Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 788 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 14/01/2011), n.788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24611/2006 proposto da:

RAI SPA, RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA, in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliato in ROMA

PIAZZA ALBANIA 10, presso lo STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO PARAMETRICA

LEGAL, rappresentato e difeso dagli avvocati LATTANZI Sandro,

D’ANDRIA CATALDO, TAVERNA SALVATORE, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 159/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l’08/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato LATTANZI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha accolto, con sentenza 8 giugno 2005 l’appello proposto nel 2003 dall’Agenzia delle Entrate del Lazio – Ufficio di Roma (OMISSIS) – avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto le richieste di rimborso dell’imposta patrimoniale avanzate dalla RAI per gli anni dal 1992 al 1996. La Commissione Regionale, dopo aver rilevato che, in assenza di documentazione circa la data di presentazione delle istanze, l’unica istanza di rimborso tempestiva D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, avrebbe potuto riferirsi all’ultima annualità (1996), ha negato sulla base della giurisprudenza comunitaria (C.Giust. CE 27/10/1998 in C-4/97) la spettanza del rimborso, non essendosi verificata alcuna duplicazione d’imposta, attenendo il tributo patrimoniale istituito dal D.L. n. 394 del 1992 conv. nella L. n. 461 del 1992 e riscosso annualmente, alle imposte dirette, mentre l’imposta di registro sui conferimenti di capitali (richiamata dalla ricorrente a sostegno della tosi della duplicazione) riguarda le sole operazioni relative al trasferimento dei capitali e non le altre voci (riserve, fondi,utili di esercizio, perdite, ecc.) da cui è complessivamente costituita la base imponibile.

La RAI-Radio Televisione Italiana s.p.a. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di due motivi.

L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Adducendo la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, D.P.R. n. 287 del 1992, art. 75; D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10, 49, 50 e 52, artt. 323 e 324 c.p.c., art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata la incorrente, contumace avanti alla Commissione Regionale, sostiene che l’atto d’appello dell’Amministrazione doveva essere dichiarato inammissibile in quanto proposto dall’Ufficio delle Entrate di Roma (OMISSIS), soggetto non legittimato, perchè la trattazione delle istanze di rimborso in sede processuale competeva alla Sezione staccata della Direzione Generale dell’Agenzia delle Entrate, come affermato con Circolare del 2002 – n. 14/E – dalla stessa Amministrazione, stante la legittimazione sostanziale esclusiva della Direzione Regionale delle Entrate in materia di istanze di rimborso, e non dell’Ufficio delle Entrate di Roma,ancorchè l’iniziale ricorso fosse stato notificato anche a codesto Ufficio, che non si era costituito nel giudizio di primo grado e che non era quindi neppure legittimato ad impugnare la relativa sentenza, la quale, a causa dell’inammissibilità dell’appello proposto, sarebbe dunque passata in giudicato.

Il motivo è infondato.

I Direttori generali dei Dipartimenti delle Entrate, nell’ambito delle modifiche organizzative, nella specie, seguite alla istituzione delle Agenzie Fiscali avevano il potere – in base al D.Lgs. n. 89 del 1998, art. 11) di organizzare, nell’ambito degli obiettivi ministeriali, gli Uffici di livello dirigenziale non generale (cfr.

Cass. 18831/2006), trattandosi di atti di organizzazione interna non incidenti sulle posizioni soggettive dei contribuenti. Rientra fra tali provvedimenti (decreto n. 10/3349/99 del 27.12.99) l’attivazione di otto Uffici circoscrizionale (fra cui quello cui è stato notificato l’iniziale ricorso) delle Entrate di Roma, legittimati a ricevere le istanze di rimborso in luogo della preesistente Sezione staccata della DRE del Lazio – rimasta competente soltanto per alcuni Uffici finanziari della Provincia romana.

Col secondo motivo, adducendo violazione degli artt. 4, 7, 10 Direttiva n. 69/335/CEE la ricorrente, pur prendendo atto dell’orientamento comunitario in ordine in ordine alla legittimità dell’imposta sul patrimonio delle società, in quanto diversa, nell’oggetto e nella tempistica, da quella gravante sui singoli atti di conferimento (cui il tributo patrimoniale, che prescinde dai conferimenti, e indifferente) chiede un “revirement” della Suprema Corte – allineatasi alla giurisprudenza comunitaria – circa la sovrapposizione sostanziale dei due tributi (sul patrimonio e sui conferimenti), in applicazione del criterio interpretativo teleologico e sostanziale enunciato dall’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia Stix-Hackl, secondo cui il fine di non ostacolare con plurime imposizioni la circolazione dei capitali, enunciato nella citata Direttiva n. 69/335 sarebbe limitato da un’imposta su patrimonio netto dell’impresa che potrebbe pregiudicare, per la sua entità lasciata alla libera determinazione degli Stati, la tassazione agevolata dei conferimenti prevista dalla citata Direttiva. Dovrebbe dunque essere il giudice nazionale a valutare le caratteristiche e gli effetti di ciascuna imposta, prescindendo dalla classificazione teorica fra imposte dirette e indirette, e considerando che l’aliquota dello 0/75% sul patrimonio può essere in grado di superare, in molte situazioni, il limite quantitativo dell’1% previsto per la tassazione dei conferimenti, così producendo indirettamente un ostacolo alla raccolta dei capitali, tassati al di là dei limiti previsti dalla Direttiva. Dovrebbe quindi ritenersi che l’imposta patrimoniale costituisca un tributo ad effetto equivalente che duplica l’imposta precedente sul medesimo presupposto impositivo costituito dal capitale.

Il motivo che presenta profili di inammissibilità, è infondato.

Va innanzi tutto rilevato che la sentenza impugnata nell’accogliere l’appello dell’Ufficio, ha respinto “in toto” le istanze di rimborso, avendole ritenute non documentate, rispetto alla tempestività della data di presentazione. Tale considerazione sarebbe sufficiente ad escludere l’interesse della ricorrente a sostenere il motivo di doglianza in esame.

Tuttavia, ove si volesse ammettere che la formula dubitativa utilizzata dalla Commissione Regionale per ammettere la possibile tempestività dell’ultima istanza (1996) possa far ritenere ancora, coltivabile la doglianza, va affermata la infondatezza della stessa per un duplice ordine di motivi: in primo luogo perchè il giudizio sulla compatibilità del diritto comunitario con diritto nazionale, dedotto avanti al giudice nazionale di ultima istanza, spetta esclusivamente alla Corte di Giustizia Europea (art. 234 u.c. Trattato UE), che si è ripetutamente espressa, come la stessa ricorrente riconosce, sulla inesistenza della duplicazione di imposta nella fattispecie (sent. in C-4/97; Ord. 1573/2001 in C-279, 293, 296, 330 e 336/99); in secondo luogo perchè la possibilità che la imposta patrimoniale possa venire ad incidere, in base ai differenti atteggiamenti dei legislatori dei Paesi membri, sull’agevolazione concessa per l’imposta sui conferimenti, e ipotesi teorica, che non trova alcun riferimento nei dati riferibili, nella fattispecie, ai due differenti tributi.

Conclusivamente, pertanto, il ricorso deve essere integralmente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente nelle spese, che liquida in complessivi Euro 20.200,00, di cui Euro 20.000,00, per onorari, oltre spese ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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