Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 788 del 19/01/2010

Cassazione civile sez. I, 19/01/2010, (ud. 28/09/2009, dep. 19/01/2010), n.788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25331/2008 proposto da:

G.Z. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 42, presso l’avvocato GIORGIANNI

Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DIDONA LINDA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 9-11, presso l’avvocato MARINO

MARINA, rappresentato e difeso dagli avvocati CECCON Franco, SCOTTI

MARINA, CALABRESE CINZIA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO depositato il

30/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/09/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato FRANCESCO GIORGIANNI che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato MARINA MARINO, per delega,

che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.A. e G.Z. hanno iniziato a convivere nel 1998 e dalla loro unione sono nati i figli Gi. nel (OMISSIS) e Gr. nel (OMISSIS). Deterioratosi il rapporto tra di essi e venuta meno la convivenza, il Tribunale per i minorenni di Milano, con vari provvedimenti regolava l’affidamento dei figli e la facoltà di visita dei genitori. Da ultimo, con decreto 21/6/2007, il primo giudice affidava Gi. e Gr. ad entrambi i genitori, collocandoli presso la madre.

Proponeva reclamo il C., chiedendo che fosse disposto il collocamento dei minori presso di sè. La Corte di Appello di Milano – Sezione per i minorenni dapprima affidava i minori al Comune di Milano, mantenendo il collocamento presso la madre. Successivamente, con decreto 10-30/4/2008, disponeva che Gi. e Gr.

fossero collocati presso il padre.

Ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, la G..

Resiste, con controricorso, il C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va dapprima considerata l’eccezione, sollevata dal controricorrente, sull’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso provvedimento emesso ai sensi dell’art. 317 bis c.c., regolante l’affidamento ed il collocamento di figli minori di genitori non coniugati.

La questione da esaminare riguarda la ricorribilità per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., del decreto della Corte di Appello, Sezione per i minorenni che abbia pronunciato, ai sensi dell’art. 317 bis c.c., sull’affidamento dei figli di genitori non coniugati. E’ ben consapevole il Collegio che la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha risolto la questione nel senso dell’inammissibilità del ricorso, ricollegando tale materia a quella dell’esercizio della potestà e dei suoi limiti (art. 333 e 330 c.c.). (Tra le altre, Cass. sez. un. n. 25008 del 2007; n. 13286 del 2004).

Ritiene tuttavia il Collegio che a diversa soluzione debba pervenirsi alla luce del recente intervento normativo di cui alla L. n. 54 del 2006). Tale legge, esprimendo un’evidente scelta di assimilazione della posizione dei figli naturali a quella dei figli nati nel matrimonio, quanto al loro affidamento, precisa che “le disposizioni della presente legge si applicano anche (…) ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Dunque sono applicabili, anche in questo settore, le regole introdotte dalla predetta legge per la separazione e il divorzio: potestà esercitata da entrambi i genitori, decisioni di maggior interesse di comune accordo (con intervento diretto del giudice, in caso di contrasto), quelle più minute assunte anche separatamente, privilegio dell’affidamento condiviso rispetto a quello ad uno dei genitori, che comunque può essere disposto, quando il primo appaia contrario all’interesse del minore; assegno per il figlio, in subordine, essendo preminente il principio del mantenimento diretto da parte di ciascun genitore, audizione obbligatoria del minore ultradodicenne, possibilità di revisione delle condizioni di affidamento, ecc..

Ma le innovazioni introdotte dalla L. n. 54, comportano, oltre agli effetti sostanziali sopraindicati, pure rilevanti problematiche processuali, in quanto forniscono una definitiva autonomia al procedimento di cui all’art. 317 bis c.c., allontanandolo dall’alveo della procedura ex art. 330, 333 e 336 c.c., e avvicinandolo, e per certi versi assimilandolo a quello di separazione e divorzio, con figli minori. Nè si potrebbe obiettare che si mantiene comunque la competenza funzionale del Tribunale per i minorenni e il rito della camera di consiglio: l’ordinamento prevede, ormai con una certa frequenza, la scelta del rito camerale, in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerità e snellezza, primo tra tutti il giudizio di appello nei procedimenti di separazione e divorzio.

Delle innovazioni della L. n. 54, già ha tenuto conto questa Corte, con orientamento ormai consolidato, opportunamente superando la distribuzione di competenze tra tribunale minorile ed ordinario (affidamento dei figli di genitori non uniti in matrimonio, al primo, pronuncia sul mantenimento e sull’assegnazione della casa familiare, al secondo) e attribuendo ogni competenza al tribunale minorile (Cass. S.U. n. 8362 del 2007).

Da quanto si è finora osservato consegue dunque la piena ricorribilità per cassazione nel regime dalla L. n. 54 del 2006, di provvedimenti emessi, ai sensi dell’art. 317 bis c.c., in sede di reclamo, relativi all’affidamento dei figli e alle relative statuizioni economiche, ivi compresa l’assegnazione della casa familiare (v. in tal senso Cass. 2009 n. 23032 e n. 234411).

Il ricorso della G. va dichiarato inammissibile. Il quesito di diritto (ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., ancora operante per i ricorsi pregressi) relativo al primo motivo, che attiene a violazioni di legge, appare del tutto inadeguato.

Si chiede a questa corte di chiarire se esista nel nostro ordinamento il principio generale per cui l’affidamento e/o il collocamento del minore debba avvenire presso il genitore più idoneo, se tale principio sia garantito da varie norme di legge, se il decreto impugnato sia stato pronunciato nel rispetto del predetto principio generale e se invece la tutela dell’interesse del minore non sia garantita, nella fattispecie, dall’affidamento del minore alla madre o dall’affidamento condiviso con collocazione presso la madre. Il quesito è in parte astratto (gli unici riferimenti alla fattispecie concreta sono posti alla fine e in modo del tutto generico); si sollecita altresì l’accoglimento della domanda, con una sorta di interrogativo circolare che presuppone già la risposta; il riferimento finale dalle circostanze di fatto non permette di elaborare una regola di diritto (al riguardo, Cass. n. 28536/2008).

Il secondo motivo attiene al vizio di motivazione. E’ necessaria al riguardo una sintesi che indichi le ragioni per cui l’insufficienza di motivazione dedotta la renda inidonea a giustificare la decisione (Cass. n. 976 del 2008). Anche tale sintesi pare inadeguata. Nella parte finale della trattazione del motivo si procede ad un mero riassunto della domanda: il decreto impugnato non avrebbe vagliato le circostanze di fatto poste a fondamento della domanda (affidamento esclusivo dei minori alla madre o, in subordine, collocazione presso di lei); l’omissione sarebbe assoluta in ordine alla domanda principale e parziale rispetto alla subordinata; comunque sul collocamento dei minori la motivazione sarebbe scarna ed incompleta.

Come è evidente, non si individuano le ragioni per cui l’insufficiente motivazione apparirebbe inidonea a giustificare la decisione.

La natura della causa richiede la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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