Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7877 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7877 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 11348-2010 proposto da:
ASSOCIAZIONE PROMOZIONE MOSTRE ASSOEXPO, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIALE DELL’UNTVERSITA’ 27, presso
lo studio dell’avvocato DIEGO PALAZZOLI,
rappresentato
2016

e

difeso

dall’avvocato

GIUSEPPE

MANGANO, giusta delega in calce;
– ricorrente –

252

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILANO;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 20/04/2016

Nonché da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

– controricorrenti e ricorrenti incidentali
condizionati contro

ASSOCIAZIONE PROMOZIONE MOSTRE ASSOEXPO, AGENZIA
DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILANO 6;
– intimati –

sul ricorso 26248-2012 proposto da:
ASSOEXO ASSOCIAZIONE PROMOZIONE MOSTRE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in
ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato
FABIO PACE con studio in MILANO C.SO PORTA ROMANA
89/B (avviso postale ex art. 135) giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE,

AGENZIA DELLE ENTRATE

DIREZIONE PROVINCIALE II MILANO UFFICIO LEGALE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 45/2009 della COMM.TRIB.REG.

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

di MILANO, depositata il 12/03/2009 e avverso il
provvedimento n. 259980/2012 della AGENZIA DELLE
ENTRATE DI MILANO, depositata il 28/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/01/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO

udito per R.G. 11348/10 controricorrenti l’Avvocato
CAPOLUPO che si riporta agli scritti;
udito per R.G. 26248/12 ricorrente l’Avvocato PACE
che si riporta al ricorso e deposita cartolina verde;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI CUOMO che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

LUCIOTTI;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 45/10/09 emessa in data
4.12.2009 e depositata in data 12.3.2009, non
notificata, la Commissione tributaria regionale della
Lombardia respingeva l’appello proposto dalla
Assoexpo avverso la sentenza con la quale la

rigettato il ricorso proposto dalla contribuente
avverso la cartella di pagamento n.
06820070023714601000relativa a sanzioni ed interessi
per ritardato pagamento dell’IRAP e sanzioni per il
mancato pagamento dell’IVA dovuta con riferimento al
mese di settembre 2003 / ed aveva dichiarato
inammissibile l’impugnazione avverso la cartella di
pagamento n. 06820070347471352000 / con la quale le era
stato richiesto il pagamento dell’IVA dovuta sempre
per il mese di settembre 2003, pari a 13.396,25 euro,
oltre interessi.
1.1. Sosteneva il giudice territoriale: a) che
era infondato il motivo di ricorso inizialmente
prospettato con riferimento all’intervenuta
definizione della lite per condono; b) che era
inammissibile l’integrazione dei motivi con cui, in
corso di giudizio, la contribuente aveva mutato la
causa petencli,

affermando di aver estinto il debito

IVA mediante compensazione e che il condono si
riferiva ad altri importi; c) che era inammissibile
l’impugnazione della seconda cartella di pagamento,
perché proposta irritualmente, mediante memoria
integrativa depositata nel corso del giudizio avente
ad oggetto la prima cartella.

Commissione tributaria provinciale di Milano aveva

2. La contribuente propone ricorso per cassazione
anche nei confronti del Ministero dell’economia e
delle finanze,

sulla base di un unico motivo

declinato cumulativamente come violazione di legge e
vizio di motivazione.
3. Resiste l’Agenzia con controricorso e ricorso

sentenza impugnata.
4. La contribuente ha inoltre proposto separato
ricorso, affidato a tre motivi, avverso l’atto emesso
dall’Agenzia il 28 dicembre 2012, di diniego di
definizione della lite fiscale pendente ai sensi del
d.l. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, chiedendo la
riunione dei due giudizi.
5.

In tale ultimo giudizio

26248/12 R.G.)

(iscritto al n.

l’Agenzia non si costituisce.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente dichiarata “ex officio”
l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti
del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per
difetto di legittimazione passiva della parte
resistente, non avendo assunto l’Amministrazione
statale la posizione di parte processuale nel
giudizio svoltosi avanti la Commissione tributaria
regionale introdotto con atto di appello dall’Ufficio
dell’Agenzia delle Entrate di Pordenone
successivamente alla data del 1 0 gennaio 2001, di
subentro delle Agenzie fiscali a
successione particolare ex

lege

titolo

di

nella gestione dei

rapporti giuridici tributari pendenti in cui era
parte l’Amministrazione statale (cfr. Cass. S.U. n.
3116 e n. 3118 del 2006).

incidentale, prospettando due motivi di nullità della

2. Ancora preliminarmente va disposta la riunione
del ricorso proposto avverso l’atto di diniego di
condono
iscritto

(iscritto al n. 26248/12 R.G.) a quello
precedentemente

(R.G.

n.

11348/10) / in

considerazione dello stretto rapporto di
pregiudizialità esistente tra i giudizi di cui sopra,

quale la contribuente ha impugnato il su menzionato
atto di diniego di definizione di lite pendente,
potendo derivarne l’estinzione del giudizio.
3. In detto provvedimento l’Agenzia ha sostenuto
la non definibilità della controversia pendente in
quanto esclusa dall’ambito di applicazione dell’art.
39, comma 12, d.l. n. 98 del 2011, convertito con
modificazioni nella legge n. 111 del 2011, avendo ad
oggetto omessi e tardivi versamenti dell’Irap e
dell’Iva indicati nella dichiarazione Mod. Unico 2004
presentata per l’anno di imposta 2003, accertati a
seguito di liquidazione effettuata con procedura
automatizzata, ai sensi degli artt. 36 bis d.P.R. n.
600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972.
La ricorrente ha quindi dedotto l’illegittimità
del diniego:
1 ° ) per violazione dell’art. 39, comma 12, d.l. n. 98
del 2011, in quanto tale disposizione non pone alcuna
distinzione tra lite avente ad oggetto un atto
impositivo ovvero un atto di riscossione;
2 0 ) per violazione del combinato disposto dagli artt.
16 1. 289/2002 e 39, comma 12, d.l. 98/2011, in base
al quale sono definibili le controversie che, come
nel case di specie, riguardano provvedimenti
irrogativi di sanzioni;

3

e va esaminato con precedenza il secondo, con il

0
3 ) per contraddittoria motivazione, in guanto il
diniego, pur essendo motivato con esclusivo richiamo
al contenuto della circolare n. 48/E del 24.10.2011,
in cui la stessa Agenzia ammette la definibilità di
liti fiscali aventi ad oggetto / oltre l’irrogazione di
sanzioni, anche la rideterminazione del reddito

ne discosta.
4. Il ricorso è ammissibile ma è infondato.
L’ammissibilità del ricorso diretto alla Corte di
cassazione avverso il provvedimento di diniego della
definizione della lite fiscale pendente è stata
affermata da questa Corte sia nella sentenza n. 15817
del 2006, che in quella successiva n. 25095 del 2011,
in cui si è condivisibilmente evidenziato come la
dizione legislativa

(L.

n. 289 del 2002, art. 16,

richiamato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, che
prevede che l’impugnazione vada proposta “dinanzi
all’organo giurisdizionale presso il quale pende la
lite”) sia chiara nell’attribuire alla Corte di
cassazione,

per le

liti pendenti

in fase di

legittimità, la competenza in unico grado con
pienezza di giudizio e, quindi, anche per motivi di
merito, sul provvedimento adottato
dall’amministrazione sulla domanda di definizione. Si
è, inoltre, osservato (nella citata sent. n. 15847
del 2006) che ‹l’impugnazione … deve essere proposta
nelle forme e secondo le modalità del ricorso per
cassazione dettate dal codice di procedura civile,
atteso il richiamo di queste da parte del D.Lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2 e
l’inesistenza,

in

tale

A.

D.Lgs.,

di

qualsivoglia

d’impresa, come nel caso di specie, poi di fatto se

disposizione peculiare in ordine alle modalità di
proposizione di detto ricorso> (in relazione a tale
ultimo aspetto, tra le altre, ord. n. 6727/2007 e
Sez. un., sent. n. 8053/2014), precisandosi, però,
nella successiva pronuncia di questa Corte (n. 25095
del 2014) che, per la peculiarità del ricorso in

conseguente esclusione dell’obbligo per il ricorrente
di formulare i quesiti, di diritto e di fatto, in
relazione ai vizi (di violazione di legge e di
motivazione) denunciati, .
5. Come sopra anticipato, il ricorso è infondato
e va rigettato.
Questa Corte ha

più

volte affermato (cfr. in

motivazione, Cass. n. 1571 del 2015) .
Orbene, nel caso in esame è pacifico che le due
cartelle di pagamento cui ha fatto riferimento la
ricorrente, una relativa alla liquidazione dell’IVA
non versata e l’altra (quella oggetto del presente
giudizio) all’irrogazione delle relative sanzioni,
sono state scaturite da mero controllo automatizzato
della dichiarazione Mod. Unico 2004 per l’anno
d’imposta

2003

presentato dalla contribuente;

controllo effettuato, quindi, ai sensi delle sopra
specificate disposizioni normative. Ne consegue che,
in ossequio ai predetti principi giurisprudenziali,
il ricorso va rigettato dovendosi escludere che la
cartella impugnata abbia natura di atto impositivo.
6. Deve, a questo punto, passarsi all’esame del
ricorso iscritto al n. 11348/10 R.G.
6.1. Nell’unico motivo dedotto, la ricorrente ha
censurato la sentenza di appello sia in relazione
all’art. 360, comma 1, n.

1,

c.p.c., per violazione

degli artt. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, 193,
comma 5, c.p.c., sia in relazione all’art. 360, comma

6

sanzioni, da un riscontro puramente formale

1,

n.

5,

c.p.c.,

per

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per
il giudizio consistente nell’affermata carenza di
“necessario sostegno probatorio” in relazione
all’esistenza di un credito IVA ed alla manifestata
volontà di compensazione.

diritto: “Tenuto conto che Assoexpo ha riconosciuto
l’obbligazione tributaria IVA relativa al mese di
settembre 2003 e che ha consapevolmente versato il
debito di imposta IVA in contestazione (E 13.396,25)
con lo strumento della compensazione legale con
credito IVA certo, liquido ed esigibile, emergente
dalla liquidazione mensile precedente, può tuttavia
ritenersi come non effettuato detto versamento IVA
pure in presenza di un credito IVA, riportato nei
Quadri VR e VL del mod. IVA 2004, al rigo VL 39, ma
senza la precisazione dell’opzione prescelta,
ancorché dalla documentazione contabile ufficiale
della contribuente risulti effettuata la predetta
compensazione fra debito e credito IVA”.
6.2. Il motivo è inammissibile sotto diversi
autonomi profili, ed innanzitutto perché in esso
vengono cumulativamente dedotti sia il vizio di
violazione di legge che di motivazione, senza neanche
evidenziare (arg. da Cass. n. 9703 del
2013). D’altro canto è evidente che il motivo di
ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al

Ha quindi formulato il seguente quesito di

tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di
legge e vizi della motivazione costituisce una
negazione della regola di chiarezza posta dall’art.
366 bis c.p.c. (in termini, Cass., sent. n.

21611 del

2013; ord. n. 9470 del 2008).
Il

vizio

prospettato

sentenza impugnata

è,

di

motivazione

della

poi, inammissibile non solo

perché è affetto da insanabile contrasto logico
quando prospetta l’omessa motivazione congiuntamente
a quella di insufficiente o contraddittoria
motivazione (cfr., da ultimo, Cass. n. 21122 del
2015), ma anche perché non è corredato dal cosiddetto
“momento di sintesi”, (cfr.
Cass. n. 18363 del 2015) e cioè da quella
(Cass., Sez.
un. n. 20360 del 2007), tanto da risultare anche
inconferente rispetto all’illustrazione del motivo di
impugnazione. Non è poi chiaro se quelle questioni
abbiano formato oggetto di censura sotto il profilo
motivazionale perché la già evidenziata assenza del
momento di sintesi non consente di individuare
neanche il fatto controverso, oltre, ovviamente,

alle

ragioni che rendono inidonea quella motivazione.
7.

All’inammissibilità dei motivi di ricorso

proposti dalla ricorrente consegue l’inammissibilità
anche

di

quelli

dall’Agenzia

proposti

controricorrente con ricorso incidentale condizionato
all’accoglimento del ricorso principale.
8.

In

applicazione

del

principio

della

soccombenza, la ricorrente va condannata al pagamento

Infatti, la CTR

delle

spese

processuali,

liquidate

come

in

dispositivo ai sensi del d.m. giustizia n. 55 del
2014.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile
il ricorso proposto nei confronti del Ministero

i motivi di ricorso principale e quelli del ricorso
incidentale condizionato e rigetta il ricorso avverso
l’atto di diniego di condono. Condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali che liquida in
3.500,00 euro, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 5^ sezione civile del 25 gennaio 2016.

dell’economia e delle finanze, dichiara inammissibili

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