Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7889 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/03/2017, (ud. 13/01/2017, dep.28/03/2017),  n. 7889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18756/2014 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 251,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SIBILLA, che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BPER – BANCA POPOLARE EMILIA ROMAGNA SOC. COOP. in persona del

Presidente C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CANONACO,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNA CARUSO, GIUSEPPINA

CARUSO giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.S.A.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n 1554/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o

manifesta infondatezza del 1^ motivo (SU. n. 5073/1985 e Cass.

13507/2002); rigetto del 2^ motivo condanna alle spese e statuizione

sul contributo unificato;

udito l’Avvocato PAOLO CANONACO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la Banca Popolare dell’Emilia-Romagna Società Cooperativa, già Meliorbanca S.p.A. agiva per ottenere la declaratoria d’inefficacia dell’atto di donazione del 21 febbraio 2012 concluso da S.L., in favore dei tre figli minori, N., G. e S. avente ad oggetto alcuni beni immobili. La banca deduceva di essere creditrice del S. e della moglie, M., in virtù di atto di fideiussione relativa ad un finanziamento per l’originario importo di 2.000.0000 di Euro e che il credito era stato definitivamente accertato con decreto ingiuntivo dell’importo di Euro 214.690,44, non opposto dai debitori.

2. Lamentava di avere appreso che in sede di accordo di separazione consensuale, omologato dal Tribunale di Como, i coniugi si erano obbligati a trasferire in favore dei figli minori la proprietà indivisa delle unità immobiliari e che, in esecuzione di tale impegno, era stata perfezionata la donazione.

3. Si costituiva in giudizio S.L. formulando eccezioni in rito ed nel merito, mentre non si costituiva D.S.A.G., evocato in giudizio nella qualità di curatore speciali dei minori in relazione all’atto di donazione.

4. Con ordinanza della 18 aprile 2013 il Tribunale di Milano accoglieva il ricorso e dichiarava inefficace, ai sensi dell’articolo 2901 del codice civile, la donazione in oggetto.

5. Con atto di appello del 31 maggio 2013 S.L. impugnava l’ordinanza, eccependo il difetto di legittimazione passiva del curatore D.S.A.G., la perdita della garanzia fideiussoria e l’insussistenza dei presupposti per la declaratoria di inefficacia.

6. Si costituiva l’istituto di credito eccependo, preliminarmente, la tardività dell’appello e l’infondatezza, nel merito, del gravame.

7. Si costituiva il curatore speciale D.S. proponendo appello incidentale al fine di far rilevare il proprio difetto di legittimazione processuale.

8. Con sentenza del 24 aprile 2014 n. 1554, la Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile l’appello principale e rigettava quello incidentale.

9. Propone ricorso per cassazione S.L. sulla base di quattro motivi.

10. Resiste la Banca Popolare per l’Emilia-Romagna Società Cooperativa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto del Primo Presidente n. 136/2016.

2. Con il primo motivo S.L. deduce violazione dell’art. 78, comma 2 codice di rito, dell’art. 24 Cost. e dell’art. 320 c.c., u.c., artt. 101 e 102 codice di rito, in correlazione agli artt. 3 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla mancata integrazione del contraddittorio in fattispecie di litisconsorzio necessario.

3. Il ricorrente si duole perchè il giudice di appello, confermando la valutazione del giudice di prime cure, ha errato nell’interpretazione dell’art. 320 c.c., non ravvisando la carenza di legittimazione processuale in capo al curatore speciale, atteso che quest’ultimo era stato nominato con la finalità specifica del compimento dell’atto di trasferimento della proprietà dell’immobile oggetto di donazione. Il potere di rappresentanza processuale del minore, in capo al curatore, avrebbe dovuto risultare dal decreto di nomina del giudice tutelare, non potendosi, in mancanza, dedurre l’attribuzione della rappresentanza processuale del minore.

4. In ogni caso tale rappresentanza dovrebbe essere limitata ai giudizi propedeutici al perfezionamento di quel rapporto sostanziale. La conseguenza è la declaratoria di nullità dell’intero giudizio per il rilievo, anche di ufficio, della omessa nomina del curatore, non potendosi condividere l’assunto del giudice di appello secondo cui la competenza del curatore speciale, pur limitata all’atto indicato dal giudice tutelare, deve comprendere la rappresentanza per tutte le questioni che riguardano il rapporto del quale è stato nominato.

5. Con il secondo motivo lamenta la nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell’art. 78, comma 2 codice di rito e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

6. Sulla base delle medesime argomentazioni oggetto del precedente motivo il ricorrente rileva che il vizio rileva anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, configurandosi come nullità del procedimento e della sentenza impugnata per violazione delle norme richiamate.

7. Con il terzo motivo deduce la nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 133, 134 e 136 codice di rito e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, convertito con modificazione dalla L. n. 221 del 2012 e della normativa regolamentare sulla notifica e comunicazione a mezzo posta elettronica certificata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

8. Il ricorrente lamenta che la cancelleria del Tribunale di Milano non avrebbe fornito la prova idonea dell’avvenuto invio e della ricezione o non ricezione della comunicazione a mezzo pec ai difensori costituiti. Tale prova non può dedursi dalla comunicazione di cancelleria recante i dati del procedimento e la dizione formale “notificata pec” con orario e giorno di comunicazione, poichè tale documento non costituisce ricevuta telematica ai sensi della normativa regolamentare in mancanza degli allegati che attestino l’avvenuto invio della pec e la sua ricezione, oltre che la relazione di notifica prescritta dal D.L. n. 179 del 2012.

9. Con il quarto motivo lamenta nullità del procedimento e della sentenza per violazione delle disposizioni oggetto del precedente motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

10. Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di improponibilità del ricorso per cassazione formulata dall’istituto di credito nel controricorso, per essere stato proposto tardivamente. Secondo la controricorrente la sentenza la Corte d’Appello, notificata in data 13 maggio 2013, sarebbe stata impugnata con ricorso per cassazione “passato alla notifica in data 8 agosto e notificato al difensore dell’istituto di credito in data 16 agosto 2013”.

11. L’eccezione è infondata poichè dalla documentazione allegata al fascicolo del ricorrente emerge che in data 11 luglio 2014 è stata rilasciata la ricevuta al difensore della ricorrente relativa alla presentazione dell’atto di notifica, inviato a mezzo posta dall’ufficiale giudiziario il giorno successivo (12 luglio 2014) e notificato al difensore del curatore speciale in data 17 luglio 2014. Dovendosi fare riferimento alla data di invio della raccomandata il ricorso è certamente tempestivo.

12. I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente riguardando la violazione delle medesime disposizioni sulla base di identiche argomentazioni.

13. Le doglianze oggetto dei primi due motivi di ricorso, oltre che tardivamente formulate solo in appello, sono prive di fondamento. Secondo il costante orientamento di legittimità ricorre conflitto di interessi, tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentante legale, ogni volta che l’incompatibilità delle rispettive loro posizioni è anche solo “potenziale”, a prescindere dalla sua “effettività”.

14. Ne consegue che la relativa verifica va compiuta in astratto ed ex ante, secondo l’oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio: verifica che quindi, nella specie, porta senz’altro a concludere nel senso che i minori, figli del ricorrente, correttamente sono stati rappresentati nel processo da un curatore speciale, essendo in questione l’appartenenza, agli stessi o invece ai loro, genitori, dell’immobile oggetto della controversia.

15. Nè sono ravvisabili ragioni per derogare ai suddetti principi, che risultano pienamente coerenti con l’istituto di cui sono applicazione.

16. La corretta rappresentanza in giudizio delle parti che non hanno, come i minorenni, “il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere” (art. 75 c.p.c.) inerisce infatti alla legitimatio ad processum e rappresenta un “presupposto processuale”, ossia un requisito che per definizione deve essere presente al momento stesso dell’instaurazione della causa.

17. Ciò posto è incontesatabile che il curatore speciale, nominato per rappresentare in sede negoziale un incapace in conflitto d’interessi con il suo rappresentante legale, è il soggetto legittimato a resistere in giudizio in suo nome nelle controversie che ne derivano (Sez. 2, Sentenza n. 13507 del 16/09/2002 – Rv. 557414).

18. Riguardo alla concreta individuazione dell’ambito di rappresentanza del curatore speciale dal punto di vista processuale e, in particolare, allo specifico problema dell’estensione di tali poteri ai giudizi connessi alla conclusione del contratto (nel caso di specie, l’atto di donazione) la questione è stata definitivamente risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui i poteri di rappresentanza processuale si estendono necessariamente ai giudizi che sorgono in relazione all’atto in relazione al quale è stata disposta la nomina del curatore speciale dal giudice tutelare poichè, in questo ambito, il curatore speciale assume i poteri di rappresentanza identici a quelli del genitore.

19. Come rilevato anche dal Procuratore Generale in udienza, trova applicazione il principio secondo il quale il curatore speciale, che venga nominato dal giudice tutelare, in applicazione dell’art. 320 c.c., comma 2, in situazione di conflitto di interessi fra il minore ed il genitore esercente la patria potestà, svolge una funzione di contenuto identico a quella del genitore sostituito, e, quindi, sia pure nei limiti del particolare affare che ne ha imposto la nomina, rappresenta il minore anche sotto il profilo processuale (Cass. Sez. U, n. 5073 del 16/10/1985, Rv. 442390, conf 1357/85, Rv 439420 e Cass. 4178/78, Rv. 393799). La decisione delle Sezioni Unite ha superato il principio affermato dalla decisione n. 5776/84 (Rv n. 437451) citata dal ricorrente.

20. Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite (fattispecie sovrapponibile a quella in esame), il principio ha trovato applicazione nel caso di curatore speciale per la stipulazione di un contratto di fideiussione, ed è stato esteso al giudizio promosso dal creditore, in ipotesi dì inadempimento del debitore principale, per far valere l’obbligazione del fideiussore (salvo espressa esclusione contenuta nell’atto di nomina, non ricorrente nel caso di specie).

21. Analogamente il terzo e quarto motivo possono essere trattati congiuntamente riguardando la violazione delle medesime disposizioni, prospettando il ricorrente un error in procedendo (terzo motivo) e un error in judicando (quarto motivo) nei quali sarebbe incorsa la Corte territoriale adottando una pronunzia di inammissibilità per tardività dell’appello principale.

22. Le doglianze del ricorrente muovono dalla premessa, non contestata, che l’ordinanza pubblicata il 18 aprile 2013 ed oggetto di impugnazione è stata comunicata alle parti nella medesima data, ma il ricorrente assume di aver ricevuto la notifica a mezzo pec, solo in data 2 maggio 2013.

23. La Corte territoriale ha correttamente fondato quanto precede sulla base della certificazione, proveniente dalla cancelleria di avvenuta comunicazione dell’ordinanza in data 18 aprile 2013, dalla schermata del relativo invio e dalla copia della comunicazione con cui la cancelleria inviava alla difesa dell’istituto di credito l’ordinanza comunicata anche alla controparte.

24. Da ultimo è in atti la dichiarazione del cancelliere secondo cui, dalla disamina del registro del sistema civile SICID, risulta notificato in data 18 aprile 2013 il biglietto di cancelleria (certificazione dell’8 gennaio 2014) oggetto dell’istanza del difensore dell’istituto di credito.

25. Gli effetti giuridici connessi alla notifica di atto a mezzo p.e.c. si producono nel momento in cui il gestore del servizio rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario, ai sensi dell’art. 149 bis codice di rito.

26. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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