Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7880 del 16/04/2020

Cassazione civile sez. I, 16/04/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 16/04/2020), n.7880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso RG n. 1774/2019 proposto da:

S.H., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppe Lufrano, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 30 novembre

2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Ancona del 30 novembre 2018. Con quest’ultima pronuncia è stato dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, il ricorso in tema di protezione internazionale proposto da S.H.. A tale ricorso è stato ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, che prevede la dimidiazione dei termini di impugnazione nei caso di cui all’art. 28 bis, comma 2, dello stesso D.Lgs..

2. – L’istante fa valere un unico motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Sono denunciati la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis e dell’art. 28 bis, comma 2, in relazione all’abrogazione della lett. b), del detto comma, ad opera del D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018. Il ricorrente sostiene che in ragione della detta abrogazione avrebbe errato il Tribunale a ritenere applicabile il termine di quindici giorni per la proposizione della domanda di protezione internazionale avanti a sè. Assume, inoltre, che egli doveva essere preventivamente informato dell’adozione della procedura accelerata e del ritardo della Commissione territoriale nell’assunzione della decisione. Rileva, altresì, che il Tribunale stesso avrebbe dovuto valutare nel merito la fondatezza del ricorso e, nello specifico, i nuovi elementi afferenti le condizioni personali nonchè la situazione del paese di origine, siccome posti a fondamento della domanda reiterata di protezione internazionale.

2. – Il ricorso è, nel complesso, infondato.

E’ lo stesso ricorrente a ricordare di aver proposto una domanda reiterata di protezione internazionale: fattispecie, questa, prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b). Tale norma è richiamata dall’art. 28 bis, comma 2, lett. b) D.Lgs. cit. (nel testo vigente ratione temporis, anteriore all’emanazione del D.L. n. 113 del 2018). L’art. 35 bis dello stesso decreto prevede, al comma 2: “Nei casi di cui all’art. 28 bis, comma 2, e nei casi in cui nei confronti del ricorrente è stato adottato un provvedimento di trattenimento ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142, art. 6, i termini previsti dal presente comma – e cioè quelli per l’impugnazione del provvedimento – sono ridotti della metà”. Il fatto che la previsione di cui al cit. art. 28 bis, comma 1, lett. b), sia stata abrogata dal D.L. n. 113 del 2018, art. 9, comma 1, convertito in L. n. 132 del 2018, non rileva. A prescindere da ogni altra considerazione, è infatti da considerare che la nuova disciplina, avente efficacia dal 5 ottobre 2018, non si applica al ricorso che l’istante ebbe a proporre avanti al Tribunale di Ancona, il quale è stato depositato il 29 maggio 2018.

La deduzione relativa all’omessa informativa circa la procedura accelerata e circa il ritardo con cui sarebbe stata adottata la decisione della Commissione territoriale va disattesa: sia in quanto la doglianza formulata pare trascurare il rilievo per cui l’oggetto della controversia in materia di protezione internazionale non è il provvedimento negativo della commissione territoriale, ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27337; Cass. 22 marzo 2017, n. 7385); sia in quanto, in ogni caso, l’estensione del termine di impugnazione discende dalla legge e chi impugna è nella condizione di ricavare detto termine dal tenore del provvedimento della commissione, siccome riferito alla richiamata fattispecie dell’art. 28 bis, lett. b).

Quanto alla censura con cui è lamentato il mancato esame delle ragioni poste a fondamento della domanda reiterata di protezione internazionale, occorre osservare che la dimidiazione dei termini per il ricorso avanti al tribunale (di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, cit. art. 35 bis, comma 2) opera in ragione del semplice dato dell’avvenuta proposizione di una seconda domanda di protezione internazionale che la commissione reputi non corredata da “nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine” ex art. 29, comma 1, lett. b), cit.. L’effettiva presenza, nella seconda domanda, di nuovi elementi che siano rilevanti per il riconoscimento della protezione internazionale spiega la sua rilevanza su di un piano diverso da quello su cui si colloca il termine di impugnazione. La condizione in parola costituisce, infatti, elemento che deve essere apprezzato dalla commissione per decidere sull’inammissibilità del ricorso, ma non esime di certo l’interessato dal rispetto del termine dimidiato ove la commissione si pronunci, appunto, nel senso che il ricorso è inammissibile stante la reiterazione della domanda di protezione internazionale in assenza di elementi di novità. Ove così non fosse, il termine stesso dipenderebbe da un dato (la sussistenza degli elementi di reale novità della domanda reiterata) che costituisce l’oggetto stesso del giudizio di cui è investito il tribunale, avanti al quale è impugnata da pronuncia di inammissibilità: conclusione, questa, che, nel sovrapporre i distinti profili dell’ammissibilità del ricorso (per la sua tempestività) e del merito della domanda, si rivelerebbe del tutto incongrua e ingiustificata.

3. – Nulla deve statuirsi in punto di spese processuali.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2020

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