Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7860 del 27/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.27/03/2017),  n. 7860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3431-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

BELLOTTI BON 10, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VETRO’,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA

CRISMANI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ex lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 189/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 06/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta da C.A. per ottenere l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1 nonchè dalla L. n. 229 del 2005, art. 1 in ragione delle vaccinazioni somministrategli nel corso dell’anno 1985, che avevano determinato a suo dire la patologia di cui è portatore consistente in “sindrome nevrotica steroide dipendente in glomerulosclerosi focale e segmentale”.

2. La Corte territoriale disattendeva i rilievi critici proposti dal ricorrente alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, che aveva escluso il nesso di causalità fra le vaccinazioni e il danno.

3. C.A. propone ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il Ministero della salute. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 2 in ordine all’applicazione del criterio di ragionevole probabilità per l’accertamento del nesso di causalità.

2. Come secondo motivo, deduce nullità della sentenza, a causa di omessa motivazione, con riferimento all’art. 132 c.p.c.; omessa indicazione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

3. Il ricorso non è fondato.

Quanto al primo motivo, occorre premettere che la Corte territoriale ha ripercorso e condiviso il ragionamento del consulente tecnico d’ufficio, nell’escludere che sussistesse un nesso di causalità tra la vaccinazione e la patologia in considerazione della possibile efficacia lesiva del (OMISSIS) e delle sostanze tossiche come metalli pesanti contenuti nei vaccini, anche sulla base delle caratteristiche concrete della malattia manifestatesi in concreto. Ha poi disatteso le critiche mosse dalla difesa dell’appellante alle valutazioni del c.t.u., rilavando che la tesi ivi sostenuta- secondo la quale le vaccinazioni avrebbero prodotto in origine una glomerulonefrite membranosa, poi evolutasi in glomerulonefrite focale segmentaria a causa delle terapie praticate e al degrado dei reni malati, era da considerarsi una mera ipotesi, priva di qualsiasi supporto anche indiziario, in considerazione del fatto che non era comparso, neppure a distanza di anni, un danno alla membrana basale glomerulare.

4. La Corte territoriale non è incorsa in tal modo nella denunciata violazione di legge con riferimento all’accertamento del nesso di causalità, posto che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha applicato il criterio della “ragionevole probabilità scientifica”, escludendo tuttavia che tale concetto possa essere esteso fino a ricomprendervi anche la mera possibilità teorica del legame eziologico.

5. Si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, 29/12/2016 n. 27749, ord.) la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione dei vaccini, il verificarsi di danni e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica. Le Sezioni Unite di questa Corte – muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non” hanno poi ulteriormente precisato che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (cfr. Sez. Unite, sentenza 11 gennaio 2008, n. 581).

6. Inammissibile è poi il secondo motivo, che non critica i presupposti del ragionamento della Corte territoriale, ma i suoi risultati, sicchè censura nel merito l’accertamento compiuto dalla Corte d’appello, prospettando situazioni che condurrebbero ad un diverso risultato decisorio. Tale risultato decisorio tuttavia non è stato frutto della sottovalutazione o dell’omessa valutazione di elementi di causa (e neppure delle prospettazioni del c.t.p., cui la Corte ha ampiamente replicato), ma di una valutazione complessiva delle stesse.

7. Non sono denunciate quindi carenze o deficienze diagnostiche, o affermazioni illogiche o scientificamente errate, ma semplici difformità tra la valutazione del consulente e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte, le quali si risolvono in un’ inammissibile critica del convincimento del giudice (v. in caso analogo Cass. ord., n. 4652 del 2012, Cass., ord., n. 22707 del 2010).

8. Segue coerente il rigetto del ricorso.

9. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non riferendosi nel ricorso per cassazione di avere assolto nel corso del giudizio di merito, nè ivi assolvendosi, l’onere autocertificativo previsto per l’esonero dall’art. 152 disp. att. c.p.c..

10. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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