Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7876 del 06/04/2011

Cassazione civile sez. II, 06/04/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 06/04/2011), n.7876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA PIEDILUCO 22, presso lo studio dell’avvocato PERNAZZA

FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato PROIETTI MASSIMO;

– ricorrente –

contro

F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA AREZZO 54, presso lo studio dell’avvocato MINDOPI FLAVIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CECCONELLI GIACINTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 11/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’inammissibilita’, in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.F. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Pretore di Terni gli aveva ingiunto di pagare a favore di F.M. la somma di L. 9.437.997 oltre accessori e spese a titolo di corrispettivo di prestazioni professionali.

L’stante deduceva che: il F., al quale era stato conferito l’incarico del progetto di massima e della direzione dei lavori, aveva rinunciato a quello di direttore dei lavori; aveva verificato i danni dovuti alla cattiva esecuzione delle opere dovuta non solo all’impresa ma anche a colpa del F. che aveva svolto l’attivita’ professionale in modo negligente. In via riconvenzionale, chiedeva il pagamento della somma di L. 1.400.000 per un servizio funerario svolto su incarico di controparte, L’opposto chiedeva il rigetto dell’opposizione, peraltro riconoscendo il debito preteso.

Con sentenza del 19 maggio 2000 il Tribunale, nel frattempo subentrato al Pretore, accoglieva l’opposizione, revocando l’opposto decreto. Secondo il primo Giudice, innanzitutto dovevano ritenersi non dimostrati la cattiva esecuzione dei lavori e comunque la colpa professionale del F.; d’altra parte, essendo emersa per ammissione dello stesso F. l’esecuzione parziale dell’incarico, sarebbe stato onere probatorio di quest’ultimo fornire la prova circa i termini, l’oggetto e i limiti dell’attivita’ effettivamente svolta:

tale onere non era stato in alcun modo ottemperato dall’opposto che non aveva depositato neppure la parcella vistata dal Consiglio dell’Ordine sulla base della quale aveva ottenuto il decreto.

Con sentenza dell’11 maggio 2004 la Corte di appello di Perugia, in riforma della decisione impugnata dall’opposto, riconosceva il credito al medesimo dovuto liquidando per le prestazioni professionali la somma di L. 7.704.287, oltre accessori e spese, da cui era detratto l’importo di L. 1.400.000: pertanto, il decreto era revocato e l’opponente veniva condannato al pagamento della somma dovuta come sopra indicata.

Dopo avere ritenuto ammissibile l’acquisizione nel giudizio di gravame, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., dei documenti prodotti nella fase monitoria e che non erano stati depositati dinanzi al Giudice di primo grado che non aveva percio’ potuto esaminarli, i Giudici di appello per quel che interessa nella presente sede ritenevano che la parziale esecuzione dell’incarico di direttore dei lavori era circostanza pacifica fra le parti e il F. del resto aveva chiesto il compenso soltanto per l’attivita’ effettivamente svolta; in effetti, oltre ai rilievi sul mancato preavviso della rinuncia, le contestazioni sollevate dall’opponente avevano avuto riguardo sostanzialmente alla esecuzione in modo negligente della direzione dei lavori ma non che l’attivita’ dedotta a base del ricorso fosse stata effettivamente svolta ne’ era stata specificamente contestata la misura del compenso preteso: a tal fine, la parcella vista dall’Ordine professionale poteva essere liberamente apprezzata dal giudice. D’altra parte, a prescindere dal considerare che non sembrava neppure riproposta la relativa eccezione, la cattiva esecuzione dei lavori non era stata in alcun modo provata, mentre la negligenza del F. era stata esclusa dal Tribunale con statuizione che non era stata impugnata.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione B. F. sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente,lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonche’ omessa e insufficiente motivazione su un punto (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), deduce che era risultata provata la cattiva esecuzione dei lavori per cui non poteva non riconoscersi la negligenza del F., che era presunta ai sensi dell’art. 1218 cod. civ.; il Tribunale correttamente aveva ritenuto non provata l’esecuzione dell’attivita’ svolta dall’opposto che ne era onerato, tenuto conto delle contestazioni al riguardo formulate dall’opponente; la sentenza non aveva motivato in ordine alla prova delle prestazioni effettuate, ritenendo erroneamente ammissibile la produzione della parcella professionale depositata nel giudizio di gravame. Il motivo e’ infondato.

In primo luogo, la sentenza impugnata ha ritenuto non specificamente riproposta ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. l’eccezione di negligenza, ovverossia di inesatto adempimento, seppure poi, con motivazione ad abundantiam e come tale priva di valore decisorio, aveva nel merito escluso che fosse stata provata la cattiva esecuzione dei lavori e quindi la negligenza del F.: in sostanza, i Giudici hanno ritenuto inammissibile, perche’ rinunciata (in quanto non riproposta ai sensi della citata norma) la relativa eccezione; tale statuizione, non avendo formato oggetto di specifica censura, e’ passata in cosa giudicata, e dunque e non puo’ essere rimesso in discussione neppure l’accertamento in ordine alla colpa del professionista.

Per quel che concerne la prova delle prestazioni effettuate, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza ha al riguardo motivato: infatti, ha ritenuto non contestate le allegazioni poste a base del ricorso per decreto, evidenziando – alla luce del complessivo comportamento processuale tenuto dalla parte (art. 116 cod. proc. civ.) – che le doglianze avevano avuto piuttosto a oggetto la esecuzione negligente dell’attivita’ professionale: al riguardo, considerava non specifico il riferimento al mancato espletamento delle prestazioni effettuate la cui esecuzione doveva quindi ritenersi provata, perche’ non controversa: trattasi di un tipico accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’. Per quel che concerne la liquidazione del compenso la sentenza, pur avendo fatto riferimento al parere espresso dall’Ordine professionale, che liberamente apprezzava per verificare la congruita’ dell’onorario, ha ritenuto che neppure l’entita’ dei compensi era stato oggetto di specifica contestazione, dovendo qui rilevarsi che, in relazione alla produzione nel giudizio di gravame dei documenti depositati nella fase monitoria, non e’ configuratile il divieto di nuove prove in appello sancito dall’art. 345 cod. proc. civ. che, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, opera non soltanto per le prove costituende ma anche per quelle documentali: al riguardo, occorre considerare che i documenti depositati con il ricorso per decreto ingiuntivo non sono nuovi ma sono conosciuti o conoscibili dall’opponente, atteso che essi non possono essere ritirati dal ricorrente prima del decorso del termine previsto dall’art. 641 cod. proc. civ. per la proposizione dell’opposizione al decreto. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente , risultato soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

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