Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7872 del 28/03/2017
Cassazione civile, sez. III, 28/03/2017, (ud. 12/12/2016, dep.28/03/2017), n. 7872
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12909/2014 proposto da:
G.L., V.S., elettivamente domiciliati in ROMA,
VICOLO DI MONTEVECCHIO 26, presso lo studio dell’avvocato VENERANDO
MONELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO FANELLI,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
V.A., MARENGO SRL, in persona dell’amministratore unico
legale rappresentante Ing. V.A., elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA FASANA 21, presso lo studio dell’avvocato MARIO
STAGLIANO, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 139/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 17/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/12/2016 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
udito l’Avvocato SALVATORE PESCE per delega;
udito l’Avvocato MARIO STAGLIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con atto notificato il giorno 1 dicembre 2010, V.A. e la S.r.l. Marengo convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, V.S. (figlia di A.) e G.L. per sentirli condannare alla restituzione di due immobili da essi occupati in Torino e concessi in comodato. Costituitisi i convenuti, deducevano che il rapporto era di comodato a tempo indeterminato in quanto gli appartamenti erano adibiti ad abitazione del nucleo familiare dei coniugi convenuti. G.L. richiedeva, altresì, in via riconvenzionale, la restituzione delle somme (Euro 43.447,07) impiegate per la ristrutturazione degli immobili.
2. Il Tribunale di Torino, disposto il mutamento di rito, con sentenza del 23 maggio 2013, ritenuto si trattava di comodato precario ai sensi dell’art. 1810 c.c. e che non era indicato che l’immobile era finalizzato all’uso come abitazione del nucleo familiare, dichiarava risolto il contratto di comodato con condanna al rilascio degli immobili, rigettando la domanda riconvenzionale, non trattandosi di lavori urgenti e necessari ai sensi dell’ar. 1808 c.c..
3. Avverso tale sentenza proponevano appello, V.S. e G.L., ribadendo che si trattava di comodato stipulato per le esigenze familiari e richiedendo, in via subordinata, il rimborso delle spese di ristrutturazione.
4. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza pubblicata il 27 gennaio 2014, rigettava l’appello.
5.Propongono ricorso per cassazione V.S. e G.L. sulla base di due motivi.
6. V.A. deposita controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal Decreto n. 136 del 2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico.
2. Con i motivi di ricorso si denuncia:
3. Primo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia su uno specifico motivo di gravame, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
4. In particolare, rilevano i ricorrenti, che oggetto del secondo motivo di appello era stato il profilo dell’opponibilità della natura precaria del comodato, ai sensi dell’art. 1810 c.c., anche al genero della controparte, G.L., il quale certamente non aveva sottoscritto il contratto del 26 gennaio 2009.
5. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse in quanto G.L. non ha una posizione autonoma, che possa legittimarlo all’occupazione degli immobili nel caso di dichiarata risoluzione del contratto di comodato concluso in favore della V.. La doglianza, quindi, risulta priva di decisività per la mancanza di interesse ad ottenere una pronuncia di inopponibilità al G. del contratto di comodato; infatti – per quanto emerge dalle stesse allegazioni dei ricorrenti – la domanda di rilascio è stata estesa al G., quale occupante dell’immobile insieme alla moglie S. e poichè il G. non ha neppure dedotto un proprio autonomo titolo alla detenzione, dalla pretesa inopponibilità allo stesso del comodato, non potrebbe comunque derivare il rigetto della domanda di risoluzione del contratto.
6. Secondo motivo: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
7. In particolare, la Corte territoriale dopo avere affermato il principio secondo cui il vincolo di destinazione per esigenze abitative familiari deve essere desunto, non dalla natura immobiliare del bene concesso in comodato, ma all’esito di un accertamento di fatto sulla comune intenzione delle parti, attraverso una valutazione del contesto nel quale il contratto si è perfezionato, della natura dei rapporti tra le medesime, degli interessi perseguiti e di ogni altro dato che possa far luce sull’intenzione di finalizzare il bene ad una destinazione a casa familiare, non avrebbe tratto le conseguenze emerse dall’attività istruttoria. Infatti, per ammissione dello stesso V.A., l’estensione del comodato dell’alloggio – già occupato dalla figlia – a quello consegnato nel 2009, anche in favore del futuro marito G.L., era finalizzata all’utilizzo di tali immobili come residenza del nucleo familiare, anche per l’imminente nascita di un figlio. Circostanze queste confermate anche dai testi escussi.
8. Il motivo è inammissibile poichè in ipotesi di cosiddetta. “doppia conforme” ex art. 348 ter c.p.c., comma 4 (applicabile ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successiva all’11 settembre 2012, come nel caso di specie), è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicchè il sindacato di legittimità del provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili (Sez. 6-3, Sentenza n. 26097 del 11/12/2014, Rv. 633883), ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.
9. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017