Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7893 del 03/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7893 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 7734-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
BATTISTI FABIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO
21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo
rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1104/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 4/02/2010, depositata il 15/03/2011;

Data pubblicazione: 03/04/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA.
Fatto e diritto
Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ.

civ. e 375 cod. proc. civ. : “La Corte di appello di Roma, quale giudice
del rinvio, “in parziale accoglimento dell’appello ed in parziale riforma
della sentenza appellata”, dichiarava la nullità del termine apposto al
contratto stipulato tra le parti con decorrenza 3 maggio 1999 e la
conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a partire dalla stessa data ” ad oggi” ; condannava Poste
Italiane s.p.a. al pagamento in favore dell’appellante delle retribuzioni
di fatto erogate, pari alla somma mensile di € 1.366, 95 oltre interessi
legali e rivalutazione monetaria, con decorrenza dal 20 settembre 2000.
La Corte territoriale, premesso che l’ambito del devoluto investiva la
verifica della legittimità dell’apposizione del termine al primo dei
contratti in controversia stipulato con decorrenza dal 6 luglio 1998 al
30 settembre 1998 per “necessità del servizio in concomitanza di
assenze per ferie nel periodo giugno-settembre” , ha ritenuto illegittima
la clausola del termine in quanto stipulata in assenza di in quanto non
sorretto da fattispecie autotizzatoria negoziata dalle parti collettive ai
sensi dell’art. 23 L. n. 56 del 1987. In ordine alle conseguenze
risarcitorie della accertata nullità la Corte territoriale ha ritenuto
inapplicabile la disposizione di cui all’art. 32 L. n. 183 del 2010 sul
rilievo della definitiva della statuizione risarcitoria adottata dalla Corte
territoriale stante il rigetto del motivo di ricorso per cassazione alla
stessa relativo.
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Ric. 2012 n. 07734 sez. ML – ud. 04-02-2014

ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane
s.p.a., deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 324 cod. civ. e
dell’art. 2909 cod. civ. la formazione del giudicato con riguardo alla
statuizione risarcitoria . Ha rilevato che la statuizione di condanna non
aveva una propria individualità ed autonomia tale da integrare una

sentenza rescindente aveva dichiarato inammissibile esclusivamente la
censura avente ad oggetto la decisione della Corte territoriale di
parametrare il risarcimento del danno alla data di messa in mora
laddove essa società aveva censurato la condanna risarcitoria anche in
ordine alla violazione del principio di sinallagmaticità , censura sulla
quale il giudice di legittimità aveva omesso di pronunziare. La parte
intimata ha depositato controricorso.
Il motivo è infondato.
E’ principio di diritto consolidato quello secondo cui costituisce capo
autonomo della sentenza – come tale suscettibile di formare oggetto di
giudicato interno – quello (e soltanto quello) che risolva una questione
controversa tra le parti caratterizzata da una propria individualità e una
propria autonomia, si da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum
affatto indipendente, ma non anche quello afferente non solo alle mere
argomentazioni ma anche ad affermazioni che costituiscono mera
premessa logica della statuizione in concreto adottata. ( ex plurimis
Cass. n. 4732 del 2012, n. 22863 del 2007).
Nel caso concreto non è revocabile in dubbio l’autonomia ed
individualità della statuizione di condanna al risarcimento del danno
adottata dalla Corte di appello; si tratta,infatti, di pronuncia resa
all’esito di specifico accertamento, sulla base di domanda autonoma e
distinta, nei contenuti e nei presupposti, rispetto a quella intesa alla
declaratoria di illegittimità dell’apposizione del termine; essa è infatti
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Ric. 2012 n. 07734 sez. ML – ud. 04-02-2014

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decisione del tutto indipendente; in secondo luogo ha rilevato che la

destinata a risolvere una questione controversa che si pone su un piano
diverso, seppure consequenziale a quello della illegittimità
dell’assunzione a tempo determinato, attendendo alle conseguenze
patrimoniali della rilevata illegittimità.
Il motivo è infondato.

interno sulla statuizione di condanna al risarcimento del danno, con
riguardo all’ulteriore profilo denunziato dalla ricorrente che investe i
limiti dell’effetto devolufivo connessi alla parziale cassazione della
decisione di appello, si premette che la sentenza rescindente, con
riferimento al motivo di ricorso con il quale Poste aveva investito la
statuizione del giudice di appello di condanna al pagamento delle
retribuzioni maturate dalla messa in mora ( 20.2.2009 ) ha così
motivato : “con l’ultimo motivo del ricorso viene censurata la
statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha condannato
la società al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni dalla
data di messa in mora; la società ricorrente denuncia in sostanza la
violazione del principio di corrispettività delle prestazioni oltre che
della disciplina privatistica in tema di onere probatotio;la censura è
inammissibile;secondo il costante insegnamento di questa Corte
Suprema (cfr., da ultimo, Cass. 28 luglio 2008 n. 20518), ove una
determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto
– non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il
ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha
l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità
della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione
innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di
Cassazione di controllare

ex adis

la veridicità di tale asserzione prima di
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Ric. 2012 n. 07734 sez. ML – ud. 04-02-2014

Affermata la astratta ammissibilità della formazione del giudicato

esaminare nel merito la questione stessa; posto che la Corte territoriale
ha esplicitamente individuato l’atto col quale il lavoratore ha offerto la
propria prestazione determinando così, a carico del prestatore di
lavoro, una situazione di mora accipiendi, la censura deve essere
considerata inammissibile per violazione del principio di

suddetto documento, del quale viene contestata l’idoneità a costituire
atto di costituzione in mora (cfr., ad esempio, Cass. 10 agosto 2004 n.
15412);” ( Cass. n. 14652 del 2009).
Dalle argomentazioni della sentenza rescindente si evince che il giudice
di legittimità ha considerato la censura attinente alla violazione del
principio di corrispettività che ha espressamente richiamato: la società
ricorrente denuncia in sostanza la violnione del principio di corri,spettività delle
presta ioni ; ad essa (anche) ha riferito la valutazione di (globale)
inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza.
E’ pertanto condivisibile la interpretazione del giudice di appello in
ordine all’ambito del devoluto collegato decisum della Suprema Corte,
che è stato correttamente limitato alla sola verifica della illegittima
apposizione del termine in relazione al primo contratto, stante il
passaggio in giudicato della statuizione in punto di conseguenze
patrimoniali scaturenti dalla illegittima apposizione del termine. Con
l’ulteriore conseguenza della inapplicabilità dello ius superveniens di cui
alla L. n. 183 del 2010.
Il Collegio, riunito in camera di consiglio, valuterà se il ricorso sia
manifestamente infondato.”
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono
del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata
giurisprudenza in materia . Ricorre con ogni evidenza il presupposto
dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. civ. , per la definizione
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Ric. 2012 n. 07734 sez. ML – ud. 04-02-2014

autosufficienza, non essendo stato riprodotto nel ricorso il testo del

camerale..Conseguentemente il ricorso va respinto e la società
ricorrente condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio
come da dispositivo. Con distrazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione

100,00 per esborsi., oltre accessori. Con distrazione in favore dell’Avv.
Roberto Rizzo.

Roma, 4 febbraio 2014

delle spese che liquida in C 5000,00 per compensi professionali e in C

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