Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7869 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. II, 31/03/2010, (ud. 22/06/2009, dep. 31/03/2010), n.7869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14, interno 4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI

GABRIELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CAPELLO PIER CARLO, giusta procura speciale ad litem a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GAGLIANICO (BI);

– intimato –

avverso l’ordinanza R.G. 1408/07 del GIUDICE DI PACE di BIELLA del

30.8.07, depositata il 03/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2009 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere accolto. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

All’udienza camerale la Procura Generale nulla ha osservato.

La Corte condivide l’avviso del consigliere relatore e la relativa motivazione che di seguito si riporta integralmente:

“Il giudice di pace di Biella con l’ordinanza impugnata dichiarava inammissibile, perchè tardiva, l’opposizione proposta dall’odierno ricorrente avverso un verbale di contestazione notificatogli, relativo a violazione del codice della strada rilevata dalla polizia Municipale dei Comune di Gaglianico.

L’opponente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea declaratoria di tardività del ricorso per non essere decorsi i 60 giorni dal giorno della effettiva notifica del verbale a quello del deposito.

Il Comune è rimasto intimato.

Il ricorso risulta ammissibile, perchè avverso l’ordinanza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, è ancora esperibile il ricorso diretto per cassazione e non l’appello, in quanto la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha generalizzato lo strumento dell’appello avverso le sentenze rese dal giudice di pace, non ha modificato l’art. 23, comma 1.

Il giudice di pace ha ritenuto che l’atto di opposizione fosse tardivo perchè presentato il 4 giugno 2007 a fronte di notifica del verbale avvenuta il 2 aprile 2007.

Parte ricorrente ha dedotto che quest’ultima data non è stata oggetto di puntuale accertamento mediante l’esame dell’avviso di ricevimento della notifica del verbale di contestazione della violazione, non avendo il giudicante convocato le parti e acquisito la relativa documentazione, in possesso dell’ente notificante. Ha chiarito che nell’opposizione era stato erroneamente indicato che la notifica era avvenuta il 2 aprile (pag. 10 del ricorso).

L’errore era derivato dall’aver fatto riferimento alla data risultante dalla busta verde che conteneva il plico, data che era invece relativa all’avviso di deposito ricevuto e non già all’effettivo ritiro del plico, uopo aver ripercorso la giurisprudenza di legittimità in ordine agli obblighi di verifica della data di effettiva notifica della contestazione, ha formulato rituale quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

Il ricorso appare fondato. Occorre in primo luogo osservare che in tema di opposizione a sanzione amministrativa, grava sull’opponente l’onere della prova di aver tempestivamente proposto l’opposizione, sicchè al fine di consentire il controllo in ordine a tale tempestività, egli è tenuto, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22, ad allegare copia dell’atto opposto a lui notificato.

Peraltro la mancata allegazione della relata di notifica del provvedimento opposto non costituisce, tuttavia, di per sè, prova della non tempestività dell’opposizione, tale da giustificare, per l’effetto, una dichiarazione di inammissibilità dei ricorso con ordinanza pronunciata “in limine litis”, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 1, perchè tale provvedimento postula, pur sempre, l’esistenza di una prova certa e inconfutabile della intempestività della detta opposizione, e non una mera difficoltà di accertamento delle tempestività (Cass. 2008 n. 28147).

Ne consegue che, soltanto ove in prosieguo di giudizio e, a causa della mancata acquisizione della copia dell’ordinanza notificata, permanga e diventi definitiva l’impossibilità di controllo (anche di ufficio) della tempestività dell’opposizione, il ricorso andrà dichiarato, con sentenza, inammissibile.

Nel caso in esame l’affermazione (che viene dichiarata erronea) circa la data di ricevimento, pur avendo probabilmente contribuito a indurre il giudice di pace ad emettere l’ordinanza, non valeva ad attribuire certezza circa l’intempestività dell’opposizione, che non era documentalmente riscontrabile, in assenza di una chiara indicazione in tal senso sulla busta verde (timbro con la data di consegna o altre utili annotazioni). Sul giudice di pace gravava invece l’onere di convocare le parti e verificare se il termine per l’opposizione era stato rispettato, con riferimento alla data di effettiva consegna dell’atto opposto, desumibile dalla retata di notifica sulla copio dell’ordinanza notificata o dall’avviso di ricevimento, che l’amministrazione era tenuta a produrre (vedi Cass. SU 2002 n. 1006 e Cass. 2008 n. 28147, quest’ultima in caso analogo all’attuale).

Tale accertamento positivo sulla scorta di elementi documentali non era possibile nella specie e non poteva essere sostituito da un elemento indiziario quale la dichiarazione a sè sfavorevole proveniente dal difensore della parte. Doveva, infatti, essere prima ricercata la certezza documentale, facilmente acquisibile esaminando la relata di notifica in possesso dell’Amministrazione.

Il ricorso va accolto, il provvedimento impugnato cassato e la causa va rimessa per nuovo esame ad altro giudice del merito pari ordinato, che si indica in diverso magistrato dello stesso ufficio, cui è anche demandato, ex art. 385 c.p.c., di pronunziare sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro Giudice di Pace di Biella, che deciderà anche sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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