Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7896 del 17/04/2020

Cassazione civile sez. I, 17/04/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 17/04/2020), n.7896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 7456/2016 proposto da:

Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Marcantonio Colonna n. 54, presso lo studio dell’Avv. Federico

Garritano Federico, rappresentata e difesa dall’Avv. Aldo Corvino,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Aurelia 2000 S.c.a r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza San Salvatore

in Lauro n. 13, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Puglisi,

rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Nitto e Alberto

Villani, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato e

congiunto al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3625/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avv. Giuseppe Nitto che ha chiesto

il rigetto del ricorso e la distrazione delle spese quale

procuratore antistatario.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa pubblica il 20 aprile 2009, il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda proposta dalla società Aurelia 2000 soc. coop. a r.l. – che esponeva di avere intrattenuto con la Banca diversi rapporti di conto corrente, in relazione ai quali non era stato convenuto alcun tasso d’interesse e che chiedeva l’accertamento dell’esatto dare-avere tra le parti – ha condannato la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. convenuta alla restituzione, in favore della prima, della somma di Euro 406.135,50, oltre interessi dalla domanda, a titolo di interessi anatocistici illegittimamente applicati e di interessi ultralegali non determinati da causa scritta.

2. La Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. proponeva appello con atto del 13 maggio 2009, lamentando che il Tribunale aveva escluso l’applicabilità dell’art. 2034 c.c., allorchè la società Aurelia 2000 soc. coop. a r.l. aveva pagato spontaneamente e per intero le somme che le erano state richieste; che il C.T.U. non aveva applicato agli altri conti correnti la regolamentazione prevista per il conto n. (OMISSIS) nel quale erano indicati i tassi di applicare e le commissioni di massimo scoperto; la sussistenza di un uso normativo in ordine alla legittimità, in riferimento all’art. 1283 c.c., della capitalizzazione trimestrale degli interessi fino all’entrata in vigore della Delib. C.I.C.R. e, comunque, l’applicabilità nel caso in esame degli artt. 1831 e 1823 c.c..

3. La società Aurelia 2000 soc. coop. a r.l. si costituiva nel giudizio di secondo grado contestando la fondatezza del gravame proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. e spiegava appello incidentale sulla regolamentazione delle spese di primo grado.

4. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 3625/2015, rigettava entrambi gli appelli, principale ed incidentale, e compensava per un quarto le spese di appello, condannando la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. al pagamento della restante parte.

5, La sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata impugnata dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.

6. La società Aurelia 2000 soc. coop. a r.l. ha presentato controricorso.

7. La Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. ha depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle prove acquisite sui punti decisivi della controversia in relazione alla mancata applicazione del tasso debitore previsto nel contratto esibito del 2 aprile 1998 a tutti gli altri conti nn. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

In particolare, la Banca ricorrente afferma che la regolamentazione del conto n. (OMISSIS) – ritenuto contratto normativo – doveva essere applicata anche agli altri rapporti e che andavano, quindi, eliminati solo gli interessi anatocistici e non anche gli interessi ultralegali; che la società non aveva contestato che i rapporti in esame fossero aperture di credito e che agli stessi andavano applicati gli interessi legali.

La società ricorrente esponeva, altresì, che la Corte di appello di Napoli aveva omesso ogni esame del contratto relativo al conto n. (OMISSIS), non inferendo l’applicazione delle condizioni ivi previste anche a tutti gli altri rapporti di conto corrente.

2. Il motivo manifestamente infondato.

La Corte di appello, contrariamente a quanto asserito dalla società ricorrente, ha preso in considerazione il contenuto del contratto relativo al conto n. (OMISSIS) e ha affermato che, nel caso in esame, non ricorreva nessuna delle ipotesi proposte dall’appellante: nè il collegamento negoziale tra il contratto di conto corrente n. (OMISSIS) e gli altri conti; nè un implicito richiamo al conto n. (OMISSIS) per quel che riguardava le condizioni contrattuali, ivi comprese la misura dell’interesse; nè l’applicazione anche a tali conti della disposizione di cui dell’art. 117, comma 2 TUB in forza del quale il CICR può autorizzare la stipulazione dei contratti con i clienti in forma diversa da quella scritta.

I giudici di secondo grado hanno rilevato, altresì, che il collegamento tra il conto regolato e gli altri conti era limitato alla mera identità dei soggetti del rapporto (la banca e il cliente), ma nulla si conosceva in ordine alla ragione per la quale si sarebbe “frantumato” un unico rapporto in tanti rapporti distinti e quale sarebbe stato il legame funzionale tra i vari conti e che nulla era stato allegato circa la complementarietà degli altri conti rispetto a quello per così dire principale.

La Corte di appello di Napoli ha messo in evidenza, inoltre, che non si conosceva se quei conti fossero strumentali rispetto a quello principale e se attraverso di essi venissero convogliate operazioni relative ad un solo affare o venissero effettuate altre operazioni e che ignorandosi tali circostanze non poteva dedursi immediatamente che il tasso di interesse ad essi applicato fosse il medesimo di quello previsto per il conto cosiddetto principale.

In ultimo, la Corte territoriale, pur rilevando l’identità delle condizioni generali degli altri conti, ribadiva che in esse (condizioni generali) non si rinveniva un esplicito rinvio al tasso applicato al conto principale e definiva il richiamo all’art. 117 TUB non pertinente sia perchè non constava che nelle Delib. CICR i contratti di conto corrente posteriori al primo potessero essere stipulati senza la specifica previsione del tasso d’interesse e delle altre condizioni contrattuali, sia perchè non si prevedeva la forma scritta per il contratto di apertura di credito regolato in conto corrente quando quest’ultimo risultava per iscritto e conteneva le indicazioni richieste dal TUB e da altre norme secondarie da esso richiamate.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte è da tempo ferma nel ritenere che “in ordine al concreto accertamento della volontà dei contraenti – la società debitrice principale e la banca – di concludere contratti collegati, si tratta di un tipico accertamento di fatto, che sfugge al giudice di legittimità (Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148; 14 febbraio 2013, n. 3668; 13 aprile 2010, n. 8730; 5 marzo 2007, n. 5066)” (Cass., 11 giugno 2018, n. 15148).

In ordine, poi, alla convenzione relativa agli interessi ultralegali, questa Corte ha precisato che l’accordo avente ad oggetto tale tipo di interessi soddisfa la condizione posta dall’art. 1284 c.c., comma 3, allorchè, pur non recando l’indicazione in cifra del tasso di interesse, contenga il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purchè oggettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del tasso stesso (tra le più recenti: Cass. 30 marzo 2018, n. 8028; Cass. 23 febbraio 2016, n. 3480) e che non sono sufficienti generici riferimenti dai quali non emerga con sufficiente chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24153; Cass. 30 ottobre 2015, n. 22179).

Di recente, poi, la Corte soffermandosi sulla ratio dell’art. 117 TUB ha affermato che la stessa “pur nella cornice dei valori costituzionali del corretto funzionamento del mercato e dell’uguaglianza non solo formale tra contraenti (artt. 41 e 3 Cost.: cfr. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 con generale riferimento alle nullità di protezione) – va individuata in una esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza e della eliminazione delle cosiddette asimmetrie informative: infatti, la prescrizione che fa obbligo di indicare nel contratto “il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati” intende porre quel soggetto nelle condizioni di conoscere e apprezzare con chiarezza i termini economici dei costi, dei servizi e delle remunerazioni che il contratto programma: ed è evidente, allora, che tale finalità possa essere perseguita, con riguardo alla determinazione dell’interesse, non solo attraverso l’indicazione numerica del tasso, ma anche col rinvio a elementi esterni obiettivamente individuabili, la cui materiale identificazione sia cioè suscettibile di attuarsi in modo inequivoco” (Cass., 26 giugno 2019, n. 17110).

3. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 (dodicimila) compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2020

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