Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7872 del 19/03/2021

Cassazione civile sez. II, 19/03/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 19/03/2021), n.7872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28696/2016 proposto da:

S.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SANTA

MARIA 12, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BIASI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DE GIORGI;

– ricorrenti –

contro

O.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TERENZIO, 21

SC. C, presso lo studio dell’avvocato GAETANO CARLETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCELLO MARCUCCIO;

– controricorrenti –

S.V., S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 488/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza (non definitiva) di primo grado, la quale ha definito la composizione dei beni compresi nell’eredità intestata di M.R., deceduta lasciando eredi i figli S.V., S.F., S.A.M. e il coniuge S.D., a sua volta deceduto, e coniugato in seconde nozze con O.A.;

– la corte d’appello, adita da S.A.M., già attrice in primo grado, ha riconosciuto che i beni intestati in nome del coniuge S.D., in quanto acquistati prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, appartenevano soltanto a lui, in difetto dei presupposti per il riconoscimento della comunione tacita familiare;

– analogamente non facevano parte della comunione fra i coniugi i beni acquistati da uno di essi durante il regime transitorio seguito all’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia;

– la corte d’appello ha riconosciuto ancora, in relazione a un acquisto immobiliare operato da S.A.M. insieme al coniuge, che costituiva donazione indiretta, perchè il prezzo era stato pagato dai genitori;

– S.A.M. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi;

– resiste con controricorso O.A.;

– S.V. e S.F. restano intimati;

– le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso (art. 360 c.p.c., comma, 1, n. 3) la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la corte d’appello ha negato la ricorrenza di una comunione universale dei beni secondo la previsione degli allora vigenti artt. 215-230 c.c.;

– la corte di merito non ha colto la effettiva portata della domanda, ipotizzando che la parte avesse richiesto l’accertamento di una comunione tacita familiare ai sensi dell’art. 2140 c.c.;

-in conseguenza di questo errore la decisione risulta viziata per omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, (oggetto di denuncia con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), perchè l’idoneità degli elementi istruttori è stata considerata in una prospettiva non appropriata: “in altre parole, se gli elementi raccolti non sono stati ritenuti sufficienti a comprovare l’esistenza di un consorzio familiare idoneo ad integrare la fattispecie della comunione tacita familiare ex art. 2140 c.c., non sarebbe affatto ed in via automatica da escludere – e qui si pone la totale omissione di motivazione su un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (…) – che i medesimi elementi se “letti” in funzione del pactum di cui all’art. 215 c.c., ante 1975 non avrebbero potuto consentire di ritenere provata la sussistenza di una comunione universale fra coniugi ex artt. 215-230 c.c., nella formulazione previgente” (pag. 34 del ricorso);

– l’errore in cui è incorsa la corte d’appello, per aver rigettato la domanda con riferimento a una fattispecie normativa non appropriata, oltre a rendere priva di motivazione la valutazione negativa espressa sulla idoneità della prova, finisce per comportare la nullità dell’intera decisione per motivazione illogica e contraddittoria (terzo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4);

– i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati;

– il coniuge che affermi (con riferimento alla disciplina anteriore alla riforma del diritto di famiglia di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151), il diritto di comproprietà su un bene immobile intestato all’altro coniuge, in forza di un regime di comunione tacita familiare, idoneo ad estendersi ipso iure agli acquisti fatti da ciascun partecipante senza bisogno di mandato degli altri nè di successivo negozio di trasferimento, ha l’onere di fornire la relativa prova, tenendo conto che la suddetta comunione non può essere desunta da una mera situazione di collaborazione familiare, ma postula atti o comportamenti che evidenzino inequivocabilmente la volontà di mettere a disposizione del consorzio familiare determinati beni, nonchè di porre in comune lucri, perdite ed incrementi patrimoniali (Cass. n. 4330/1986; n. 1688/1986);

– è stato anche chiarito che la comunione dei beni tra coniugi (artt. 215 c.c. e segg.) può essere anche tacita e, come tale, non risultare dal contratto matrimoniale, ma è comunque condizionata al conferimento di un apporto da parte di ciascuno dei coniugi, con esclusione degli acquisti derivanti da donazioni e successioni, e deve essere provata da chi ne deduce l’esistenza (Cass. n. 1816/1963; n. 2120/1961);

– è stato anche precisato che, nella disciplina previgente alla riforma del diritto di famiglia di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151, il coniuge che reclami la comproprietà di un bene immobile, anche in una situazione di comunione tacita familiare, non potrebbe avvalersi della prova testimoniale, stante la necessità dell’atto scritto (art. 1350 c.c.) (Cass. n. 1062/1989);

– la corte d’appello ha riconosciuto che le richieste di prova testimoniale, formulate dall’attrice ai fini della prova della comunione universale, “appaiono inconferenti e generiche, perchè volte a dimostrare l’esistenza della collaborazione nell’azienda commerciale della N. e la gestione comune del patrimonio familiare, ma non forniscono elementi di fatto per dimostrare la provenienza dal fondo comune dei mezzi utilizzati per l’acquisto dei beni intestati al marito”;

– le considerazioni di cui sopra consentono di affermare, senza che sia necessario indagare se i riferimenti all’art. 2140 c.c., siano o meno pertinenti e sulla stessa ammissibilità in principio della prova orale, che la corte d’appello ha comunque valutato la vicenda in applicazione di parametri pertinenti alla fattispecie della comunione universale fra coniugi secondo la disciplina previgente, negandone motivatamente la sussistenza nel caso concreto;

– è infondato anche il quarto motivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), che investe la decisione nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto l’esistenza della donazione indiretta;

– infatti, il riconoscimento della liberalità indiretta è avvenuto in forza di considerazioni logiche e coerenti: l’identità fra il bene acquistato dai genitori della ricorrente con scrittura privata e quello oggetto dell’atto notarile intercorso fra la medesima venditrice con la ricorrente e il coniuge di lei;

– il difetto di data certa della scrittura non è rilevante: l’art. 2704 c.c., riguarda i terzi e non la parte, nè l’erede della parte, il quale, subentrando nella posizione giuridica del de cuius, deve essere considerato parte dei contratti conclusi da questo (Cass. n. 12242/2011);

-del resto, l’obbligo del conferimento, riconosciuto dalla corte d’appello con riferimento alla donazione, è stato contenuto nei limiti della quota dell’erede, coniuge discendente, con esclusione di quella dell’altro coniuge (art. 739 c.c., comma 2);

– la prova che il prezzo fu pagato dagli acquirenti e non dai genitori della S.A.M., diversamente da quanto sostiene la ricorrente, non può ritenersi implicita nella produzione del rogito notarile, nel quale si dichiara che il pagamento è avvenuto “prima e fuori di questo atto”;

– il contenuto del rogito, su questo aspetto essenziale, non si pone per sè stesso in contraddizione con la ricostruzione proposta con la sentenza impugnata;

– in quanto al supposto vizio di contraddittorio, ancora ventilato dalla ricorrente con la memoria, per la mancata partecipazione al giudizio del coniuge co-acquirente, partecipe dell’accordo simulatorio erroneamente riscontrato dalla corte d’appello, la censura confonde la donazione indiretta con la donazione oggetto di simulazione, che sono invece fattispecie del tutto diverse (Cass. n. 19400/2019);

– si ribadisce che l’obbligo di conferimento in collazione è stato accertato in conformità a quanto dispone l’art. 739 c.c., comma 2; -nessuna ragione imponeva la partecipazione al giudizio del coniuge della ricorrente;

– è fondato il quinto motivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), che investe la decisione laddove la corte d’appello ha negato la comunione dei beni acquistati dal coniuge nel corso del periodo transitorio seguito all’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia;

– quanti erano già uniti in matrimonio alla data di entrata in vigore della L. 19 maggio 1975, n. 151 – salva l’ipotesi in cui sia stato dato espresso dissenso anche da uno solo dei coniugi, nei confronti del regime della comunione legale – sono soggetti alla nuova disciplina del regime della comunione legale dei beni unicamente a decorrere dal 16 gennaio 1978. Oggetto della comunione, peraltro, per costoro, sono non solo gli acquisti compiuti dagli sposi congiuntamente o disgiuntamente successivamente al 15 gennaio 1978, ma anche quelli anteriori, posti in essere nel periodo 21 settembre 1975-15 gennaio 1978, purchè ancora nel patrimonio del coniuge acquirente (e rimangono, conseguentemente, validi ed operativi eventuali precedenti atti di disposizione, su quei beni, posti in essere dal coniuge che aveva proceduto al loro acquisto, senza l’intervento dell’altro (Cass. n. 4235/1987; n. 6954/1997; n. 225/2010; n. 20969/2018);

-in contrasto con tale principio la corte di merito ha ritenuto che la ricaduta in comunione dell’acquisto, per le famiglie già formate alla data di entrata in vigore della L. n. 151 del 1971, concernesse solo i beni acquistati successivamente al 15 gennaio 1978, con esclusione di quelli acquistati durante il regime transitorio;

-in conclusione, rigettati i primi quattro motivi, si impone, in relazione al quinto motivo, la cassazione della sentenza, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione, che si atterrà al principio di cui sopra e provvederà sulle spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il quinto motivo; rigetta i primi quattro motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2021

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