Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 787 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 13/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.13/01/2017),  n. 787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1165/2015 proposto da:

A.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LORENA GABRIELLI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87,

presso l’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MAURIZIO BOSCARATO, AGOSTINO CIANCIULLI,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il

21/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ARTURO ANTONUCCI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

rigetto del quarto motivo sotto il primo profilo, rigetto del motivo

decimo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame principale, oltre che quello incidentale, proposti, rispettivamente, dal signor A.G. e dall’ex coniuge C.S., contro il decreto del Tribunale di quella stessa città che, in accoglimento della domanda del primo, di modifica delle condizioni del divorzio, statuite dalla Corte territoriale nel 2011, riduceva da Euro 1.800,00 a Euro 1.000,00 l’assegno di mantenimento dell’ex coniuge, la predetta signora C., compensando le spese del giudizio tra le parti.

2. Secondo il giudice distrettuale, il reclamo incidentale della ex moglie, ammissibile “in considerazione del rito camerale”, era palesemente infondato, avendo il Tribunale verificato che la patologia insorta nella persona dell’ex marito aveva costretto quest’ultimo a cessare l’attività professionale forense, senza che potesse avere rilievo la circostanza che l’attuale moglie dell’ex coniuge era avvocato al pari di lui e che Ella potesse proseguire l’attività al posto di quello, non avendo costei obblighi di sorta, al riguardo.

3. Ma anche il reclamo principale non poteva avere miglior sorte, apparendo l’importo dell’assegno periodico stabilito dal Tribunale come congruo rispetto alla finalità assistenziale dell’assegno divorzile ed alla situazione economica delle parti.

3.1. In particolare, l’assegno per l’incarico di assessore nella giunta del Comune di Osimo non era stato computato dal Tribunale, essendo giunto al termine il mandato assessorile, mentre le riduzioni reddituali e quelle pensionistiche erano compensate dall’ingente patrimonio immobiliare, solo in minima parte proveniente da lasciti ereditari e in realtà accumulato in ragione della elevata capacità reddituale del professionista, e dalla possibilità di trarre ancora frutto da esso.

3.2. Nè le spese allegate (quelle per il mantenimento del figlio adottivo e quelle per il badante) potevano considerasi come seriamente incisive del suo reddito, atteso che le prime erano condivise con la moglie e le seconde potevano sostituire quelle per collaboratrici precedentemente utilizzate dal nucleo familiare.

3.3. In conclusione, ponendo in comparazione la pur peggiorata situazione economica dell’ A. con quella della C., non si poteva automaticamente concludere per la “eliminazione dell’assegno divorzile”.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il signor A.G., con dieci mezzi di impugnazione.

5. La signora C. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alla eccepita inammissibilità del reclamo incidentale della C., lamenta la mancata ammissione da parte del giudice del foglio di deduzioni al verbale del 1 ottobre 2014 o il mancato rinvio per controdeduzioni all’impugnazione della controparte, con lesione del proprio diritto di difesa.

2. Con il secondo (violazione o falsa applicazione dell’art. 739 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alla eccepita inammissibilità del reclamo incidentale della ex moglie, lamenta il mancato esame delle doglianze, avanzate all’udienza del 1 ottobre 2014, relative alla tardività del reclamo incidentale, per mancato rispetto del termine di cui all’art. 739 c.p.c., con le quali si eccepiva la tardività della sua introduzione, calcolata a far data dalla notifica del reclamo principale, e la conseguente inammissibilità di ogni richiesta avversaria relativa alla modifica del decreto impugnato, “in senso diverso e peggiorativo rispetto a quello indicato dal reclamante” principale.

3. Con il terzo mezzo (violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.) il ricorrente, in relazione alla erronea affermazione dell’ammissibilità del reclamo incidentale della ex moglie, lamenta il mancato esame delle doglianze, avanzate all’udienza del 10 ottobre 2014, relative alla mancata specifica indicazione dei motivi di reclamo da parte della reclamante incidentale.

4. Con il quarto (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, discusso tra le parti: art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente denuncia la mancata valutazione delle circostanze dedotte in ordine alla misura della pensione effettivamente percepita ed alla perdita del reddito da incarico assessorile, in epoca successiva al divorzio, avendo illegittimamente proceduto a compiere una nuova considerazione della capacità reddituale del proprio patrimonio, che non le era possibile, e non anche a considerare le diminuzioni reddituali intervenute (la perdita del reddito professionale, la limitata misura della pensione).

5. Con il quinto (violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 e 9) si denuncia l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il patrimonio immobiliare del ricorrente era cospicuo, a prescindere dalla sua esatta stima, e che il medesimo poteva essere utilizzato al fine di trarre reddito, essendo quella conclusione non il risultato di un accertamento ma di una affermazione dell’ex coniuge, stridente con un mancato incremento patrimoniale (questo solo oggetto di valutazione), anzi diminuito a seguito della cessione di un cespite alla moglie che si era accollata il relativo mutuo, e di oneri economici non trascurabili, specie nell’attuale fase di mercato.

6. Con il sesto (violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 e 9) si denuncia l’affermazione della Corte territoriale relativa al patrimonio immobiliare del ricorrente in relazione alla cessione (in nuda proprietà) di un cespite alla moglie, che si era accollata il relativo debito bancario, fatto costituente la riprova dell’impossibilità del ricorrente di far fronte alle obbligazioni contratte.

7. Con il settimo (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, discusso tra le parti: art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente si duole della mancata valutazione degli obblighi di mantenimento del secondo figlio minore.

8. Con l’ottavo motivo (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, discusso tra le parti: art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente lamenta la erronea valutazione degli oneri necessari per l’assistenza di un badante, svalutati indebitamente come semplice surrogazione di altre spese per pregressi collaboratori all’interno del nucleo familiare, difettando ogni prova dell’esistenza di tali erogazioni da parte del ricorrente ed essendo stata utilizzata, a tal uopo, una affermazione apodittica dell’ex moglie, a ciò interessata.

9.Con il nono (violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 9) si denuncia l’affermazione della Corte territoriale che, pur dando atto della peggiorata situazione economica del ricorrente, ha proceduto ad una comparazione in suo danno con quelle della ex moglie, al fine di valutare l’esistenza dei presupposti per il mantenimento dell’assegno divorzile, risultando in tal modo la rispettiva condizione sperequata in ragione della dazione imposta di un assegno di 1.000,00 Euro mensili in aggiunta al reddito da pensione goduto dalla resistente.

10. Con il decimo (violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.) il ricorrente lamenta il mancato accoglimento della doglianza relativa alla compensazione delle spese giudiziali da parte della Corte territoriale, tenuto conto della reiezione della richiesta avversaria e del parziale accoglimento della propria.

11. I primi tre mezzi di cassazione vanno esaminati congiuntamente in quanto attinenti all’unico ed identico fatto processuale generatore di quelle critiche: la tardiva proposizione del reclamo incidentale davanti alla Corte d’appello, considerato invece come tempestivo dai giudici distrettuali, che non avrebbero tenuto conto delle eccezioni proposte e non avrebbero acquisito, allegandole al verbale di udienza, le osservazioni e le note addotte dal reclamante principale contro l’avversa impugnativa e senza concedere un termine per controdedurre.

11.1. Le censure, tuttavia, si rivelano inammissibili avendo la Corte territoriale respinto nel merito il gravame incidentale (contro cui si appuntavano le critiche dell’odierno ricorrente) senza che oggi si alleghi alcuna specificazione relativa ai possibili vantaggi della parte ricorrente in ordine all’esame e all’ipotetico accoglimento di esse, nonchè ai vantaggi conseguibili, per la parte istante, dall’annullamento del provvedimento in parte qua.

11.2. Infatti, il diritto al ricorso per cassazione non tutela la parte dall’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio che essa ne abbia patito, sicchè solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata diventa necessario l’esame delle doglianze e il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

12. Gli ulteriori sei motivi di ricorso (dal quarto al nono) riguardando la stessa questione (sia pure illustrata sotto diversi profili, scomposti analiticamente nel prisma dell’impugnazione) devono essere esaminati congiuntamente per comodità di esposizione e della loro stretta correlazione.

12.1. Essi vanno accolti in quanto fondati.

12.2. Il ricorso, infatti, lamenta che non si sia tenuto correttamente conto sia del principio del giudicato rebus sic stantibus (per essere stati rivalutati elementi e dati, quali il complesso patrimoniale immobiliare, già oggetto di definizione con la sentenza relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario) sia di fatti e sopravvenienze, rilevanti per la condizione economico-patrimoniale del ricorrente, del quale pure si è dato atto (la sopravvenuta malattia invalidante per il professionista e la conseguente cessazione della professione forense, la necessità di far ricorso ad un badante, l’adozione di un figlio assieme al suo nuovo coniuge, l’entità della pensione di vecchiaia), ovvero di fatti allegati ex adverso e non provati (la presunta esistenza di altri collaboratori familiari sacrificabili per far posto al badante, una nuova postulata fruttuosità del patrimonio immobiliare acquisito nel corso degli anni di professione).

12.3. Infatti, con riferimento al caso – come quello qui esaminato – in cui le parti hanno discusso di una modifica delle statuizioni già definitivamente pronunciate dalla Corte territoriale in sede di divorzio, il giudice del reclamo avrebbe dovuto attenersi al principio di diritto secondo cui “Il provvedimento di revisione dell’assegno divorzile – previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 9 – postula non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti. Nella particolare ipotesi in cui il motivo di revisione si palesi di consistenza tale da condurre alla revoca dell’assegno divorzile, indispensabile procedere, poi, al rigoroso accertamento della effettività dei predetti mutamenti e verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra essi e la nuova situazione patrimoniale conseguentemente instauratasi, onde dedurne, con motivato convincimento, che l’ex coniuge titolare dell’emolumento abbia acquisito la disponibilità di mezzi idonei a conservargli un tenore di vita analogo a quello condotto in costanza di matrimonio o che le condizioni economiche del coniuge obbligato si siano a tal punto deteriorate da rendere insostenibile l’onere posto a suo carico. Pertanto, in sede di revisione, il giudice non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale” (Sez. 1, Sentenza n. 10133 del 2007 ed altre conff.).

12.4. L’ordinanza decisoria impugnata, avente natura sostanziale di sentenza, mostra di aver violato il principio sopra riportato in quanto, pur riconoscendo l’esistenza alcune sopravvenienze rispetto all’assetto posto a base della sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio tra i due litiganti, non le ha poi valutate, anche con riferimento al principio di causalità, rispetto al quadro delle reciproche situazioni patrimonial-reddituali pregresse, ma ha proceduto ad una nuova complessiva valutazione dell’intera posizione economica di ciascuna parte, riformulando una integrale valutazione delle rispettive sostanze, senza accertare con la necessaria precisione (ma per cd. dire, con una sintesi globale condotta in via equitativa) le “poste” positive o negative sopravvenute per la parte che quelle variazioni hanno causato alle rispettive consistenze economico-reddituali.

12.5. Infatti, da un lato, il giudice distrettuale ha discusso del potenziale di redditività del patrimonio immobiliare del ricorrente, senza che questo fosse neppure esattamente commisurato e del quale si ignorano le componenti (che si suppone siano state oggetto di valutazione in sede di divorzio per la definizione dei rispettivi assetti), e da un altro, ha postulato che vi fosse una copertura delle voci negative (l’accertata perdita della capacità lavorativa, la modesta entità della pensione, il mantenimento di un ulteriore figlio e le spese per il proprio badante) sulla base della redditività degli immobili posseduti senza che di questo si sia discusso e se ne siano commisurati i termini.

12.6. Inoltre, si è neutralizzato la spesa per il badante assunto dall’odierno ricorrente in conseguenza della sua malattia, sulla base di una postulata surrogazione di altre spese per collaboratori familiari la cui necessità ed impiego che non sono stati nè accertati e nè provati da chi quelle affermazioni ha allegato; e si è misconosciuto l’onere per il mantenimento di un figlio successivamente adottato senza commisurarne la portata per la parte di propria competenza.

12.7. In conclusione, il provvedimento impugnato va cassato ed il nuovo giudizio dovrà svolgersi tenendo conto del principio di diritto che segue:

“Il provvedimento di revisione dell’assegno divorzile – previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 9 – postula non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato, l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimonial-reddituale accertata”.

13. La sentenza va pertanto cassata, in accoglimento dei motivi 4, 5 6, 7, 8 e 9, assorbito il decimo (sulle spese) e dichiarati inammissibili i primi tre, con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’Appello di Ancona che deciderà, facendo applicazione del principio enunciato, in diversa composizione.

PQM

Accoglie il quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono motivo del ricorso, assorbito il decimo e dichiarati inammissibili i primi tre, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, davanti alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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