Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7867 del 16/04/2020

Cassazione civile sez. I, 16/04/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 16/04/2020), n.7867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 36207/2018 proposto da:

H.A., rappresentato e difeso dall’avvocato DONATELLA

LAURETI, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 792/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.G., in persona del sostituto Dott. IGNAZIO PATRONE, il

quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avvocato DONATELLA LAURETI per parte ricorrente, il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, H.A., cittadino del Pakistan proveniente dalla regione del Punjab, impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona con il quale era stata rigettata la sua richiesta volta ad ottenere, in via principale, lo status di rifugiato, in subordine la protezione sussidiaria ed in ulteriore subordine il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno dell’istanza il ricorrente deduceva di essere fuggito dal Pakistan a causa del sequestro di cui era rimasto vittima, unitamente ad un amico, ad opera di una banda di talebani; dopo essere riuscito a scappare, il ricorrente si era recato prima a (OMISSIS) e poi nel (OMISSIS); avvisato da un conoscente che c’erano persone che lo cercavano ritenendolo un ladro, il richiedente aveva deciso di lasciare il proprio Paese.

Con ordinanza del 16.6.2017 il Tribunale di L’Aquila rigettava il ricorso compensando le spese del grado.

Avverso tale decisione interponeva appello l’odierno ricorrente, riproponendo le medesime richieste proposte in prime cure.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in seconde cure per resistere al gravame.

La Corte di Appello di L’Aquila, con la sentenza oggi impugnata, n. 792/2018, respingeva l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto H.A. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6,7 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare, nell’ambito della valutazione della condizione interna del Pakistan e della regione del Punjab in particolare, le risultanze delle fonti qualificate, tra le quali innanzitutto le informazioni diffuse dal Ministero degli Esteri. Dette informazioni evidenzierebbero un quadro di generale incertezza e insicurezza idoneo a consentire la concessione della protezione internazionale invocata dallo H..

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte aquilana avrebbe dovuto riconoscere al richiedente, sulla base della sua giovane età e della condizione del Paese di provenienza, la tutela umanitaria invocata in via subordinata.

Le due censure, che si prestano ad un esame congiunto, sono inammissibili in quanto con esse il ricorrente sollecita la revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Lo H., infatti, non attinge in modo specifico, con le due doglianze proposte, il punto centrale della decisione impugnata, costituito dalla valutazione di non credibilità della storia narrata dal richiedente la protezione (cfr. pagg. 12 e 13 della sentenza di appello). Al riguardo, sarebbe stato onere del ricorrente contestare specificamente il giudizio di non credibilità della sua storia formulato dal giudice di appello, indicando gli elementi a sostegno della veridicità della predetta storia. Sul punto, se da un lato non può essere condiviso il tranciante giudizio della Corte territoriale circa la natura “a tratti fiabesca” del racconto dello H. – trattandosi comunque di resoconto di vicende drammatiche che, se effettivamente accadute, potrebbero giustificare una misura protettiva a favore dello straniero – dall’altro lato non può trascurarsi che quest’ultimo aveva il preciso onere di contestare in modo specifico la motivazione di rigetto del giudice di appello, avendo cura di indicare gli elementi a sostegno della credibilità della narrazione. Se infatti in materia di protezione internazionale sussiste il principio del cd. onere attenuato della prova, che si traduce nel dovere di collaborazione istruttoria del giudice, ciò non comporta l’esenzione del ricorrente dal diverso – e presupposto – onere di allegare specificamente gli elementi posti a sostegno della propria domanda.

Da quanto precede discende l’inammissibilità del ricorso.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorrente è stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non sussistono i presupposti per dichiarare l’obbligo del versamento, da parte del ricorrente medesimo, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, salvo revoca del beneficio.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2020

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