Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7889 del 16/04/2020

Cassazione civile sez. I, 16/04/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 16/04/2020), n.7889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso RG n. 6522/2019 proposto da:

M.N., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppe Lufrano, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 21 gennaio

2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Ancona del 21 gennaio 2019. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente, M.N., potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 25, comma 1 bis.

Col secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Col terzo motivo è denunciata la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Col quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 386 del 1998, art. 5, comma 6.

2. – Il ricorso è inammissibile.

La procura ad litem risulta redatta su di un foglio materialmente congiunto all’atto di impugnazione e, oltre ad essere stesa in caratteri diversi rispetto al ricorso, non presenta nemmeno un numero di pagina sequenziale rispetto ai fogli che lo precedono (la numerazione si arresta, difatti, all’ultima pagina di cui si compone il ricorso, recante, in calce, la sottoscrizione del difensore).

La medesima procura ad litem risulta inoltre priva del connotato della specialità provvedimento compatibile con rappresentanza legittimità: con rappresentanza di cui all’art. 365 c.p.c., non facendo menzione del impugnato, e presenta, anzi, un contenuto non un conferimento di poteri precisamente finalizzato alla e difesa del ricorrente nel presente giudizio di essa, infatti, il professionista è stato delegato alla e difesa “nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione”, con conferimento del potere, tra l’altro, di “proporre domande riconvenzionali, appelli principali od incidentali, eccezioni, opposizioni, reclami, querele di falso ed istanze di ogni genere, precisare o modificare le domande, eccezioni e conclusioni proposte, chiamare in causa terzi, riassumere o proseguire il giudizio in caso di interruzione o sospensione, compiere atti conservativi o cautelari in corso di causa, redigere precetti ed agire esecutivamente con facoltà di nominare sostituti avvocati con pari poteri”.

Ciò posto, secondo la giurisprudenza di questa Corte il ricorso per cassazione è inammissibile allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass. 5 novembre 2018, n. 28146; Cass. 24 luglio 2017, n. 18257).

Ma il ricorso è altresì inammissibile in quanto la suddetta procura non risulta conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, richiede, a pena di inammissibilità, detta posteriorità, precisando che “a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”. Tale certificazione è invece completamente assente; la procura difetta, del resto, di alcuna datazione.

La pronuncia di inammissibilità discende, quindi, sia dalla mancanza di specialità della procura, che, pur apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, non nomina la pronuncia impugnata e contiene espressioni generiche e non rispondenti a quanto richiesto per il giudizio di legittimità dall’art. 365 c.p.c., sia dalla mancata datazione della procura, che deve essere successiva alla comunicazione del decreto pronunciato dal tribunale, come richiesto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, il quale prescrive, allo scopo, la certificazione, da parte del difensore, della data di rilascio della procura medesima.

3. – Nulla è da statuire in punto di spese processuali.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2020

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