteriormente
all’entrata in vigore dell’art. 8 D1 16/2012, sia in materia di accertamento dell’iva, che delle imposte
sui redditi, qualora l’amministrazione, ritenendo fittizia (oggettivamente o soggettivamente)
10

n.3) codice di rito, per non avere ritenuto i Giudici che, poiché le operazioni contestate avevano

un’operazione di acquisto, ne avesse recuperato a tassazione i costi, non avrebbe dovuto
correlativamente ridurre i ricavi, non sussistendo alcun automatismo tra la ritenuta fittizietà
dell’operazione e tale riduzione: l’amministrazione non aveva dunque alcun obbligo di escludere,
in proporzione, i ricavi esposti dallo stesso contribuente, né era tenuta ad accertare la dichiarazione
nella sua interezza, potendo limitarsi ad analizzare l’esistenza dei costi dichiarati (Cass. 17729/2009

Con riguardo alle operazioni inesistenti, quali configurabili nel caso di specie, l’art. 8 comma 2, di
n.16/2012 come conv. nella 1.44/2012 – costituente ius superveniens, applicabile alla presente
controversia in forza del successivo comrna 3 – ha stabilito che i componenti positivi direttamente
afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o
prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti
dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese (Cass. 27040/2014 e Cass.
25967/2013).
In tal caso, dunque, fermo l’onere a carico del contribuente di provare che i componenti positivi, in
quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, siano anch’essi fittizi, detti componenti
positivi vanno esclusi dalla base imponibile , fatta salva l’applicazione di una sanzione
amministrativa.
Vanno dunque disattesi l’ottavo e nono motivo, mentre va accolto il decimo nei termini sopra
indicati.
Con l’undicesimo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 5 d.lgs.
472/1997, in relazione all’art. 360 n.3) cpc, per avere la CTR affermato che le sanzioni irrogate con
l’atto impugnato, riguardando esclusivamente l’esercizio 2006, erano state correttamente calcolate.
Il motivo è fondato.
L’art. 12 comma 5 D.lgs. 472/1997 prevede infatti l’istituto del cumulo delle sanzioni
amministrative nel caso di infrazioni della medesima indole , relative più periodi d’imposta e a più
tributi , stabilendo in particolare che, nel caso in cui la sanzione, in presenza dei relativi presupposti,
11

e Cass. 3267/2012).

non sia stata ab origine irrogata in modo unitario, la stessa venga successivamente determinata
(dall’Ufficio o dal giudice di merito) tenendo conto di tutte le sanzioni separatamente irrogate.
Orbene, nel caso di specie la CTR, a fronte della specifica domanda della contribuente, non ha
valutato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni
(plurime violazioni della stessa specie, unificabili a titolo di concorso e progressività), limitandosi a

In conclusione vanno accolti il decimo e l’undicesimo motivo di ricorso, respinti gli altri.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata per
nuovo esame, su tali punti, ad altra sezione della CTR della Lombardia , la quale procederà alla
regolazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il decimo ed undicesimo motivo di ricorso, respinti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per la regolazione delle
spese del presente giudizio innanzi ad altra sezione della CTR della Lombardia.
Così deciso in Roma il 9 febbraio 2016
stensore

Il Presidente

rilevare che dette sanzioni si riferivano al solo anno 2006.

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