Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 786 del 16/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 786 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 14969-2012 proposto da:
BARBETTA BIANCAMARIA EMILIA BRBBCM68H691480Y,
elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DEI LOMBARDI 4,
presso lo studio dell’avvocato PASCAZI PAOLO, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DEI CASTELLI
ROMANI SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del Presidente
del C.d.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICCIOTTI
NICOLA, 9, presso lo studio dell’avvocato CAIAZZA BRUNELLA,
che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;
– controrícorrente –

Data pubblicazione: 16/01/2014

avverso la sentenza n. 2751/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 16/06/2011, depositata 1’01/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Pascazi Paolo difensore della ricorrente che si riporta

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ric. 2012 n. 14969 sez. M3 – ud. 07-11-2013
-2-

agli scritti;

R.g.n. 14969-12 (c.c. 7.11.2013)

Ritenuto quanto segue:
§1. Biancamaria Emilia Barbetta ha proposto ricorso per cassazione contro la Banca
di Credito Cooperativo dei Castelli Romani avverso la sentenza del 10 luglio 2011 con cui
la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato improcedibile l’appello principale proposto da
essa ricorrente contro la sentenza di rito locativo pronunciata inter partes in primo grado
dal Tribunale di Velletri, Sezione Distaccata di Albano Laziale, nonché inefficace ai sensi
dell’art. 334, secondo comma, c.p.c. quello incidentale dell’intimata.

L’improcedibilità è stata dichiarata dalla Corte capitolina perché il ricorso
introduttivo dell’appello ed il decreto di fissazione dell’udienza non erano stati notificati
dalla qui ricorrente nel termine previsto dall’art. 435, secondo comma, c.p.c. ed ancorché
fosse stato rispettato il termine di comparizione in relazione all’udienza di discussione.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso l’intimata.
§3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis
c.p.c. è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata agli avvocati
delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Considerato quanto segue:
§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti
considerazioni:
<4…] §2. Il ricorso si presta ad essere trattato con il procedimento di cui all’art.
380-bis c.p.c.
§2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione degli articoli 152, 154 e
435 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c. nn. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
Esso appare manifestamente fondato.
Lo è sulla base della ormai costante giurisprudenza di questa Corte, la quale ha
ripetute volte censurato il principio di diritto con cui la Corte capitolina è pervenuta a
dichiarare l’improcedibilità dell’appello, cioè quello per cui «Al mancato rispetto del

termine di dieci giorni per la notifica previsto dall’articolo 435, comma 2, c.p.c.,
consegue l’improcedibilità del proposto appello, non essendo consentito al giudice, alla
stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata, assegnare ex art. 421 c.p.c.
all’appellante, previa fissazione di un’altra udienza di discussione, un termine perentorio
per provvedere a una nuova notifica ex art 291 c.p.c. non rilevando, in contrario,
l’avvenuta notifica nel termine non minore di venticinque giorni prima dell’udienza di
discussione».

3
Est. Cons. J1affIe Frasca

R.g.n. 14969-12 (c.c. 7.11.2013)

Il consolidato orientamento di questa Corte è, invece, nel senso che <> (Cass. (Ord.) n. 21358 del 2010, correttamente invocata dalla

ricorrente).
A conferma di tale principio la Corte ha ulteriormente affermato che <>
(Cass. n. 26489 del 2010).
Successivamente si vedano, anche con riguardo al rito locativo: Cass. (ord.) n. 8411
del 2011; (ord.) n. 15590 del 2011; n. 4960 del 2012; (ord.) n. 12158 del 2012; (ord.) n.
19256 del 2012; (ord.) n. 19288 del 2012; (ord.) n. 19258 del 2012.
L’analisi delle motivazioni di queste decisioni, che si sono fatte carico anche
dell’avallo dato dalla giurisprudenza costituzionale alla soluzione prospettata proprio nel
disattendere questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte capitolina (si vedano Corte
cost. (ord.) n. 60 del 2010 e n. 253 del 2012, che hanno avallato il diritto vivente di cui alla
giurisprudenza di questa Corte), ed in particolare di Cass. n. 8411 del 2011, evidenzia che
del tutto impropriamente la Corte capitolina adduce a sostegno del suo orientamento Cass.
sez. un. n. 20604 del 2008, la quale ha statuito che <>.
È stato, infatti, già rilevato dalla ricordata giurisprudenza che la corretta lettura di
questo principio di diritto evidenzia che esso si riferisce alla eventualità che la notifica sia
inesistente perché il ricorrente ometta qualsiasi attività pur oltre il termine di dieci giorni di
cui al secondo comma dell’art. 435 c.p.c. (o comunque, se si ritiene che il decreto debba
essere comunicato, dalla sua comunicazione) e soltanto all’udienza ai sensi dell’art. 435
c.p.c. insti per ottenere un nuovo termine. In tal caso l’istanza non può e non deve essere

accolta (salva l’incidenza di situazioni che evidenziano ragioni per una rimessione in
termini), sia perché il suo accoglimento confliggerebbe con l’art. 154 c.p.c., che vieta la
proroga di un termine pur ordinatorio, qual è quello di cui al secondo comma, dell’art. 435
c.p.c. dopo la sua scadenza, sia e soprattutto perché lo stesso art. 291 c.p.c. verrebbe in tal
caso applicato oltre i suoi limiti, che si correlano all’ipotesi di notificazione eseguita in
modo nullo e non comprendono l’ipotesi della notificazione inesistente.
E’ da aggiungere che la soluzione sostenuta dalla consolidata giurisprudenza sopra
richiamata (e da quella costituzionale) non è in alcun modo in contraddizione con
l’esclusione, in ragione del suo carattere ordinatorio, della prorogabilità del termine di cui
al decreto di fissazione dell’udienza dopo la sua scadenza. Invero, consentire in tal caso
alla parte di provvedere comunque alla notificazione sua sponte ed escludere ch’essa possa
chiedere la proroga, non è contraddittorio, in quanto l’esecuzione della notificazione oltre
il termine ma in un momento tale che risulti rispettato il termine per la comparizione,
realizza una normale fattispecie nella quale, al verificasi di una nullità, cioè di una
inosservanza delle forme per il mancato rispetto del termine di cui al secondo comma
dell’art. 435 c.p.c. ed alla preclusione della possibilità di chiedere che alla nullità rimedi il
giudice con un provvedimento di proroga del termine (impedito dall’art. 154 c.p.c.),
consegue uno sviluppo procedimentale tale che riesce assicurato comunque lo scopo cui
era finalizzata la fissazione ex lege del termine di cui al secondo comma dell’art. 435 c.p.c.
Invero, questo scopo, nelle intenzioni del legislatore è di consentire un sollecito
svolgimento processuale, come rivela la previsione del primo comma della stessa norma
che l’udienza di discussione debba essere fissata non oltre sessanta giorni dalla data di
deposito, ma sia preservata la realizzazione della garanzia del termine a difesa previsto
dalla disposizione di cui al terzo comma successivo. Il che significa che il giudice adìto
deve necessariamente fissare l’udienza in modo che, sommando il termine di cui al
secondo comma (ed anzi considerandolo come termine da osservarsi con la notificazione
non solo dal punto di vista del notificante, ma anche dal punto di vista del perfezionamento
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Est. Cons. Rlffe1e Frasca

R.g.n. 14969-12 (c.c. 7.11.2013)

per il destinatario), risulti assicurata la possibilità di garanzia del termine di cui al terzo
comma.
Ora, allorquando l’ufficio adito non osservi il termine di cui al primo comma, com’è
di norma giustificato in ragione dei carichi di lavoro, fermo che l’inosservanza non è in
alcun modo sanzionata sul piano processuale e, quindi, non determina alcuna nullità del
procedimento (trattandosi di termine fissato al giudice, di carattere ordinatorio e la cui
inosservanza potrebbe, se priva di giustificazione, rilevare solo, in ipotesi, ai fini

disciplinari), risulta evidente che lo scopo cui è finalizzata l’imposizione del termine di
dieci giorni di cui al secondo comma risulta automaticamente irrealizzato e lo è per il
comportamento dell’ufficio.
Ne deriva che la parte ricorrete, di fronte alla fissazione di un’udienza ben oltre i
sessanta giorni di cui al primo comma, nel compiere la notificazione di cui al secondo
comma, pur non potendo chiedere la proroga del termine di cui al decreto (perché lo vieta
la legge), dopo la sua scadenza, pone in essere un’attività che, essendo mancata la
realizzazione degli scopi previsti dalle disposizioni di cui al primo e secondo comma, si
connota come priva di correlazione ad essi ed ormai da apprezzare, alla stregua dei principi
sulle nullità, con riferimento all’attività successiva della sequenza processuale, che è la
tenuta dell’udienza in un momento che, in relazione all’attività di notificazione oltre il
termine fissato nel decreto, sia utile per preservare il termine a difesa di cui al terzo comma
dell’art. 435.
Le stesse considerazioni possono svolgersi per il caso in cui l’udienza si stata fissata
nei sessanta giorni di cui al primo comma della norma e la notificazione avvenga oltre il
termine di cui al secondo comma, ma in tempo utile per garantire l’osservanza del termine
a di cui al terzo comma.
§2.2. Le esposte argomentazioni evidenziano che la sentenza impugnata dovrebbe
essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, che dovrà
considerare procedibile l’appello e esaminarlo, no ricorrendo le condizioni per deciderlo
nel merito in questa sede.
§3. Il secondo motivo resta assorbito.».
§2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione alle quali
non sono stati mossi rilievi.
§3. Il ricorso è accolto e la sentenza è cassata con rinvio ad altra sezione della Corte
di appello di Roma, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di
cassazione
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Est. Cons. Rà.fae1e Frasca

R.g.n. 14969-12 (c.c. 7.11.2013)

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Rinvia anche per le spese
del giudizio di cassazione ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, comunque in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile- il 7

novembre 2013.

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