Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 788 del 16/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 788 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 24835-2010 proposto da:
SPAGNOLO SALVATORE FRANCESCO C.F. SPGSVT54C15D976P,
Fi) e-t E RI
elettivamente domiciliato in ROMA, VIAPIANGELICO 12.1
De’ cAL5oLl d
presso lo studio dell’avvocato MARVASI TOMMASO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAIO
EMMA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2905

contro

BANCA CARINE S.P.A. C.F. 13336590156, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99, presso lo

c- c

Data pubblicazione: 16/01/2014

studio dell’avvocato FERZI CARLO, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati POZZOLI CESARE,
CHIELLO ANGELO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.
D’APPELLO

di

REGGIO

controricorrente

1251/2009

CALABRIA,

della CORTE
depositata

il

30/11/2009 R.G.N. 772/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato MARVASI TOMMASO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

Fatto e diritto
La sentenza impugnata
La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha respinto l’appello proposto da Spagnolo Salvatore Francesco
avverso la sentenza del Tribunale di Locri che aveva, a sua volta, rigettato la sua domanda tesa ad
ottenere il riconoscimento del suo diritto a percepire l’indennità di professione e l’indennità di reggenza
corrispostegli, la prima a decorrere dall’avvenuto svolgimento delle mansioni di legale presso la filiale
gennaio 1994. La seconda, invece, dal dicembre 1990, quando era stato trasferito alla filiale di Roccella
Ionica, con funzioni di direttore, e fino al febbraio 2002, sebbene avesse smesso di svolgere le relative
mansioni già dal mese di ottobre 2000.
La Corte territoriale nel condividere l’interpretazione della disciplina collettiva data dal Tribunale ha
evidenziato che l’art. 25 del c.c.n.l. di settore ancorava l’erogazione dell’indennità di professione
all’effettivo esercizio dell’attività per la quale era richiesta l’iscrizione all’albo professionale. Ha poi
sottolineato che solo per effetto della entrata in vigore della nuova disciplina contrattuale l’indennità in
questione, confluita nell’assegno personale laurea-professione, svincolata dallo svolgimento effettivo
della relativa attività, era erogata in ragione delle caratteristiche soggettive del lavoratore.
Per quanto concerne poi l’indennità di reggenza il giudice di appello ha evidenziato come l’art. 14 del
contratto la collegasse al materiale svolgimento dei compiti di reggenza.
Con riguardo ad entrambe, poi, ha precisato che non era stata contestata la cessazione dalle mansioni.
Ancora la Corte di merito ha escluso che per la corretta interpretazione della disposizione collettiva
contenuta nell’art. 14 fosse necessario tenere conto della postilla apposta dalla sigla sindacale del
FALCRI che sollecitava una verifica degli orientamenti della giurisprudenza sull’interpretazione della
clausola in questione, evidenziando che si trattava di una dichiarazione unilaterale di una delle parti
sottoscrittrici del contratto che non era entrata a far parte del testo contrattuale condiviso.
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 2013 c.c. ed al divieto di ridurre la retribuzione, la Corte
d’appello reggina ha rilevato che l’erogazione connessa all’effettivo svolgimento di una determinata
attività e collegata alla peculiarità della stessa ben poteva essere interrotta per effetto del mutamento di
mansioni legittimamente esercitato.
Ha poi negato che fosse stata offerta la prova dell’esistenza di un uso aziendale che ai sensi dell’art.
2078 c.c. giustificasse l’erogazione evidenziando che in proposito non poteva essere considerato
decisivo il solo caso verificatosi in azienda. Ha inoltre sottolineato che il preteso metus del lavoratore nel
mettere a disposizione le buste paga, non costituiva un elemento idoneo a giustificare la loro tardiva
produzione in appello posto che il ricorrente ben avrebbe potuto sollecitare sin dal primo grado i poteri
officiosi del giudice, e non lo aveva fatto.
Verificata quindi l’esistenza dei presupposti fattuali dell’ allegata indebita erogazione di somme non
dovute e la mancata contestazione della loro entità, ha accertato che in mancanza di un accordo in
deroga che giustificasse la maggiore retribuzione erogata non era necessario che la Carime s.p.a. offrisse
la prova di essere incorsa in un errore per poter procedere alla ripetizione.
Per la cassazione della sentenza ricorre lo Spagnolo che articola tre motivi.

r.g. n. 24835/2010

capofila di Locri dal dicembre 1989 al dicembre 1990, ed erogatagli anche successivamente e fino al

Resiste con tempestivo controricorso Banca Carime s.p.a..

I motivi di ricorso

Sostiene il ricorrente che l’indennità di professione andava erogata igt~94o in quanto era connessa ad
una qualità del lavoratore dipendente correlata al suo patrimonio professionale e come tale spettante a
prescindere dalla concreta attività svolta. Sottolinea poi che la sua erogazione trova fondamento anche
nel divieto di ridurre la retribuzione stabilito dall’art. 2103 c.c. con riguardo al mutamento delle
mansioni, che si estende alle componenti compensative delle qualità professionali intrinseche ed
essenziali di quelle in precedenza svolte.
2.- violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., degli artt. 2078 e 2103 c.c., dell’ art. 111
Cost. e dei principi del “giusto processo”, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c..
Sostiene il ricorrente che i poteri officiosi del giudice andavano esss-ere. esercitati sulla base delle
allegazioni offerte e non era necessario che fossero sollecitati dalla parte interessata. Conseguentemente
non potevano maturare preclusioni o decadenze ed il comportamento della parte che avesse omesso di
chiederne l’attivazione non poteva essere qualificato come acquiescente.
3.- violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2078 c.c. e dell’art. 36 Cost.. Omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ed in specie sulla mancata
spiegazione della ragione per la quale l’erogazione dell’indennità di professionalità sia stata ritenuta
frutto di un errore.
Ad avviso del ricorrente la sentenza di appello avrebbe erroneamente escluso la prevalenza dell’uso
negoziale della corresponsione dell’indennità sebbene, nei fatti, fosse risultato che era stata erogata
anche dopo il passaggio del dipendente dal servizio legale alla reggenza di una filiale.
In tale contesto fattuale l’indennità risulta erogata in ragione del riconoscimento delle abilità e della
formazione professionale del dipendente e, comunque irriducibile, siccome riconosciuta sulla base di un
uso aziendale.
La Corte d’appello poi non avrebbe chiarito le ragioni in base alle quali la protratta erogazione
dell’indennità in questione sarebbe stata il frutto di un errore.

Le ragioni della decisione
Le censure per la loro intrinseca connessione possono essere esaminate congiuntamente e vanno
respinte perché infondate.
Occorre premettere che nel giudizio di cassazione, a norma dell’art. 369 comma 2 n. 4 c.p.c. nel testo
modificato dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, è onere del ricorrente produrre a pena di
improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il
ricorso si fonda”.

r.g. n. 24835/2010

1.-violazione e falsa applicazione degli art. 25 ccril 16.12.1987 nonché degli artt. 2078 e 2103 c.c. e
dell’art. 36 Cost..

Come è noto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, tale onere è soddisfatto,
quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del
fascicolo nel quale essi siano contenuti.
Resta ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6,
cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr. su tali
principi Cass. Sez. Un. 3.11.2011 n. 22726 e molte altre successive).
A tale regola non si è attenuto il ricorrente che, pur contestando l’interpretazione data dalla Corte
del c.c.n.1.), ha tuttavia omesso di allegare al ricorso il contratto collettivo e di precisare se ed in quale
sede tale contratto fosse stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio e dove fosse materialmente
rinvenibile dalla Corte negli atti del processo.
Ed ancora il ricorso si presenta carente con riguardo a quanto disposto anche dall’art. 366 comma1 n. 6
c.p.c. in base al quale è onere del ricorrente indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali
su cui si fonda, trascrivendoli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, e di
provvedere anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo
inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne
possibile l’esame (cfr Cass. 9.4.2013 n. 8569).
Tanto basterebbe alla definizione del ricorso poiché la Corte non è posta in condizione di la correttezza
dell’interpretazione ermeneutica prospettata in ricorso rispetto a quella adottata dalla Corte di appello.
E, tuttavia, con specifico riferimento alla doglianza avente ad oggetto l’esercizio dei poteri officiosi da
parte della Corte territoriale, è utile comunque rammentare che si tratta di potere dovere rimesso alla
discrezionalità del giudice di merito non è censurabile in Cassazione in quanto involge un giudizio di
opportunità e può essere sottoposto a sindacato solo sotto il profilo del vizio di motivazione, ai sensi
dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., qualora la sentenza di merito non adduca un’adeguata spiegazione per
disattendere la richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto della controversia che, se
esaurientemente istruito, avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione.
Ma tale carenza motivazionale non viene adeguatamente evidenziata nei motivi di ricorso.
Nella parte finale del terzo motivo, infatti, si fa cenno ad una lacunosità della motivazione senza però
chiarire, e rinviando genericamente a quanto esposto nel secondo motivo, perché la motivazione della
sentenza sarebbe carente.
Va al riguardo rammentato che il ricorso per cassazione, con il quale si facciano
valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c., deve contenere – in
ossequio al disposto dell’art. 366 n.4 c.p.c., che per ogni tipo di motivo pone il requisito
della specificità sanzionandone il difetto – la precisa indicazione di carenze o lacune nelle
argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione
d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso
comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità
razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi (cfr. Cass. 23.5.2007 n. 12052)
Non è dato comprendere allora, pure da una lettura congiunta dei due motivi di ricorso, quale specifica
censura sotto il profilo motivazionale si sia inteso proporre.
In conclusione, e per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM
Rigetta il ricorso
r.g. n. 24835/2010

territoriale alla disposizione collettiva che regola l’attribuzione dell’indennità di professionalità (art. 25

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in C 3500,00 per compensi
professionali ed in C 100,00 per esborsi. Oltre accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2013

i111-íe—sTA.ente

(

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA