Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7886 del 06/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/04/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 06/04/2011), n.7886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5571/2007 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DON

MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA Roberto, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

sul ricorso 9456/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’ &

PARTNERS,

rappresentata e difesa dall’avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DON

MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA ROBERTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 66/2006 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/03/2006 r.g.n. 450/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI per delega CORNA ANNA MARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, con assorbimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 406 del 2004, rigettava la domanda proposta da B.C. di accertamento della illegittimità del licenziamento intimatole da Poste Italiane s.p.a.

in data 15 ottobre 2002 per assenza arbitraria, con condanna alla reintegrazione e al risarcimento del danno. Avverso detta sentenza proponeva appello la B..

2. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 66 del 2006 rigettava il ricorso.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza B.C., prospettando quattro motivi di ricorso.

4. Resiste Poste italiane con controricorso e ricorso incidentale.

5. La B., a sua volta, ha formulato controricorso in ordine al suddetto ricorso incidentale.

6. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

1.1. Con il primo motivo i ricorso è dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c., anche in relazione all’art. 35 CCNL Poste italiane 2001, vizio di motivazione.

In relazione al suddetto è stato articolato il seguente quesito di diritto: se l’art. 35 CCNL Poste italiane 2001 prevede il diritto del dipendente di scegliere 15 giorni consecutivi di ferie estive nel periodo 01 giugno – 30 settembre, e di goderne in assenza di un legittimo rifiuto – dapprima da allegarsi e, poi, da dimostrarsi – in capo al datore di lavoro. Se, in caso di rifiuto, il datore di lavoro deve comunicare e poi provare le effettive ragioni aziendali del rifiuto.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 1175 e 1375 c.c., nonchè il vizio di motivazione.

Il quesito di diritto ha il seguente tenore: se nell’esprimere il proprio diniego alle ferie nel periodo richiesto dal proprio dipendente e comunque nel rispettare il suo diritto alle ferie annuali ivi comprese quelle estive ex art. 35 CCNL, l’imprenditore deve comportarsi secondo i principi generali di correttezza e buona fede ed in caso di violazione degli stessi vi è esercizio arbitrario del proprio potere e quindi illegittimità del diniego di ferie.

3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione degli artt. 1460 e 2019 c.c., anche in relazione all’art. 35 del CCNL, nonchè vizio di motivazione. In merito allo stesso, il quesito di diritto ha il seguente tenore: se l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., è applicabile al rapporto di lavoro e comporta il dovere del giudice di valutare, dapprima la correttezza dell’operato del datore di lavoro e, quindi, la proporzionalità della reazione del lavoratore. Così, in caso di assenza per ferie non autorizzate, il Giudice deve valutare l’effettiva sussistenza di esigenze di servizio giustificanti il diniego e, nell’assenza elle medesime, ritenere legittimo il godimento delle ferie, tanto più in presenza di una norma collettiva che prevede il diritto al godimento di due settimane consecutive nel periodo estivo. In ogni caso la violazione del principio della introannualità delle ferie legittima l’eccezione di inadempimento del lavoratore nell’usufruire comunque delle ferie.

4. Con il quarto motivo di diritto è dedotta violazione dell’art. 2109 c.c., con riguardo al relativo principio della proporzionalità, nonchè vizio di motivazione.

5. Con il ricorso incidentale la società Poste italiane prospetta un unico motivo di ricorso: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia per non essersi la Corte d’Appello pronunciata sulla mancata indicazione da parte della B. delle ragioni dell’appello.

6. In primo luogo va rilevata l’improcedibilità dei motivi del ricorso principale per quanto gli stessi sono formulati con riguardo all’art. 35 del CCNL Poste italiane 2001, non risultando lo stesso allegato, secondo quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., n. 4.

7. Nei restanti profili, i motivi di ricorso, in ragione della loro intima connessione devono essere trattati congiuntamente.

8.1 suddetti motivi, per le ragioni che si andranno ad esporre, non sono fondati.

Va in primo luogo rilevato che, come la Corte ha avuto modo di affermare (Cass., sentenza n. 9816 del 2008) il lavoratore non può scegliere arbitrariamente il periodo di godimento delle ferie, nè imputare a ferie le assenze per malattia, trattandosi di evento che va coordinato con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività dell’impresa e la cui concessione costituisce una prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro.

La autodeterminazione della collocazione in ferie determina dunque un inadempimento contrattuale.

In proposito si può osservare (Cass., sentenza n. 21479 del 2005) che nei contratti a prestazioni corrispettive, quando una delle parti giustifica il proprio inadempimento con l’inadempimento dell’altra, occorre procedere alla valutazione comparativa del comportamento dei contraenti non soltanto in riferimento all’elemento cronologico delle rispettive inadempienze ma anche in relazione ai rapporti di causalità e di proporzionalità di tali inadempienze rispetto alla funzione economico-sociale del contratto al fine di stabilire se effettivamente il comportamento di una parte giustifichi il rifiuto dell’altra di eseguire la prestazione dovuta tenendo presente che va, in primo luogo, accertata la sussistenza della gravità dell’inadempimento cronologicamente anteriore, perchè quando questo non è grave, il rifiuto dell’altra parte di adempiere non è di buona fede e, quindi, non è giustificato. Va, inoltre, aggiunto che il requisito della buona fede previsto dell’art. 1460 c.c., per la proposizione dell’eccezione “inadimplenti non est adimplendum” sussiste quando nella comparazione tra inadempimento cronologicamente anteriore e prestazione corrispettiva rifiutata, il rifiuto sia stato determinato non solo da un inadempimento grave, ma anche da motivi corrispondenti agli obblighi di correttezza che l’art. 1175 c.c., impone alle parti in relazione alla natura del contratto e alle finalità da questo perseguite, (v. sentenza n. 4743 del 1998). In particolare con riferimento al contratto di lavoro l’ipotesi del sopravvenuto venir meno in modo totale o parziale della prestazione lavorativa tale da giustificare il licenziamento L. 70 maggio 1970, n. 300, ex art. 18, per giusta causa o per giustificato motivo ai sensi della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 3, non è ravvisabile se il mancato o non completo adempimento del lavoratore trova giustificazione nella mancata adozione da parte di datore di lavoro delle misure che pur in mancanza di norme specifiche, il datore è tenuto ad osservare a tutela della integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro e se quest’ultimo prima dell’inadempimento secondo obblighi di correttezza informa il datore di lavoro circa le misure necessaria da adottare a tutela dell’integrità fisica e psichica del lavoratore, sempre che tale necessità sia evidente o, comunque accettabile o accertata.

La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, dando rilievo, altresì, sia alla circostanza che la B. aveva goduto, nel semestre immediatamente precedente, di più settimane di ferie, ragione per la quale si poteva escludere che fosse in gioco il suo diritto a ritemprare le proprie energie psicofisiche; sia alla circostanza che, in ragione di avvertimento e diffida nell’imminenza e subito dopo l’inizio della assenza della B., da parte di Poste italiane, doveva escludersi che la suddetta lavoratrice potesse nutrire dubbi sul fatto che la sua assenza non autorizzata poteva essere sanzionata.

9. Il ricorso principale deve, pertanto, essere rigettato.

10. Resta assorbito il ricorso incidentale proposto da Poste italiane.

11. Le spese seguono la soccombenza della ricorrente principale e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 38,00 esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

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