Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7869 del 06/04/2011

Cassazione civile sez. III, 06/04/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 06/04/2011), n.7869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell’avvocato VERALDI

STEFANIA, rappresentata e difesa dall’avvocato IOELE LORENZO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato

RUGGIERI GIANFRANCO, rappresentato e difeso dagli avvocati LOFRANCO

ELENA, DE NICOLELLIS PAOLA giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.N.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 592/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO –

SEZIONE CIVILE, emessa il 19/7/2005, depositata il 28/10/2005, R.G.N.

507/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato GIANFRANCO RUGGIERI (per delega dell’Avv. ELENA

LOFRANCO e Avv. PAOLA DE NICOLELLIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. B.L., quale titolare della “Agenzia Immobiliare Pubblicitaria” e mediatore nella vendita di un immobile, otteneva dalla Corte di appello – in riforma della sentenza di primo grado -la condanna (a L. 800.000, oltre accessori) di P.S.L. (acquirente) e di D.N.F. (venditore, a L. 2.000.000) per l’attivita’ svolta nel 1986, nella qualita’ di titolare della Leo Business (sentenza 28 ottobre 2005).

2. P.S.L. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, esplicati da memoria. Si e’ difeso con controricorso il B.. Il D.N., ritualmente intimato, non ha svolto difese.

3. Con il primo motivo, si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente la legittimazione del B., quale mediatore, (artt. 2563 e 2565 c.c. e omessa e insufficiente motivazione), essendo riconducibile il rapporto di mediazione alla sua persona fisica. indipendentemente dalla circostanza che avesse speso il nome della “Agenzia Immobiliare Pubblicitaria” o quello della “Leo Business”. Per sostenere che si trattava di diversa ditta, collegata a diversa azienda, la ricorrente fa riferimento a due documenti (certificazione rilasciata dalla CCIA di Salerno il 25 novembre 1992, in cui si attesta l’apertura nel 1992 e certificazione rilasciata dalla CCIA di Cosenza il 2 luglio 1992, che attesta la titolarita’ in capo al B. di attivita’ di commercio al minuto), lamentandone l’omesso esame da parte della Corte di merito.

Il motivo e’ inammissibile.

Con riferimento ai documenti a base della censura, deve rilevarsi che, sia il primo (rispetto al quale il B. controdeduce che si trattava solo di una variazione), che il secondo (rispetto al quale il B. sostiene la novita’ della deduzione nel giudizio di legittimita’) sono riprodotti in modo incompleto nel ricorso, ne’ e’ specificamente indicata la sede di merito in cui siano stati prodotti.

Pertanto, il motivo di ricorso non e’ autosufficiente, non consentendo alla Corte di verificare il vizio di omessa motivazione lamentato.

Deve aggiungersi che il giudice di merito ha dato risalto alla considerazione assorbente che il B., con il quale il rapporto di mediazione si era sicuramente svolto personalmente, era iscritto nel relativo Albo degli Agenti di mediazione sin dal 1981, con abilitazione all’esercizio dell’attivita’ su tutto il territorio nazionale.

4. Con il secondo motivo, si censura la decisione nella parte in cui ha ritenuto sussistente il rapporto causale tra la conclusione della compravendita e l’opera del B., stante il ruolo determinante svolto da questi, e ha valutato insufficienti per interrompere il nesso di causalita’, sia il prezzo, di molto inferiore, sia il successivo intervento di altre persone nella messa in contatto delle parti. Deduce la violazione degli artt. 1754 e 1755 c.c., in una con vizi motivazionali, lamentandosi, in particolare, del mancato rilievo della circostanza che, come risultante dall’atto di vendita stipulato, a vendere non era un soggetto ( D.N.F.) ma piu’ soggetti.

Nella parte in cui si censura l’omessa considerazione della pluralita’ dei venditori, il motivo e’ inammissibile. Infatti, il profilo e’ nuovo, come rileva la controparte, e come si ricava dalla sentenza impugnata. In questa non emerge alcun rilievo dato dalle parti ne’ al carattere familiare del bene, l’incarico per la vendita del quale poteva essere ragionevolmente conferito ad uno solo di essi, ne’ ad una interferenza, da parte degli altri proprietari, causalmente collegata con l’avvenuta vendita. In generale, poi, la motivazione del giudice e’ completa, fondata sulle risultanze probatorie, ed immune da vizi logici; mentre, la ricorrente si limita a prospettare una diversa valutazione, soprattutto sotto il profilo della misura del prezzo minore risultante dalla compravendita, chiedendo alla Corte una inammissibile rivalutazione del merito. Le spese seguono la soccombenza. Nulla per le spese rispetto alla parte che non si e’ difesa.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna P.S.L. al pagamento, in favore di B.L., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 945,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti di D.N. F..

Cosi deciso in Roma, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

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