Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7867 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7867 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 27364-2009 proposto da:
ADRIATICA MARINA SVILUPPO INIZIATIVE TURISTICO
PORTUALI SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE MARINI, che lo rappresenta e difende
qpití_qmenLe dll’dvvuLdIu CALO

AMATO gi.u3ta delega a

margine;
– ricorrente contro

COMUNE DI MARANO LAGUNARE in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

Data pubblicazione: 20/04/2016

CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
GIUSSANI giusta delega in calce;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 50/2008 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 22/10/2008;

udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARINI che si
riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G.N.

Svolgimento del processo

27364/09

La società Adriatica Marina Per Lo Sviluppo di Iniziative Turistico Portuali
S.p.A. (di seguito, per brevità, Adriatica Marina) – quale concessionaria dal
1989 di porzione del demanio estesa mq 44214,50 in località Punta Faro dove
ha realizzato, sin dal 1990, un porto turistico comprendente 618 posti barca –

del compendio immobiliare in categoria E19, esclusa dal pagamento dell’ICI.
Nel 2001, entrata in vigore la L. n. 388 del 2000 che all’art. 18, comma 3 0 ,
aveva individuato, in caso di concessione su aree demaniali, nel
concessionario, il soggetto passivo d’imposta, la società aveva comunque
versato, a suo dire in via cautelativa, al Comune di Marano Lagunare, le
somme dovute in acconto e saldo dell’ICI, delle quali richiese il rimborso,
non avendo ricevuto notifica nell’anno successivo alla presentazione della
dichiarazione di accatastamento di variazione della categoria proposta.
Formatosi il silenzio — rifiuto sull’istanza di rimborso, la società impugnò il
diniego tacito di rimborso dinanzi alla CTP di Udine, che accolse il ricorso.
Avverso la decisione di primo grado il Comune di Marano Lagunare propose
appello, che fu accolto dalla CTR del Friuli Venezia Giulia con sentenza n.
50/04/08, depositata il 22 ottobre 2008, ritenendo il giudice tributario di
secondo grado legittimo il classamento in D/9 operato dall’Agenzia del
Territorio entro l’armo dalla presentazione dell’istanza di accatastamento e
notificato all’Agenzia del Demanio quale proprietario dell’area, ritenendo che
l’art. 74 J0 comma della L. n. 342/2000 non imponesse la notifica al
concessionario della variazione del classamento rispetto alla proposta del
medesimo.

1

con procedura DOCFA presentò in data 28/6/2002 istanza di accatastamento

Avverso la succitata pronuncia della CTR la contribuente ricorre per
cassazione in forza di due motivi.
Il Comune di Marano Lagunare resiste con controricorso.
Il difensore dell’Ente impositore ha successivamente depositato in atti
dichiarazione di rinuncia al mandato.

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3 c.p.c., “violazione o falsa applicazione dell’art. 74 della L. n.
342 del 2000, dell’art. 3 del D.L.” (recte D.Lgs.) “n. 504 del 1992, dell’art.
2 del D. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 6, comma 1, della L. n. 212 del 2000 e
della c.m. n. 4 del 13/03/2001” sotto un primo profilo, in relazione al quale
assume che la decisione impugnata sarebbe incorsa nelle denunciate
violazioni o false applicazioni di norme di diritto nella parte in cui non ha
tenuto conto, nell’applicazione della norma primaria di cui all’art. 74 1°
comma della L. n. 342/2000, dell’interpretazione fornita dalla stessa
Amministrazione finanziaria con la menzionata circolare, con la quale si
prevedeva l’obbligo di notifica, ai fini dell’efficacia della rendita, quale
variata, anche al possessore del bene, ciò che si poneva, del resto, secondo la
ricorrente, in sintonia con le restanti norme primarie indicate in rubrica
concernenti gli obblighi d’informazione a carico dell’Amministrazione nei
confronti del contribuente (art. 6 1° comma della L. n. 212/2000) e
l’individuazione del soggetto passivo d’imposta in relazione al disposto
dell’art. 3, comma 2° del D. Lgs. n. 504/1992.
2. Con il secondo motivo avente analoga rubrica la società ricorrente denuncia
le anzidette ipotesi di violazioni o false applicazioni delle succitate norme di
diritto sotto un secondo profilo, assumendo che la decisione impugnata in
2

Motivi della decisione

ogni caso è erronea nella parte in cui ha statuito l’applicazione retroattiva
della categoria e rendita attribuite dall’Agenzia del Territorio, non oggetto di
notifica ad essa concessionaria dell’area demaniale, con riferimento all’anno
2001, cioè ancor prima della presentazione della denuncia di accatastamento
con procedura DOCFA avvenuta solo nel giugno 2002.

strettamente connessi.
Comune ad entrambi, come correttamente eccepito dall’Amministrazione
comunale controricorrente, è la carenza di autosufficienza riguardo
all’esposizione sommaria dei fatti di causa (art. 366 n. 3 c.p.c.), che non può
essere colmata dal mero riferimento ai documenti allegati al ricorso.
È noto che per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., più di recente,
Cass. civ. sez. VI — III ord. 3 febbraio 2015, n. 1926; in senso conforme si
veda anche Cass. civ. sez. H 4 aprile 2006, n. 7825), “per soddisfare il
requisito imposto dall’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c. il ricorso per
cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non
analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare
le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di
diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna
parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda
processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in
diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla
Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione
giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di
merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga
tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la

3

3. I motivi possono essere congiuntamente esaminati, essendo tra loro

completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il
significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni
della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti
del processo, ivi compresa la sentenza stessa”.
Orbene, nella controversia in esame la società ricorrente non precisa,

l’importo ICI in acconto e saldo per l’anno 2001, né tale lacuna è colmata nel
motivo seguente, alla stregua anche del conclusivo quesito di diritto
formulato, nel quale vi è solo il riferimento, in astratto, alla necessità che la
rendita dovesse essere provvisoriamente determinata secondo il criterio di cui
all’art. 5 comma 3 0 del D. Lgs. n. 504/1992.
Segnatamente, relativamente al primo motivo, posto che, come evidenziato
dalla sentenza impugnata, l’art. 74 1° comma della L. n. 342/2000 prevede,
con decorrenza dal 1° gennaio 2000, l’obbligo di notifica degli atti attributivi
o modificativi delle rendite catastali ai soli soggetti intestatari della partita,
affinché detti atti possano acquisire rilevanza, in tanto è possibile ipotizzare in
capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di notifica dell’attribuzione o
modifica di rendita a chi, come, nella fattispecie, il concessionario dell’area
demaniale marittima, sia soggetto passivo dell’imposta ICI, tributo comunale,
in ossequio agli obblighi d’informazione gravanti sull’Amministrazione
secondo il disposto dell’art. 6, 1 0 comma della L. n. 212/2000, quale
richiamato dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 4 del 13 marzo 2001,
in quanto tra gli intestatari catastali figurino i concessionari (cfr. al riguardo
nota prot. 27191 del 3 maggio 2011 della Direzione Centrale Catasto e
Cartografia dell’Agenzia del Territorio).

4

nell’ambito del primo motivo, in virtù di quale criterio sia stato versato

In ordine a tale circostanza nulla espone parte ricorrente in ricorso, che anche
in parte qua, essendo carente di autosufficienza, non consente alla Corte di
esprimere la richiesta funzione nomofilattica compendiata nel quesito di
diritto così come formulato dalla ricorrente.
4. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo.

determinazione della rendita corrispondente non possono che operare
retroattivamente a far tempo dalla data di presentazione della richiesta di
accatastamento con procedura DOCFA, avvenuta, pacificamente, nella
fattispecie in esame, nel giugno 2002 – ed in tal senso va certamente corretta
in diritto ex art. 384 ultimo comma c.p.c. la motivazione della sentenza
impugnata, il cui dispositivo è conforme a diritto — nondimeno ciò non
legittima di per sé la conclusione in punto di consequenziale fondatezza della
domanda di rimborso per 1’1C1 versata nel 2001 cui la concessionaria dell’area
demaniale era comunque tenuta, secondo quanto è dato intendere dalla
formulazione del quesito, con calcolo della base imponibile a norma dell’ari
5 comma 3 0 del D. Lgs. n. 50411992, laddove la causale della domanda di
rimborso e la causa petendi posta a base dell’impugnazione proposta avverso
il diniego tacito di rimborso erano fondate sulla pretesa non assoggettabilità
ad IC1 dell’area demaniale in concessione, riconducibile, secondo la
contribuente, alla categoria catastale E/9, circostanza contraddetta invero della
stessa articolazione del secondo motivo da parte della ricorrente, che
presuppone la classificabilità dell’area adibita a porto turistico per 618 posti
barca tra gli immobili della categoria D.
Il ricorso va dunque rigettato.

5

Se è vero, in astratto, che l’attribuzione della categoria D19 e la

5. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione in
favore del Comune di Marano Lagunare delle spese del presente giudizio di

forfettarie ed accessori, se dovuti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 dicembre

6

legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compenso, oltre rimborso spese

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